“Ero incerta se partecipare oppure no a queste interviste”.

Si riporta la lettera ricevuta.

“Ero incerta se partecipare oppure no a queste interviste”.

(di Silvia Fersini)

Ero incerta se partecipare oppure no a queste interviste. La mia storia non è diversa daquelle che ha già proposto nella Sua inchiesta, cambiano i dati anagrafici, ma il numero di dose alla quale si è manifestato l’evento avverso, il perché mi ero presentata all’hub, la risposta dei medici alle mie domande è la stessa di tutti gli altri.

In realtà c’è qualcosa di diverso.

Ho preso contatto con Comitato Ascoltami alla fine del luglio 2022, nella quarantena da covid, preso a sei mesi dalla terza dose, ossia dopo aver passato indenne tutto il periodo caldo dell’inverno 2019 fino al gennaio 2022, tempo delle forme miti e non più di quelle da trattare con tachipirina e vigile attesa. Successivamente ho preso contatto anche con Ippocrate.org. Ho preso contatto per portare aiuto, non per riceverne, per lo meno non un aiuto sanitario o legale, i miei problemi li avrei risolti da me.

La tachipirina con vigile attesa è un punto sul quale intendo tornare e per il quale intendo avere risposte. Ma tornando a noi: ho attraversato questo periodo in direzione ostinata e contraria. L’ho fatto perché sono nata ribelle, ho competenze professionali come farmacista, come istruttore di yoga, come counselor; perché in me è forte il valore della responsabilità personale; niente accade nella mia vita senza la mia autorizzazione, anche la “violenza fisica” subita agli hub, violenza che ho fatto di tutto per impedire che accadesse e che nonostante mi sia battuta con onore ho subito, e nonostante la quale non resterò in ginocchio, e per la quale avrò verità e giustizia. Le mie energie mi servono per contenere i danni, la reazione avversa debitamente segnalata e mai riconosciuta. I miei sintomi sono sine cause; i medici non negano che abbia dolore o bruciore o prurito, solo non c’è una ragione perché questo debba accadere e se prendessi antidepressivi sarei meglio. Li ho ringraziati, pagati e ignorati. In farmacia ho avuto modo di vedere con i miei clienti come queste cose vanno a finire. Posso gestirmi con lo yoga, che insegno da più di venti anni; e insieme a Comitato Ascoltami e Ippocrate.org nella convalescenza da covid ho preso contatto con enti per specializzarmi: ho seguito un master di medicina narrativa e due di ipnosi ericksoniana e nonostante la cultura yogica sia decisamente più utile e completa quelle esperienze formative sono state per me molto importanti. Con il Comitato ho presentato un corso di

yoga che dura quasi ininterrottamente dal dicembre 2022, svariati incontri sull’ascolto e la comunicazione empatica con un laboratorio mensile e il mio orgoglio, il Progetto Fiabe.

Vorrei testimoniare che nonostante la salute sia compromessa, la società civile sia compromessa e forse entrambe in modo irreversibile (voglio essere precisa: la salute è compromessa in modo irreversibile, non c’è crioterapia o ozono e quel che si vuole che possa risolvere) si può ancora scegliere se restare passivamente ad attendere che a forza di lamentarsi qualcosa accada o iniziare a fare qualcosa, in primo luogo qualcosa per sé stessi, iniziando con l’elaborare la situazione, poi digerirla, poi ricostruire sulle macerie. Lo dobbiamo a quelli che sono morti, e sono tanti: di virus, di malasanità, di vigile attesa, di ritardi di diagnosi e attivazione di terapia, di abbandono, di paura, di disperazione. E a quelli che fra qualche anno mostreranno i danni a lunga distanza; e a noi stessi perché vivere nel rimpianto o nella rabbia o in entrambe non ci aiuta un gran ché.

La mia storia fino a pochi mesi fa ero una farmacista, da ieri ho lasciato l’Ordine, e in quei giorni ero operativa in una piccola farmacia di un piccolo paese alla periferia di una grande città del nord. Avevo i miei problemi personali, avevo appena completato la formazione triennale come counselor e stavo iniziando i corsi di aggiornamento e perfezionamento, andavo regolarmente a Milano per un weekend al mese e viaggiavo in treni simili a carri bestiame, in metropolitane affollate. Ascoltavo le notizie che arrivavano dalla Cina con perplessità: era evidente che la storia del pipistrello era a beneficio del grande pubblico e che era utopistico pensare che in un Paese così popoloso fosse possibile scongiurare che un portatore sano non fosse riuscito a sfuggire al primo cerchio di contenimento. C’era un tantino di caccia al cinese ma il cinese poteva essere abbracciato con sicurezza, era legittimo andare per locali e in ogni caso, quando il cinese è diventato un problema, lo era solo se arrivava con volo diretto, il cinese con scalo a Dubai è il benvenuto. Sto usando la parola cinese con l’accezione di untore, termine che è più inclusivo e diplomaticamente corretto, ma all’epoca funzionava così. Dal novembre 2019 al gennaio 2020 viaggiavo mensilmente per Milano e mi chiedevo quante delle persone che avevo incrociato alla Stazione Centrale e sulle linee della Metropolitana (ho viaggiato su tutte tranne la verde) avessero avuto contatto diretto o indiretto con un qualcuno che avesse viaggiato su uno di quei voli. Un vicino di posto, lo steward, l’addetto ai bagagli, un loro famigliare, l’amante, labarista che gli ha servito il caffè al tavolino… Eppure non c’era nessun allarme. La farmacia era gremita in un modo mai visto prima e mai visto dopo; gli antibiotici uscivano nella forma iniettabile a multipli di sei, fino a 18 fiale ma il protocollo della SARS del 2001 teneva. Dosi massicce di cortisone e di antibiotico e i miei clienti ne venivano fuori. Non sapevo che pensare. Interrogavo i medici che incrociavo e neppure loro avevano risposte, ma in quel momento la cosa non mi sembrava anomala.

Quando è scattato il lock down era una domenica di marzo; è scattato così, senza un reale preavviso. Il fatto che non avesse colto me impreparata mi riempiva di orgoglio professionale, mi tranquillizzava perché mia madre aveva una riserva di cibo per quasi un mese e se anche non mi fosse più stato possibile raggiungerla per un po’ se la sarebbe cavata, ma mi lasciava allibita. Improvvisamente i mezzi di protezione diventano una priorità, e non ce ne sono. Da una parte mi viene da ridere dall’altra mi rendo conto che la situazione sta andando verso la psicosi sociale: davvero qualcuno del settore crede che una mascherina chirurgia, soprattutto se usata ininterrottamente per settimane e riposta nelle tasche del cappotto o anche al sole e agli uv per i più tecnologici possa impressionare un virus? Davvero si può entrare a gruppi in un supermercato ma non in una merceria, in tabaccheria ma non in libreria? E dove sono le mascherine, alla fine? Vengono prodotte in modo casalingo e semiprofessionale in deroga a leggi dello stato data la situazione di emergenza e si è cominciato a portare sulla faccia di tutto. Che non ci sia stata un’epidemia di tubercolosi ha del portentoso. Poi si inizia a parlare di vaccino. Ha senso un vaccino per

un virus altamente mutante? Ma la gente muore e occorre fare qualcosa. Il vecchio protocollo Sars funzionava, perché abbandonarlo? Per cui chiedo a più medici cosa può succedere a gestire una malattia respiratoria a vigile attesa con la tachipirina intervenendo solo a crisi respiratoria, qualcuno ha mai visto una polmonite guarire da sé? Come fa il vaccino (chiamiamolo vaccino ma il suo meccanismo di azione non è mai stato testato su persone destinate a sopravvivere e comunque non ha niente a che fare con i vaccini di vecchia generazione) a capire quale è la spike cattiva da agglutinare e quella fisiologica, quella per cui i recettori polmonari sono predisposti, qualunque cosa essa faccia, anzi, che cosa fanno quei recettori, e quella spike biologica, qualcuno me lo sa dire? Siamo sicuri che non si cominci a produrre auto anticorpi? Siamo sicuri che nel mio caso specifico sia saggio favorire la produzione di autoanticorpi visto che la predisposizione c’è già? Perché Di

Donno non può essere preso sul serio? Perché tu medico ti rifiuti di vedere il tuo paziente e me lo mandi in farmacia dove può contaminare me e tutti quelli in coda con lui? Ho fatto anche un esposto alla corte per i diritti dell’uomo. La risposta è sempre stata la stessa: un iniziale” sapranno bene quello che fanno (coloro che impongono la politica vaccinale)” poi “ma come ti permetti di criticare chi sta facendo tali sacrifici per tutti noi” e infine “ancora una parola e quella è la porta”.

Quando alla terza dose sono cominciati i problemi e la medicina ufficiale non ha trovato risposte, mentre i sintomi peggioravano sempre più qualcosa si è spezzato dentro. Ma in modo positivo per me. Il covid è stato una svolta. Ho completato i miei master, ho chiesto aspettativa, poi mi sono licenziata. Non sono in grado di vivere senza il lavoro della farmacia, come counselor e istruttore di yoga sopravvivo perché sono tornata a vivere da mia madre ma indietro non posso tornare. Vorrei andare avanti. Per questo credo nelle fiabe che stanno arrivando al Comitato. E’ del Progetto Fiabe che vorrei parlare. Perché di tutto questo non solo deve restare memoria ma deve uscire fuori qualcosa per cui valga la pena vivere.

Silvia Fersini: “è insieme che se ne viene fuori”.

IL VENTO DI NORD EST PRESENTA:
Silvia Fersini: “è insieme che se ne viene fuori”.
Ospite della nuova puntata di “Una goccia più una goccia? Fa un oceano!” è Silvia Fersini. Al centro dell’intervista alla Dottoressa Fersini troviamo lo sguardo rivolto al futuro, il difficile percorso da affrontare assieme per convivere con quanto passato e aspirare a nuovi orizzonti..
Continuano le testimonianze a “Una goccia più una goccia? Fa un oceano!”, il contenitore delle interviste di Biagio Mannino. Al centro le storie, le esperienze, le memorie, le opinioni, i dubbi e tanto altro ancora dei protagonisti del periodo più sconcertante, quello che vede il 2020 come l’anno della fine e dell’inizio.
L’intervista è visibile sul sito https://ventodinordest.com e sui canali Youtube, Rumble e Telegram ad esso collegati.
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USA 2024: domina la… “coerenza” nella campagna elettorale.

USA 2024: domina la… “coerenza” nella campagna elettorale.

Solo poche ore fa, l’intervista di Kamala Harris a Fox e, subito, la conferma: nella campagna elettorale per l’elezione del nuovo Presidente degli Stati Uniti domina la… “coerenza”.

Sostiene Kamala Harris che, se eletta, la sua presidenza non sarà la continuazione di Joe Biden.

Una dichiarazione di non poca importanza tenendo conto dell’appoggio indiscusso che la stessa Harris ha portato nei confronti di Biden nel corso degli ultimi quattro anni e, in particolare, nella fase in cui Biden era temporaneamente il candidato ufficiale nella corsa alla Casa Bianca.

Continua Kamala Harris: “Come ogni nuovo presidente porterò le mie esperienze e le mie nuove idee. Sono una nuova generazione di leadership “.

Il dubbio, inevitabilmente, si pone su quali siano le effettive esperienze e le nuove idee, tenendo conto che il suo incarico di Vice Presidente è ben lontano da essere un ricordo quanto, al contrario, vicinissimo ad una concreta realtà.

Sul fronte opposto, quello repubblicano, il candidato alla vice presidenza Vance, grande, se non grandissimo, sostenitore di Donald Trump, solo pochi anni fa definiva Trump come l’Hitler americano e le sue critiche erano forti e determinate.

Ma, alla fine, cosa dicono i sondaggi?

Dal sondaggio di New York Times – Siena College emerge che Kamala Harris è in vantaggio su Trump di tre punti percentuali. All’opposto Fox: si ritiene infatti che… Donald Trump sia davanti alla Harris di due punti!

Sì, domina la “coerenza” nelle elezioni USA 2024!

NOTA: l’immagine in questo post è di libero uso ed è tratta da Wikipedia Commons: Public Domine