Continua la situazione di tensione politica e sociale in Venezuela dopo le recenti elezioni presidenziali.
Nonostante il Consiglio nazionale elettorale abbia attribuito la vittoria al Presidente uscente Maduro con il 51% dei consensi, i sostenitori del candidato dell’opposizione Gonzalez rivendicano la vittoria sostenendo di aver raggiunto il 70% delle preferenze tra gli elettori venezuelani.
La questione è particolarmente complessa poiché si lega, in realtà, alle strategie geopolitiche internazionali.
Il Venezuela è uno degli Stati che, al mondo, possiede vasti giacimenti di petrolio. Inevitabilmente questa ricchezza si trasforma in problema e pone il sistema della politica venezuelana a trovarsi assoggettata alle spinte degli interessi molto pratici e poco nobili provenienti da USA, UE, Cina, Russia, Iran, Cuba e dal contesto del Sud America, in quella che è una vera e propria guerra di posizionamento e sfruttamento.
La non voluta ricerca di soluzioni alla crisi ucraina ha, di fatto, prodotto la necessaria ricerca di fonti energetiche e la gestione politica delle aree in questione.
Il Presidente uscente Maduro, già al centro di non riconoscimento da parte di USA ed UE in occasione delle precedenti elezioni, anche in questa occasione si trova di fronte alla posizione negativa del blocco occidentale. Russia e Cina, al contrario, lo hanno riconosciuto subito come il vincitore ufficiale.
Nel tentativo di porre un freno alla situazione, interviene la Corte Suprema del Venezuela che, da oggi, inizia un percorso di indagine: in giornata risponderà alle domande dei giudici il candidato Gonzalesz e venerdì sarà il turno di Maduro.
L’indagine proseguirà per almeno due settimane ma, in attesa delle decisioni della Corte, quello che appare certo è che le logiche delle strategie e degli interessi esterni al Venezuela continueranno a prevalere e non si fermeranno se non di fronte a ordini provenienti da altrove.