Trieste: riparte la stagione de L’Armonia con l’entusiasmo e la voglia di tutti di tornare a teatro
NOTA: l’immagine in questo post è stata fornita dall’associazione L’Armonia di Trieste.
Trieste: riparte la stagione de L’Armonia con l’entusiasmo e la voglia di tutti di tornare a teatro
NOTA: l’immagine in questo post è stata fornita dall’associazione L’Armonia di Trieste.
Una stagione teatrale concentrata in poco meno di due mesi. L’Armonia non solo riporta la gente in teatro ma porta il teatro tra la gente. L’intervista a Sabrina Censky su Radio Diffusione Europea. (intervista del 16 luglio 2021).
(di Biagio Mannino)
“I vostri applausi e le vostre risate sono per noi la più bella soddisfazione!”.
Con queste parole si è conclusa la serata al teatro Silvio Pellico dove è andata in scena “In bona compagnia”, brillante commedia di Alessandra Privileggi e con la regia della stessa autrice.
Una serena valutazione di un’opera teatrale che ha portato, in modo semplice, il sorriso a chi ha avuto modo di assistere alla rappresentazione.
Lo spirito giusto per uno spettacolo leggero e senza molte pretese e per un pubblico che, in questo caso, non poteva ottenere di più.
Una storia che si sviluppa attorno alle aspirazioni teatrali di Andrea Ramani, un giovane attore che decide di andare a vivere da solo. Ma, nella sua casa, presenze di attori del passatolo accompagnano.
Un gioco fatto di intrecci tra l’ironico e il nostalgico, tra la fantasia delle rappresentazioni sceniche e quel desiderio di mantenere sempre viva la memoria del passato.
Tante battute senza esagerazioni e impostate in modo gradevole, quasi gentile, educato.
La capacità degli attori si è vista pur non sbalordendo. Forse mostrandosi in modo discontinuo. Forse senza una piena consapevolezza delle proprie potenzialità.
Il protagonista, il giovane Jacopo Baroni, ha mostrato di tenere molto bene la scena senza mai perdere una battuta ed interpretando al meglio il ruolo. Peccato però che emergesse un pizzico di impostazione di troppo e mancasse un altrettanto pizzico di naturalezza. Sarebbe stato perfetto.
Molto brava Laura Busato, simpatica al punto giusto, consapevole del ruolo e della parte e precisa nei toni richiesti.
Il gruppo degli attori “del passato” ha mostrato, da parte degli interpreti, una piacevole e, direi, professionale interpretazione del loro ruolo. Non solo sono stati in grado di saper creare sul palcoscenico un’atmosfera nostalgica ma anche hanno dato uno spirito da operetta alla loro interpretazione nell’insieme.
Anche la giovane Francesca è stata interpretata molto bene.
Una parola in più merita Miria Levi, sul palcoscenico Rosa Tempesta
Bravissima!
E, “bravissima” è la sola parola con la quale si possa esprimere la sua interpretazione. A volte sono proprio i ruoli minori ad evidenziare la capacità degli attori e, in questo caso, è andata proprio così.
Pochi minuti di recitazione ma vissuti con intensità e mostrando capacità indiscutibili. Ha saputo dare, sebbene in una commedia improntata sulla leggerezza, un valore aggiunto e che delude solo perché la sua interpretazione è durata molto poco.
Alcuni piccoli aspetti vanno in ogni caso sottolineati sia nel contesto recitativo che in quello della regia.
Per quanto riguarda la recitazione c’è una leggera discontinuità in alcuni degli attori. Forse le diverse recitazioni, da un punto di vista qualitativo, mettono in risalto i pregi di alcuni e i difetti di altri vanificando, però, i primi.
Per quanto riguarda la regia, l’entrata delle “presenze” in casa avrebbe meritato degli effetti. Qui non c’erano e questo è stato un vero peccato poiché avrebbe dato sensazioni più vive agli spettatori.
Inoltre c’erano troppi ruoli e, alcuni di questi, pur essendo ben interpretati, erano superflui.
In ogni caso una gradevole commedia che ha messo in evidenza capacità recitative assolutamente valide e meritevoli di essere valorizzate.
Gli applausi e le risate non sono mancate e questo dà grande soddisfazione.
ATTORI E COLLABORATORI: Jacopo Baroni, Lara Busato, Rossana Busato, Eleonora Buzzanca, Mariaelena Feriotto, Giorgio Fonn, Renato Fragiacomo,
Elena Kiss, Miria Levi, Noemi Mauri, Renata Mecchia, Manuela Mizzan, Francesco Molino, Ruggero Pignatelli,
Alessandra Privileggi, Claudia Privileggi, Sara Ruzzier, Alexsander Sovic e con la gentile partecipazione di Roberto Pignataro
scenografie: Roberto Pignataro e Danny Dughieri | costumi: Rossana Busato | luci e fonica: Nicola de Venezia con lo Staff del Pellico
foto e backstage: Arianna Gregorat | video e foto di locandina: Maurizio Bressan.
(di Biagio Mannino)
Due giornate impegnative: il corteo di CasaPound e, in contemporanea, quello della Rete antifascista ed antirazzista. Il giorno dopo la visita del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per le celebrazioni del centesimo anniversario del 4 novembre..
Non è facile riuscire a descrivere al meglio tutti questi eventi poiché i significati e i simbolismi si scontrano tra quelli che appaiono e quelli che restano, celati nelle parole tra pochi.
Diviene così complesso inerpicarsi nei percorsi della comprensione di ciò che effettivamente accadde e ciò che continua ad essere portato avanti ancora oggi.
Non pochi sono i triestini che si pongono l’interrogativo sull’effettivo significato di questo anniversario: la celebrazione di cosa? Della vittoria o della fine della guerra?
Non è una distinzione da poco se resa attuale al periodo contemporaneo dove, proprio il concetto di Europa diviene, allo stesso tempo, dominante e debole.
“Vittoria” di una guerra che causò centinaia di migliaia di morti, di feriti, di mutilati, di sofferenze e che, di fatto, rappresentò l’anticamera del fascismo e di tutto ciò che seguì.
“Fine” di una guerra che impoverì’ tutti, che lasciò milioni di morti, che distrusse i territori, che abbatté l’Europa prima nel mondo con la semplice, ma incomprensibile, formula dell’autodistruzione.
Svariati epicentri di questo terremoto ed uno era proprio Trieste.
A cento anni di distanza le valutazioni storiche del passato lasciano spazio a quelle più moderne e realiste, più rilassate grazie anche a quell’Europa divenuta, nel frattempo, Unione Europea e che, con la caduta dei confini, mai come oggi (con tante difficoltà) parla, o dovrebbe parlare… europeo.
Ma per quanto?
Sembra, sotto certi aspetti, andando ad analizzare a fondo il contesto, di rivivere parzialmente quei momenti che precedevano il 1914 e la tensione nazionalistica si mostra, ieri come oggi, sempre pronta a prevalere in una direzione incognita.
Trieste simbolo del terribile ‘900, con le sue vittime, molte, e i suoi vincitori, pochi.
E la storia continua: il 3 novembre 2018, giorno dedicato al Santo Patrono della città, San Giusto, si tiene il corteo di CasaPound.
Una scelta che, come sempre, pone Trieste come elemento simbolico di una contrapposizione più estesa.
Diviene ulteriore simbolo. Simbolo di una italianità così forte da richiedere l’introduzione nel vocabolario di un termine nuovo. Trieste infatti è… italianissima.
Ma a CasaPound ha risposto la contromanifestazione antifascista ed antirazzista, che ha portato in piazza migliaia di persone, decisamente molte di più dell’altro corteo.
Una festa di colori e di gente che diceva NO al modo di interpretare il mondo come nel passato.
Quello che non poteva non essere osservato, ed in stretta relazione con quanto sopra detto, era vedere come tra i componenti del corteo di CasaPound ci fossero ben pochi triestini mentre, al contrario, nell’altro corteo, erano quasi tutti triestini, inclusi quelli nuovi, dal colore della pelle diverso ma ormai destinati a divenire cittadini di Trieste, città multietnica e multiculturale da sempre.
La visita del Presidente Mattarella si è svolta molto tranquillamente e, tutto sommato, anche in breve tempo.
Adesso che sono passati cento anni è giunto il momento di incominciare.
Sì, di incominciare, poiché da quel 1914, con l’attentato a Francesco Ferdinando, tutto ebbe una conseguenza: la Grande Guerra, i totalitarismi, la Seconda Guerra Mondiale, la Guerra Fredda, la fine di quell’Europa. Milioni di morti, persecuzioni, bombardamenti, campi di concentramento, bombe atomiche, distruzioni di ogni genere, esodi di popoli interi. E dopo il crollo del Muro di Berlino, e l’Unione Europea.
Sì, adesso si può incominciare e Trieste può serenamente guardarsi indietro e l’Italia e l’Europa guardare a Trieste.
NOTA: foto e video in questo post sono tratti dall’archivio BM – 2018.
(di Biagio Mannino)
La nuova stagione de L’Armonia apre nel migliore dei modi.
“Intrigo” è la prima di dieci rappresentazioni che caratterizzano il teatro dialettale Silvio Pellico.
Un giallo vivace, con molti colpi di scena e ricco anche di battute che fanno sì che questo spettacolo mantenga tutti attenti alle vicende, senza mai stancarsi di quanto accade sul palcoscenico.
“Intrigo” è un brillante adattamento in dialetto triestino che Riccardo Fortuna ha pregevolmente realizzato.
Il testo originale, “Giallo canarino” di Mario Pozzoli, non poteva ottenere una migliore trasposizione dialettale poiché l’uso dello specifico tipo di triestino che viene adottato, rende la commedia una sorta di vera e propria occasione per gli attori di mostrare le loro effettive e reali capacità.
Infatti ormai siamo abituati a vedere come , per conquistare il pubblico, ci sia sempre di più la tendenza ad utilizzare battute aride, povere parole condite da espressioni gergali ma che spesso raccolgono la risata facile e permettendo agli attori di, per così dire, cavarsela con poco.
Qui no.
Il dialetto è bello, fluido, educato, senza alterazioni o scorciatoie.
E sta agli attori la fatica di catturare il pubblico.
Non ci sono dubbi: ci riescono perfettamente sotto l’attenta regia dello stesso Riccardo Fortuna.
Un giallo, come detto, dove al desiderio di ritorno ai fasti lontani di uno scrittore di sceneggiature si aggiungono complotti e dove regna continuamente la sfiducia nell’altro e un forte senso di individualismo confermato da una conclusione che sorprende.
Roberto Creso, Monica Parmegiani, Gabriella Giordano, Claudio Zatti e Gianfranco Pacco sono gli interpreti di questa commedia piacevole e brillante.
In particolare a Roberto Creso va un applauso ulteriore per la sua capacità di aver saputo tenere al meglio tutta la vicenda nel suo importante ruolo del commediografo Michele Kuhar.
Non un errore, un’imperfezione o una mancanza di concentrazione. Un’interpretazione del ruolo pressoché perfetta con un uso della voce convincente ed all’altezza.
Monica Parmegiani, poi, si è dimostrata, come in altre occasioni, una attrice veramente capace e molto brava! Il cambio di personalità nel corso della sua interpretazione, da vittima a complottista, è stato perfetto senza un minimo cenno di indecisione.
Anche lei ha avuto la capacità di far un uso del dialetto in modo gradevole senza alcun accentazione esagerata e forzata.
Roberto Creso e Monica Parmegiani, assieme, hanno reso al meglio anche in quelle scene che maggiormente mostravano momenti di drammaticità.
Anche Gabriella Giordano, Claudio Zatti e Gianfranco Pacco hanno interpretato molto bene i loro ruoli.
Insomma, uno spettacolo bello, curato negli allestimenti e che ha visto anche un’ampia partecipazione di pubblico.
L’Armonia incomincia con il piede giusto!
Comunicato:
Continua la consolidata collaborazione tra L’ARMONIA – Associazione tra le Compagnie Teatrali Triestine (F.I.T.A.) con il Circolo ACLI – US ACLI “Mons. Francesco Plet”, la Pro Loco di Staranzano ai quali si uniscono la MACC Mutua di Assistenza del Credito Cooperativo prezioso partner dell’iniziativa che si svolge anche con il Patrocinio del Comune di Staranzano, che presentano STAR A TEATRO – Stagione Teatrale 2018-2019 presso il Teatro Parrocchiale SAN PIO X di Staranzano (Via De Amicis 10), composta dalla Rassegna “A TEATRO CON L’ARMONIA” e la Rassegna “NON SOLO L’ARMONIA”.
Per la Rassegna “A TEATRO CON L’ARMONIA” un ricco Cartellone di 13 commedie, quasi tutte in dialetto triestino e prevalentemente brillanti e divertenti (dal 14 ottobre 2018 al 7 aprile 2019) tutte programmate la domenica pomeriggio alle ore 16.00, l’occasione per dare al pubblico del vasto territorio del Mandamento, una vera e propria Stagione del Teatro Amatoriale che vedrà protagoniste le Compagnie teatrali de L’ARMONIA più alcuni Gruppi ospiti proprio dalla provincia di Gorizia, tutti affiliati alla F.I.T.A. – U.I.L.T FVG che sostiene e patrocina la Rassegna anche con fondi della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia nell’ambito del Progetto: L’ARMONIA TEATRO AMATORIALE.
L’opportunità di uscire dalla provincia di Trieste per organizzare in proprio una rassegna teatrale conferma sempre più la volontà de L’ARMONIA di essere sempre presente sul territorio regionale anche grazie al Progetto L’ARMONIA TEATRO AMATORIALE. Ogni anno viene presentata una selezione dalla “STAGIONE DEL TEATRO IN DIALETTO TRIESTINO” che possa rappresentare un “excursus” fra temi, tradizioni, storia e dialetto del territorio triestino.
Lo stimolo principale per far proseguire negli anni questa attività organizzativa in provincia di Gorizia è stato l’ottimo consenso di pubblico che numeroso segue gli spettacoli.
Confermate tariffe dei biglietti d’ingresso: INTERO € 8,00 e RIDOTTO riservato ai Circoli ACLI, Pro Loco e MACC partner dell’iniziativa € 7,00 a commedia, RIDOTTO GIOVANISSIMI € 5,00 fino ai 14 anni per invogliare anche il pubblico delle famiglie e dei bambini/ragazzi a venire a scoprire il mondo del Teatro. Novità da quest’anno presso ACLI, MACC e PRO LOCO tessera “Teatro Club” per i soci, per assistere agli spettacoli de L’ARMONIA con posto fisso prenotato in teatro e biglietto ridotto.
Ultimi appuntamenti per sottoscrivere la tessera: giovedì 11 ottobre dalle 17.30 alle 18.30, domenica 7 e 14, dalle 9.30 alle 11.00 presso l’atrio della Sala San Pio X.
Per la Rassegna “NON SOLO L’ARMONIA” si vogliono proporre iniziative storiche e ricorrenti che da anni trovano accoglienza presso la Sala San Pio X, da quest’anno inserite in unico calendario di appuntamenti. La continuità della Stagione propone sempre gli appuntamenti per la domenica pomeriggio alle ore 16.00.
Alcuni eventi promossi vogliono riproporre un teatro per giovani, con protagonisti i giovani stessi, promuovendo i prodotti di laboratori teatrali che si svolgono presso la Sala San Pio X da parte del Circolo e con ospiti invitati.
Durante il periodo natalizio si ospiteranno le iniziative promosse e sostenute dall’Amministrazione Comunale di Staranzano, così come per i festeggiamenti della giornata internazionale del teatro del 27 marzo.
A TEATRO CON L’ARMONIA
Si inizierà domenica 14 ottobre 2018 con una commedia brillante in dialetto bisiaco presentata dal Gruppo Teatrale Amatoriale BRANDL – U.I.L.T. (Turriaco – GO) “LA ZENA DE LE INSEMPIADE” libero
adattamento di Silvia Portelli e Fulvia Cristin de “La cena dei cretini” di Francis Veber, regia di Enrico Cavallero;
domenica 21 ottobre la COMPAGNIA DE L’ARMONIA – F.I.T.A. (Trieste) metterà in scena “STUPENDO!” regia di Riccardo Fortuna;
domenica 18 novembre sempre alle ore 16 il Gruppo Teatrale IL GABBIANO – F.I.T.A. (Trieste) con “INTRIGO” da “Giallo Canarino” di Mario Pozzoli, adattamento in dialetto triestino e regia di Riccardo Fortuna;
domenica 25 novembre il Gruppo PROPOSTE TEATRALI (Trieste) con la commedia brillante “IN BONA COMPAGNIA” testo e regia di Alessandra Privileggi;
Da domenica 20 gennaio 2019 sempre ore 16, riprenderanno gli appuntamenti organizzati e promossi da L’ARMONIA la Compagnia QUEI DE SCALA SANTA – F.I.T.A. (Trieste) con la commedia “TUTTE PER UNA, UNO PER TUTTE” testo e regia di Sabrina Gregori;
domenica 3 febbraio la Compagnia EX ALLIEVI DEL TOTI – F.I.T.A. (Trieste) con “VIVA L’A… CHE NUMERI!” da “La fortuna si diverte” di Athos Setti, adattamento in dialetto triestino di Roberto Tramontini, regia di Paolo Dalfovo;
domenica 10 febbraio L’ARMONIA PER I BAMBINI – biglietto speciale a € 4,00: la Compagnia BANDABLANDA – F.I.T.A. (Trieste) con “NO STE VERZER QUELA PORTA” spettacolo musicale per bambini, testo di Gianfranco Pacco, regia di Alenka Devetta e Gianfranco Pacco;
domenica 17 febbraio in scena “LA SAGRA DEI ZIMISI” farsa dialettale in due atti di Lino Monaco, regia di Bruna Brosolo e Lino Monaco con la Compagnia Teatrale I ZERCANOME – F.I.T.A. (Trieste);
domenica 24 febbraio sarà ospite de L’ARMONIA il GRUPPO TEATRO ROTONDO – U.I.L.T. (Trieste) con con la commedia in lingua italiana “ROSE ROSSE PER…” di Massimo Meneghini, regia di Riccardo Fortuna;
domenica 10 marzo la Compagnia Teatrale TUTTOFABRODUEI con “OSCAR” da “Oscar” di Claude Magnier, traduzione di Mariella Fenoglio, adattamento in dialetto triestino di Laura Vicenzotti e Stefano Volo, regia di Stefano Volo;
domenica 17 marzo, sempre ore 16, “TRIESTE E LA SUA STORIA, 2000 anni de scuro e de gloria’” del Gruppo Teatrale AMICI DI SAN GIOVANNI – F.I.T.A. (Trieste) con Ruggero Zannier;
domenica 31 marzo la COMPAGNIA DEI GIOVANI – F.I.T.A. (Trieste) con la commedia “VOIA DE LAVORAR, SALTIME ‘DOSSO” di Agostino Tommasi, regia di Julian Sgherla e Agostino Tommasi;
domenica 7 aprile ultimo appuntamento del ricco cartellone ritorna la Compagnia Teatrale BANDABLANDA – F.I.T.A. (Trieste) con la commedia “TIC (A passi pici… col sorriso)” testo e regia di Gianfranco Pacco.
Informazioni e notizie sul sito http://www.teatroarmonia.it e sulla pagina facebook L’Armonia Teatro.
NON SOLO L’ARMONIA
Domenica 4 novembre, alle ore 16.00, il gruppo teatrale giovanile I Tubi Innocenti (parrocchia del Duomo di Gorizia) metteranno in scena un musical, “IL PRINCIPE D’EGITTO”, ispirato all’omonimo film della Dreamworks. Ingresso ad offerta libera.
Domenica 11 novembre, sempre ore 16.00, i giovani del gruppo DALLE STALLE ALLE STELLE del Circolo ACLI – US ACLI “Mons. F. Plet” di Staranzano, propongono la commedia “DOLCI, BARUFFE E FANTASMI”, testo e regia di Silvia Viezzi. Ingresso ad offerta libera.
Domenica 27 gennaio, alle ore 18.00, l’Associazione Culturale APERTAMENTE vuole celebrare la GIORNATA DELLA MEMORIA con un evento a presso la Sala San Pio X.
Domenica 3 marzo, alle ore 16.00, la compagnia teatrale OGGI, DOMANI E SEMPRE… di Monfalcone, proporrà la nuova commedia inedita scritta, sceneggiata e diretta da Claudio Gardenal.
Domenica 14 aprile, ultimo appuntamento alle ore 16.00, per prendere parte allo SPETTACOLO DEL LABORATORIO TEATRALE PRIMAVERILE per ragazzi promosso dai giovanissimi del gruppo DALLE STALLE ALLE STELLE del Circolo ACLI – US ACLI “Mons. F. Plet” di Staranzano. Testo e regia di Silvia Viezzi. Ingresso ad offerta libera.
NOTA: il comunicato e le immagini in questo post sono state fornite dall’Associazione L’Armonia.
Giovedì 13 settembre, alle 17, al Circolo della Stampa (corso Italia 13) il giornalista e blogger Biagio Mannino presenterà il libro “Airships|Dirigibili” insieme all’autore e illustratore Max Pinucci. Si tratta di un viaggio per immagini attraverso 100 anni di storia dei dirigibili. Viaggi, esplorazioni, record, avventure, disastri. Ma anche tecnica, arredi, linee aeree, sogni. Sarà presente anche Carl-Oscar Lawaczeck, co-autore e CEO della svedese OceanSky. Massimiliano Pinucci, designer e progettista, ha adottato il digitale come ambiente creativo, spaziando trasversalmente fra i linguaggi espressivi legati a forma, immagine, ricerca. Per clienti tra cui Alinari ha affrontato la progettazione, la direzione creativa e il project management per l’immagine e il design. Premio SMAU 1999 con Alinari Online, ADI Index 2014. Dal ‘93 è docente di digital design e comunicazione all’Isia, Istituto superiore per le industrie artistiche di Firenze. Dal 2001, tiene all’Isia di Firenze i corsi di Strategie della comunicazione e Progetti Digitali. Insegna in master e corsi professionali presso Istituti, Università e Accademie.
Ideatore e direttore artistico di eventi: Pegasus, Fiabesque, Cartoons Night, Crea©tivity, Solidaria. Ha progettato e curato i concept dei musei AIM, Alinari Image Museum,Trieste e MobyPrinceMuseum.
Per programmi di innovazione tecnologica, è partner in progetti europei quali PRINA, Nautilab, Idintos, Hypstair.
In campo aeronautico, ha disegnato strumentazioni, interni e concept di aerei leggeri per Pipistrel, Zlin Aviation, ONEaircraft, Idintos, Hypstair, Eagle Aircraft, LXnav, Alisport, Piaggio & C .
Ha al suo attivo alcune pubblicazioni e articoli di tecnica e narrativa.
E’ direttore creativo e amministratore di MBVision.
Nel tempo libero, è pilota sportivo di aerei e alianti.
La manifestazione sui dirigibili proseguirà alle 18.30 al museo Alinari del Castello di san Giusto, dove Lawazeck presenterà in anteprima europea all’AIM, Alinari Image Museum, il progetto di viaggi al Polo Nord in dirigibile previsti dal 2022 con il britannico Airlander 10, oggi il più grande aeromobile ibrido, della Hybrid Air Vehicle.
NOTA: comunicato stampa.
(di Biagio Mannino)
Presso la Sala Bazlen di Palazzo Gopcevich a Trieste, oggi, alle 10. 15, c’è stata la conferenza stampa della presentazione della stagione teatrale de L’Armonia, Associazione tra le Compagnie Teatrali Triestine.
Una stagione ricca di spettacoli e che giunge alla 34esima edizione, confermando il crescente gradimento che il teatro dialettale ha, tra i numerosi spettatori ed appassionati.
Una città, Trieste, che conferma il suo entusiasmo per il mondo teatrale, non solo con un ampio pubblico che frequenta i numerosi teatri, ma anche con una decisa partecipazione nell’ambito della recitazione e di tutto ciò che la circonda.
Sono infatti molti che si cimentano nella recitazione e che si avvicinano a quello che viene definito come “teatro amatoriale” e che è affrontato in modo assolutamente professionale.
Infatti le capacità in tutti i settori dello spettacolo sono messe in grande risalto, da quelle recitative a quelle sceniche e tecniche.
Un continuo lavoro in tutti i settori con la specifica volontà di arrivare all’allestimento di spettacoli di grande qualità.
Quello che poi emerge è l’importanza data al dialetto.
Attraverso l’utilizzo del triestino, si vuole preservarne il valore e l’identità che, inevitabilmente, con il passare del tempo e con i cambiamenti in atto, si trova di fronte ad inevitabili perdite della sua essenza originaria.
Viene ribadito come proprio il dialetto triestino sia l’identificazione stessa della complessa storia della città, dove, ne suo lessico, innumerevoli termini trovano un origine che solo in apparenza sembra lontana ma che, in realtà, evidenzia la pluralità di Trieste.
Termini di origine slava, tedesca, francese, yiddish e tanti altri ancora, si uniscono ad un veneto giunto a Trieste come lingua commerciale ed unica per tutti.
Conservazione e conoscenza di un dialetto rendendolo fruibile proprio attraverso il teatro con testi rivisitati ed adattati e testi del tutto nuovi.
La conferenza stampa ha visto la partecipazione di un numeroso pubblico qualificato e di giornalisti esperti del settore a conferma dell’interesse che la nuova stagione de L’Armonia presenta anche quest’anno.
Il giorno 23 settembre, inoltre, verrà presentata la stagione anche al pubblico.
Scarica qui il libretto della stagione: L’ARMONIA_34a Stagione_2018-2019_libretto
NOTA: le immagini ed i documenti allegati in questo post sono stati forniti dall’Associazione L’Armonia.
(di Biagio Mannino)
Edda Vidiz racconta, nei suoi spettacoli, la storia di Trieste.
E lo fa anche con “Dove regna la Bora”, il musical andato in scena ieri sera al Castello di San Giusto di Trieste.
Si parte da lontano, da molto lontano. Si parte con l’abbraccio del mito con la storia, con tutto ciò che è leggenda e con tutto ciò che è realtà, nel tentativo di unire quelle tante e delicate componenti che caratterizzano il contesto di Trieste, nelle sue caratteristiche, nella sua gente o ,meglio, nelle sue genti, nel suo essere plurale.
Bora incontra Tergesteo: nasce quell’unione che diviene traccia, sentiero e poi strada, guida di tutto, punto di osservazione privilegiato, dall’alto, osservatori di vicende sempre difficili, traumatiche ed anche ricche di soddisfazioni, di gloria e poi, di nuovo tragiche. Insomma… Trieste.
L’amore di Bora per Tergesteo, nel momento in cui raggiunge l’apice, cambia in tragedia quando Vento uccide l’Argonauta. Le lacrime di Bora si trasformano per il dolore in bianche pietre e così, come una sorta di compensazione, il sangue della vittima assume toni di estetica bellezza, trasformandosi magicamente in sommacco, che decora in modo meraviglioso il Carso proprio in quei mesi autunnali che, per definizione, anticipano l’inverno scuro, cupo e rigido e lasciano malinconicamente la bella stagione.
Dal mito alla realtà, da Bora e Tergesteo a Trieste e la sua storia.
Inizia la vicenda parallela con Trieste: la nascita e la crescita nella storia fino alla grandezza asburgica, per poi cadere nel suo momento massimo in una rapida discesa a causa di tutto ciò che gli altri le fanno.
Simbolo diviene Massimiliano, immagine del vertice raggiunto e colpito dalle trame di palazzo, ingannato nella vita, ucciso come Tergesteo e Carlotta, in una sorta di compimento di un percorso, impazzisce.
Nascita e morte e poi la benevolenza degli Dei per tornare di nuovo a vivere e continuare il percorso.
Parte dai Castellieri lo spettacolo di Edda Vidiz e si ferma al 1918.
Una scelta forse motivata. Motivata da ciò che il XX secolo ha rappresentato per Trieste, con tutto quello che portò tra guerre e autoritarismi, persecuzioni, vittime e miseria, odi e rancori e dove, poi, alla fine, la città plurale mai accettata da pochi, si identifica non più nelle diversità che l’hanno creata e formata, ma nella presa di consapevolezza che la sua vera essenza sta proprio nell’essere triestini.
Nessuno spirito di parte nel testo teatrale, nessun nazionalismo e nostalgia ma solo rispetto per una storia importante ed un ruolo sempre lì, a portata di mano.
Marzia Postogna, Andrea Binetti, Corrado Gulin, Stefania Seculin, Tullio Esopi, Umberto Lupi, Mathia Neglia ed Edy Meola hanno saputo realizzare al meglio questo testo e un plauso particolare va ad Andrea Binetti che ha mostrato le sue indiscusse capacità canore di grande qualità.
Come lo scorso anno, in occasione di Bora Musical Fest, ritengo che questo spettacolo sia meritevole di realizzazione in altri contesti, diversi da quelli dispersivi del Castello di San giusto. Una realizzazione in un ambiente più piccolo, con l’ausilio di un limitato gruppo d’archi e un pianoforte, forse, potrebbe maggiormente valorizzare un’opera sicuramente da presentare anche in occasioni diverse.
Questo è un musical che va letto nel suo significato, al di là di ciò che lo spettatore vede o si aspetta di vedere, in un percorso di conoscenza e comprensione, di acquisizione di una consapevolezza storica ormai alla portata di tutti.
NOTA: le immagini e i video pubblicati in questo post sono di Biagio Mannino.
(di Biagio Mannino)
Era il 31 gennaio del 1999 quando, negli Stati Uniti, andava in onda il primo episodio della serie “I Griffin”.
Nati da un’idea di Seth MacFarlane, dopo qualche problema, iniziò il successo e l’affermazione un po’ in tutto il mondo, al punto di raggiungere il numero di quasi 300 episodi.
Definirli un “cartone animato” è riduttivo poiché I Griffin sono ben di più-
Infatti rappresentano l’analisi della società americana e non solo, in modo assolutamente spregiudicato, privo di alcuna diplomazia, senza alcuna ipocrisia e, molto spesso, facendo sussultare lo spettatore di fronte a certe considerazioni il cui contenuto tutti lo pensano ma, pochi o nessuno, osa dirlo.
Politicamente scorretti o, semplicemente realisti, I Griffin rappresentano quello che si ritiene di una società ricca più di difetti che di meriti. E poiché la società è composta da tutti noi, I Griffin diventano lo specchio che ci riflette, con quello che di fatto siamo, con tutto ciò che non vorremmo vedere.
E questo non si limita alla realtà degli USA ma si estende a quel mondo occidentale che, proprio con gli Stati Uniti, ha creato una sorta di visione omogenea dell’essere cittadino.
Offensivi?, Maleducati? Brutti nel sentirli e nel vederli?
Nulla di tutto questo. I Griffin sono l’uomo nella sua essenza recondita, nascosta che appare in un modo ma, poi, si realizza in un altro.
Gli episodi ruotano intorno ad un meccanismo del tutto originale dove, la famiglia Griffin vive in una piccola cittadina ma in cui le caratteristiche del modo di vivere assomigliano anche a quelle usanze metropolitane.
I Griffin sono quella famiglia media dove al padre, Peter, grasso, pasticcione, incline al lasciarsi andare e al bere, si contrappone la moglie, Lois, che rappresenta il vero pilastro e sostegno, in particolare per i tre figli: Chris, Meg e Stewie.
Mentre i primi due sono adolescenti con le tipiche problematiche di quell’età e, di conseguenza, rappresentanti lo stile di vita dei giovanissimi contemporanei, il terzo figlio, Stewie, è un bambino di quasi un anno.
Ed è proprio in Stewie che la grandezza dell’idea dell’autore si mostra in tutta la sua forza poiché questo è il personaggio su cui la serie ruota senza, però, renderlo protagonista.
Stewie è il genio, dotato di cattiveria mista a bontà, pronto a cogliere i difetti e le mancanze, di tutti, a mostrare la vita per quello che è.
Stewie è poi supportato dall’altro personaggio base della serie: il cane Brian.
Un cane che cammina su due zampe, che guida l’automobile, che consiglia, grazie alla sua saggezza, che scrive e pubblica libri e che, alla fine, solo, cade nell’alcolismo, nella droga, nei vizi di tutti i tipi e di tutti i generi.
Il rapporto bimbo – animale diviene una trasposizione dell’animo umano tra pregi e virtù in una sorta di continua lotta e collaborazione per far fronte alla causa, o alle cause, della depressione.
Una depressione sociale? Una depressione personale? Non ha importanza. E’ il malessere che accomuna tutti e rende, alla fine, tutti eguali.
Stewie e Brian sono la trasposizione di quello che era Truman Capote con le sue difficoltà, i suoi difetti, i suoi valori. Qui, i due personaggi, uniti e divisi, si compensano e rappresentano gli altri.
Una società finta, fasulla, quella dei Griffin, dove gli amici sono tali ma dove poi il tradimento è sempre in agguato.
Il filo che traccia la linea comune viene poi rappresentato dalla sessualità che ben avrebbe dato ragione a Sigmund Freud. Qui diviene una sorta di ossessione che sempre appare come motore di tutti i comportamenti, causa ed effetto dell’essere umani.
Non c’è diplomazia nei Griffin: viene mostrata chiaramente la società per quella che è.
Tradimenti e rischi, dolori e tristezze sempre però nello scherzo tipico della struttura dei cartoni animati.
Ed è qui il gioco che si instaura in questa serie, nel momento in cui l’uso della fantasia abbinato alla capacità degli autori e dei creativi, permette di parlare al pubblico senza problemi e in modo esplicito.
Quello che non si sarebbe potuto fare con attori, si è fatto con i disegni.
La società scandagliata nei minimi aspetti e che evidenzia, alla fine, un messaggio sociale ed educativo.
Come quando, ad esempio, Brian si trova sotto i terribili effetti della droga e quei difficili momenti divengono messaggio per chi guarda o, analogamente, l’isolamento di Meg all’interno della famiglia, non è altro che un segnale ed un invito ad occuparsi e ad apprezzare i propri figli.
C’è di tutto, nei Griffin, tutto ciò che è e che non dovrebbe essere, tutto ciò che non c’è e dovrebbe esserci.
L’amicizia e la falsa amicizia, il senso di frustrazione, il desiderio di essere migliori, di affermarsi, la bontà e la cattiveria, il pericolo e l’insicurezza, l’ignoranza e il resto.
Regna l’ipocrisia nella società dei Griffin e i Griffin la mostrano alla società. Mostrano l’ipocrisia senza ipocrisia.
I Griffin, una seduta psicoterapeutica mediatica,sicuramente una serie di grande valore!
NOTA: le immagini in questo post sono tratte da www. google. it. Il video presente in questo post è stato tratto da www. youtube. it.
(di Biagio Mannino)
Sabato, 7 luglio 2018, alle ore 19, presso il Magazzino delle Idee, in corso Cavour 2, a Trieste, si è svolta l’inaugurazione della mostra “Vetro, la mia seconda pelle”, dell’artista e scultrice croata Gordana Drinković, che ha esposto una scelta di opere, e di queste una selezione in anteprima internazionale..
La mostra è stata organizzata con la collaborazione della Regione Friuli Venezia Giulia, dell’Ente Regionale per il Patrimonio Culturale (ERPAC), del Polo Museale del Friuli Venezia Giulia MibACT e del Museo dell’Arte e dell’Artigianato di Zagabria.
Numerosa e qualificata è stata la partecipazione all’evento che ha visto la presenza di autorità, esperti del settore provenienti anche dalla Croazia.
Un’attenta e seguita presentazione ha caratterizzato la serata anticipando poi la visita in anteprima alle opere esposte.
Un momento di valore e significato e che mostra come l’arte divenga strumento di incontri dal sapore europeo.
Un’occasione anche per mostrare come le energie di uno Stato giovane, la Croazia, e, contemporaneamente ricco di un’antica identità nazionale fortemente e orgogliosamente sentita, punti anche sull’arte per far conoscere le proprie importanti capacità e tutte le proprie potenzialità.
Fra le tante osservazioni che sono state fatte è emerso come proprio Trieste rappresenti per la Croazia un punto di riferimento che diviene sempre più significativo come luogo di conoscenza.
Le pregevoli opere dell’artista mettono in risalto non solo le sue capacità ma anche il coraggio di trattare un materiale, il vetro, difficile e che, in Croazia, ormai, non trova luoghi di produzione.
La serata si è conclusa con soddisfazione degli organizzatori e con selfy con l’artista croata.
Trieste, 30 dicembre 2017.
(di Biagio Mannino)
Cosa si può dire di Zozò?
Solo una cosa: complimenti!
Complimenti per l’iniziativa volta a raccogliere fondi a favore dell’ospedale infantile Burlo Garofolo di Trieste, una delle eccellenze della città, complimenti alla compagnia teatrale “L’Armonia”, per aver allestito questa commedia e complimenti agli attori per averla interpretata in modo perfetto ed impeccabile!
In un palcoscenico prestigioso, quello del Politeama Rossetti, un semplice tavolino e due vasi di tulipani, fanno da contorno ad un dialogo tra due coppie che si conoscono a causa di un’aspra litigata tra i figli costata anche qualche dente rotto.
Formalità e tentativi di appianare le divergenze adolescenziali lasciano però, progressivamente, spazio ad un confronto tra genitori e, in seguito, anche ai problemi all’interno delle coppie, evidenziando questioni che solo sulla carta appaiono prive di grande importanza ma che poi, al contrario, si rivelano difficili da risolvere nella realtà quotidiana.
E così i genitori si confrontano fino a quando proprio i bambini risolvono da soli le divergenze.
Tutto circondato dalla presenza impercettibile di Zozò, il criceto che abbandonato al Giardino Pubblico perché divenuto fastidioso per il concetto di vita famigliare dei grandi, viene ritrovato proprio da quei piccoli che, in nome suo, superano le divergenze e divengono amici.
Una trama che, tra le risate, porta ad un analisi della nostra società ed a quelle problematiche non problematiche tipiche del mondo benestante ma che possono, in certe occasioni, trasformarsi in irrisolvibili contrapposizioni.
Il tutto recitato in dialetto triestino. Un bel dialetto, semplice, privo di espressioni gergali che sembrano divenire sempre di più necessarie per andare alla ricerca della facile risata, magari accompagnata da qualche espressione volgare.
Qui no. Domina un dialogo pulito, equilibrato, senza eccessi, senza battute o situazioni esagerate o colpi di scena clamorosi.
Una commedia bella ed assolutamente gradevole che fa uscire dal teatro lo spettatore soddisfatto di ciò che ha visto.
Risulta ben giustificato il primo premio che questa rappresentazione ha ottenuto al Festival Nazionale “La Guglia d’Oro 2017” di Aguglia.
Quattro attori, Paolo Dalfovo, Monica Parmegiani, Elena Bisel, Chino Turco, diretti da Riccardo Fortuna, hanno saputo realizzare tutto questo interpretando al meglio un’idea di Yasmina Reza.
Una delle commedie dialettali migliori di questo 2017 che suggeriscono ad altri di guardare nella direzione del teatro vero, fatto di testi, di recitazione, senza compromessi.
Una riflessione tra realtà e immaginazione, un’analisi di ciò che fu e di ciò che è, il mito, la verità: un percorso che si ripete e trova somiglianze nella vita di ieri e di oggi, per tuttti, indifferentemente dalle origini e dai ruoli sociali.
Un libro, L’anima di Amfipoli, che verrà presentato mercoledì 13 dicembre alla presenza dell’autore con i commenti di Liliana Bamboschek, Biagio Mannino e con la partecipazione di Paolo Dalfovo.
(di Biagio Mannino)
Un Musical? Uno spettacolo estivo da vedere per passare una calda serata di luglio assieme agli amici alla ricerca di un po’ di refrigerio? Sì, tutto questo ma anche un momento di riflessione tra una risata e l’altra, una riflessione sulla tormentata storia di una città, Trieste, che merita attenzione e riconoscimento e, in modo particolare, consapevolezza.
Andato in scena ieri sera, al Castello di San Giusto, il “Bora Musicalfest”, opera scritta da Edda Vidiz, si è presentato come un evento teatrale solo apparentemente leggero e frizzante.
In realtà, come vuole la forma d’essere, l’identità triestina, sotto quell’allegria manifestata apertamente, si nasconde una reale malinconia, non mostrata e solo in parte dimenticata.
Già, solo in parte dimenticata, come la storia di Trieste e dei triestini, fatta di momenti di gloria e tristezze, di gioie e di dolori, di incroci di culture e scontri tra nazionalità, di lingue diverse e di imposizioni politiche e ideologiche.
“Chi sono gli italiani più italiani? Gli austriaci di Trieste!”. E’ questa solo una delle innumerevoli battute di quello spettacolo ma che nelle parole che le compongono c’è condensato il significato di questa città, tormentata e paradisiaca, odiata e amata in un continuo contrasto di sentirsi a lei appartenere e desiderare di scappare e non sentirne più parlare.
E così gli anni, il passare del tempo e la città che come una fisarmonica si stende e si restringe ponendola al centro del mondo e poi ignorarla completamente.
Uno scontro, di civiltà, di culture che si incontrano e si lasciano, di sentimenti propri, di gente che si cerca e che vuole orgogliosamente la propria indipendenza e pretende la solitudine per poi però desiderare la compagnia, essere lontani, da casa, per distrarsi, per non pensare, per dimenticare.
Una storia, quella di Trieste che nella sua follia diviene il carattere dei suoi cittadini sferzati e colpiti ripetutamente e poi abbracciati e convinti nuovamente a restare su quella giostra.
E così “la bora non può che incontrare Tergesteo”, come sottolineato nell’apertura dello spettacolo. Quella bora, vento impetuoso e dirompente, incostante dove alla raffica che rompe tutto segue subito la quiete poi interrotta da una raffica ancora più forte.
Sì, lo spettacolo di Edda Vidiz mi ha detto tutto ciò e mentre ero lì, guardando le scene, sentivo le persone ridere e divertirsi ma era quell’allegria “triestina”…
Solo la musica di un pianoforte, alcune immagini proiettate su uno schermo e la capacità degli attori: tutto ciò ha reso questo Musical completo nella sua semplicità, immediato ed intuitivo ma, contemporaneamente, profondo nei significati.
Forse una coincidenza, forse uno scherzo meteorologico, forse il fatto di essere stata messa in discussione, allo spettacolo era presente anche la bora che, insolita nel mese di luglio, più che rinfrescare, raffreddava i presenti in quel tipico incontro contrastante.
Andrea Binetti, Marzia Postogna, Myriam Cosotti, Julian Sgherla, Leonardo Zannier, Alessandro Colombo e Corrado Gulin al pianoforte hanno saputo brillantemente portare al pubblico quello che il pubblico si aspettava in un contesto di svago estivo.
Forse questo Musical richiederebbe una sede differente agli ampi spazzi del Castello di San Giusto.
Infatti quei significativi contenuti potrebbero meglio essere apprezzati se recitati in ambienti più piccoli, intimi, in uno dei caffè triestini dove l’unione tra il contesto ed il testo garantirebbero una valorizzazione maggiore.
Una lode va poi in particolare indirizzata per la scelta di un testo in sloveno, lingua che appartiene alla cultura della città e simbolica per l’estrema eterogeneità di Trieste.
Inoltre aver inserito la commovente canzone “Gorizia, tu sei maledetta” ha dato quel tocco in più che mi ha fatto apprezzare il contenuto dell’opera teatrale di Edda Vidiz ed ha permesso di dedicare un ricordo ad una città dimenticata e trascurata.
Un Musical allegro e malinconico, di svago e di riflessione in un momento, quello contemporaneo dove la città incomincia timidamente a riconoscersi e a prendere oltre che consapevolezza anche fiducia in sé stessa. Spettacoli come questo aiutano sicuramente.
(di Alberto Flego)
Sembrava scomparsa. Il suo pubblico la compiangeva affranto e nella triste Trieste le giornate estive proseguivano grigie negli anni, affumicate dalle grigliate di qualche sagra provinciale ospitata pure nelle centralissime vie cittadine.
Fino a che, dalla lontana terra Magiara, sono giunti loro: la Budapesti Operettszinhàz. Ci hanno fatto credere di rivivere quella che era la tradizionale peculiarità della nostra bistrattata città, il Festival Internazionale dell’Operetta.
L’Operetta è ritornata, rinata come l’Araba Fenice! E così, dal 5 al 9 luglio 2017 nella cornice del Teatro Politeama è risorto dalle ceneri pure l’orfano pubblico del Festival dell’Operetta triestino: dame con vestiti da sera variopinti, ventagli e trousse che mi ricordavano le serate estive dei tempi di quand’ero bambino e mia nonna mi portava a vedere le operette proprio qui al Politeama Rossetti, dopo lunghissime ore d’attesa per acquistarne i biglietti negli uffici dell’UTAT di galleria Protti. Diciamolo una volta per tutte: il festival dell’Operetta era per noi triestini come le corse dei cavalli ad Ascot per gli Inglesi, un evento a cui non si doveva mancare!
Mercoledì sera con il Gran Galà dell’Operetta ( tre ore di musiche eccelse e selezioni dalle più belle operette Danubiane) egregiamente presentato in una sognante atmosfera sospesa tra la favola e la realtà di un teatro del passato, che al giorno d’oggi non è quasi più possibile gustare, iniziò la Magia.
L’Orchestra Magiara, diretta dal Maestro Làszlò Maklàry, il Corpo di Ballo, gli artisti dell’Ensemble hanno donato al pubblico le perle della Piccola Lirica, estasiando gli spettatori e portandoli in un vero e proprio viaggio nel passato a Vienna, Budapest, Parigi e persino nel Lontano Oriente del Paese del Sorriso di Franz Lehar e nel complicato mondo musicale di Paul Abraham.
Nel secondo atto, dopo l’esecuzione orchestrale di una famosissima danza Ungherese di J.Brahms, una splendida piccola orchestra tzigana è salita sul palco, un quintetto molto talentuoso composto da violino, cembalo, clarinetto, contrabbasso e viola che ha sorpreso ed infiammato il pubblico, davvero fortunato nel risentire questo concerto unico nel suo genere ( erano già ospiti del Galà dell’Operetta edizione 2016 ).
E tutto questo lo dobbiamo all’artista triestino Alessio Colautti: la persona che dovremmo ringraziare per queste splendide serate d’altri tempi. Sagacemente egli ci ha fatto notare quanto Budapest ami Trieste, mentre noi cittadini stiamo trascurando e bistrattando la nostra bella città, privandola delle splendide iniziative musicali di cui un tempo era degna cornice culturale.
Parlando di Operetta a Trieste non poteva mancare la presenza di Andrea Binetti che, coinvolto da questo turbinoso evento musicale ungherese, ha contribuito alla serata cantando nelle esecuzioni tratte dalla Vedova allegra, in cui nelle recite seguenti ha interpretato il ruolo del barone Mirko Zeta.
Il cast delle serate Magiare comprendeva il contributo canoro dei seguenti Artisti: Timea Vermes (Hanna Glawari), Zsolt Vadàsz (Danilo), Anita Lukàcs (Valencienne), Gergely Boncsér (Camille), Soma Langer (Cascade), Robert Vanya (St.Brioche), Andràs Faragò ( Kromow), la simpaticissima e acrobatica Marika Oszvald nel ruolo di Olga, Gàbor Dézsy Szabò (Bogdanovitch), Tunde Frankò, Attila Miklòs, Gabriella Szilàgyi. Dal corpo di ballo emergevano in bravura e perfezione Laura Ottlik e Emese Szalai.
Vorrei inoltre sottolineare che gli Ungheresi sono gli artisti che, insieme agli Austriaci meglio interpretano lo spirito delle Operette Danubiane: ricordo l’entusiasmo di mia nonna quando mi parlava degli “artisti” (li chiamava sempre così) e sposi nella vita Martha EGGERTH e Jan KIEPURA, che furono i protagonisti di migliaia di rappresentazioni in Europa e in America e anche a Trieste della Vedova Allegra, ma che purtroppo non ho mai potuto sentire. Ho potuto invece, e lo potrete farlo pure voi, se lo desiderate, ascoltare le splendide incisioni su CD NAXOS dei tre volumi “The Best of Operetta” della Hungarian Operetta Orchestra diretta da Làszlò Kovàcs (1996), che praticamente è la stessa orchestra che, vent’anni dopo abbiamo potuto ascoltare al Rossetti. Vi assicuro che l’ascolto dona le stesse emozioni che il Galà ha suscitato nell’estasi donata al pubblico uditore presente in sala.
Nel Cinquantesimo anniversario della scomparsa di Franz Lehar, scrissi una novella dedicata al Maestro dal titolo “Felix, la vita non è un’Operetta”, in cui il personaggio di Hanna Glawari viveva fuori dalle scene in incognito, e raccontava il seguito della sua vita dopo il matrimonio con Danilo. Quindi per me recensire uno spettacolo della Vedova allegra richiederebbe un capitolo a parte. Vale la pena provare a cimentarsi, perché amo molto questo personaggio e lo spartito di questa Operetta.
Nell’ Autunno del 1905 il direttore del Teatro “An der Wien” Herr Karczag, sin dalle prime prove per la messa in scena della “Vedova Allegra” in prima mondiale assoluta a Vienna il 28 dicembre 1905, sentenziò arcigno: “Das ist ka’ musik!” (Questa non è musica!). Tutti quindi proseguivano le prove aspettandosi un fiasco colossale. Tutti tranne Franz Lehar.
Sono passati più di 111 anni e le passioni che questa Operetta suscita sono ancora vive. La Vedova Allegra è ormai riconosciuta un capolavoro di genuina ispirazione.
Ma un brano delizioso (che è possibile ascoltare nello splendido CD della Deutsche Grammophon con i Wiener Philharmoniker diretti dalla bacchetta di John Eliot Gardiner edito nel 1994) viene spesso tagliato senza ragione dalle esecuzioni: è il caso del duetto “Zauber der Hauslichkeit” (la magia della quiete domestica), che purtroppo anche in questa versione mancava.
Ma ciò che più ha colpito di questo allestimento dalla regia di Màtè Szabò e l’adattamento e attualizzazione di Attila Lorinczy è stata la scelta di ambientare nei primi anni Trenta l’Operetta. L’atmosfera culturale dell’Art Nouveaur di inizio secolo si è trasformata in quella squisitamente Art Decò degli Anni Venti e Trenta parigini. Non sono mancati riferimenti al Cubismo, ma anche al cinema Hollywoodiano e al Musical, ed oserei dire anche allo spettacolo televisivo dell’Eurovision Song Contest nelle citazioni coreografiche di certi balletti e di alcuni effetti visivi eclatanti (le fontanelle acquatiche, i coriandoli dorati, i balletti tribali con danzatori tatuati e tamburi simili ad alcune entry dell’Eurofestival contemporaneo). Danilo è cocainomane, la festa si svolge sui tetti di Parigi e la scenografia del primo atto ricorda, nei colori e nelle citazioni tra comignoli, gabbianelle meccaniche e i due spazzacamini di passaggio, più la casa londinese di Mary Poppins che la villa di un’ambasciata parigina.
E Hanna Glawari, che per la prima volta appare travestita da pilota aereo, (arriva da Casablanca?) ma con un veloce trucco scenico cambia magicamente l’abito con una meravigliosa eleganza da Star dello schermo catalizza istantaneamente l’attenzione sulla scena. E’ interpretata dalla bellissima e brava Tìmea Vermes, e ricorda tantissimo Marilyn Monroe, soprattutto quando canta contornata da ballerini in frak (sembra la scena del balletto Diamond are the Best girl friends ).
Si gioca molto con l’immaginario collettivo; ma a volte si esagera. Danilo, il partner di Hanna, esordisce pieno di cocaina cantando nei cessi del terrazzo, dove vede nel suo delirio l’immagine di se stesso moltiplicarsi nei bagni tra le tazze dei wc… E’ interpretato dal bravo tenore Zsolt Vadàsz. La scena in cui canta il celebre brano “Vo’ da Maxim allor” diventa veramente azzardata.
Seppur a volte volgare, con il barone Zeta che spara come un gangster della Chicago d’Oltreoceano, lo spettacolo regge anche se può far discutere la scelta della regia per “attualizzarlo”.
Ma la splendida Orchestra e la sua direzione permettono di proseguire in questo magico percorso musicale dimenticando le poche cadute di tono sceniche e incantando lo spettatore con la grazia e la dolcezza delle note eseguite magistralmente nella loro lettura strumentale.
Imparare un copione in una lingua straniera recitata e cantata non è cosa da poco: complimenti quindi alla bella e brava compagnia di teatro Magiara!
Il secondo atto risultava molto gradevole esteticamente per la deliziosa scenografia ART DECO’ con delle splendide fontanelle e una meravigliosa rivista che faceva l’occhiolino più al LIDO’ di Parigi che al locale MAXIM. Colori e coreografie davvero suggestive ed ammalianti. A questo punto l’attualizzazione di Attila Lorinczy che dapprima mi aveva reso perplesso, iniziò a piacermi. Hanna Glawari, sempre più Diva Hollywoodiana incanta con la celeberrima Romanza di Vilja, che diviene così uno dei punti culminanti dello spettacolo. Quando il sogno inizia a cullarci dolcemente nell’oblio, la magia della musica di Franz Lehar è al culmine, ed ha raggiunto il suo scopo. La banalità dei dialoghi e l’assurdità delle situazione drammaturgica diviene parte dell’astrazione dal reale, e si dissolve nel Nulla perché è ormai la Musica che ci accompagna nella nostalgia ineffabile di un passato che forse non è mai esistito, e nel languore di un Amore che universalmente palpita in ogni essere vivente.
Con umorismo e senso fiabesco i personaggi di quest’Operetta restano nel nostro cuore imperituri, da 111 anni.
“Das ist ka’ Musik!” disse Herr Karczag. Aveva ragione: questa composizione è molto più di una semplice musica: è magia pura, sogno d’altri tempi sempre attuale, che incantò il pubblico dei nostri bisnonni e che ancora oggi ci fa sognare una cristallina bellezza ideale delle passioni umane e dell’Amore.
FONTI:
Bibliografia:
Ernesto G.Oppicelli “L’Operetta da Hervé al Musical”
Fratelli Melita Editori, 1989.
Alberto Flego “Felix, la vita non è un’operetta!”
in “Inediti da Trieste” Edizioni Croce, Roma 2016.
Discografia:
“The Best of Operetta” Voll. 1,2,3 Hungarian Operetta Orchestra diretta da Làszlo Kovàcs CD NAXOS, 1996.
Franz Lehar “Die Lustige Witwe” Wiener Philharmoniker diretti da John Eliot Gardiner – Deutsche Grammophon
DIGITAL STEREO, 1994
NOTA: le immagini in questo post sono di Alberto Flego.