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USA, Cina, Russia, Europa e… Trieste.

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le rive di Trieste dal Molo Audace. BM 2015

(di Biagio Mannino)

Dove si colloca Trieste oggi?
La politica mondiale ci mostra un inasprimento delle competizioni in tutti i settori e i giocatori, che si affacciano sulla scacchiera geopolitica, sembrano essere tre… e mezzo.
USA, Cina e Russia sono competitori affermati e compatti oltre ormai ad essere anche consolidati nello scenario sempre più complesso. L’Europa, o meglio, l’Unione Europea, rimane alla ricerca di sé stessa, alla disperata ricerca, potremmo dire, poiché ancora appare impossibile il raggiungimento di una comunione degli interessi di tutti in contrapposizione al perseguimento, da parte dei singoli,dei propri interessi.
La storia è sempre quella. Paesi europei eternamente in discordia, mai capaci di unirsi veramente, mai capaci di avere una comune visione in un momento in cui la competizione internazionale lo impone.
Un’Europa fragilissima che privilegia i piccoli rapporti con i grandi e dimentica di essere, a sua volta, grande.
Lo scontro USA, Cina Russia è sempre più intenso e, alle classiche guerre, i colpi dei giochi finanziari divengono i nuovi proiettili indirizzati verso tutti in un contrasto verso tutti.
Improvvisamente anche i più distratti si rendono conto che quel mondo che precedeva la caduta del Muro di Berlino, quel 9 novembre 1989, non c’è più e, alle ideologie del passato, vengono date le ben più pragmatiche regole della finanza internazionale.
Un mondo alla ricerca di nuovi punti di equilibrio, ma in una fase sicuramente difficile se non addirittura pericolosa.
E l’Europa dei singoli Stati membri, cerca. Cerca di orientarsi, cerca di muoversi come ha imparato a fare nella tragica esperienza chiamata XX secolo, ma non di più. Cerca di sopravvivere in un contesto dove ciascuno, in un modo o nell’altro, spera di ottenere quanto più può.
La Cina vede le potenzialità del continente europeo e le nuove vie della seta sono lì e piacciono a tutti tranne agli Stati Uniti.
La Cina diventa allora fonte di preoccupazione nel disegno degli assetti globali, Trieste diventa la porta di entrata di chi potrebbe disunire la forza proprio di quegli USA che in Europa, da quella cortina di ferro in poi, avevano ufficializzato la loro presenza mondiale.
Ma gli Stati europei si muovono, se non a titolo Unione Europea, a titolo personale e, per l’area centro europea, Trieste nuovamente rappresenta il fulcro di quella connessione tra il vecchio continente, il Mar Mediterraneo e la direttrice asiatica.
Sì, perché è proprio l’Asia  che ormai rappresenta e, nel prossimo futuro, rappresenterà il centro di degli interessi planetari.
La vitalità che in questi ultimi anni, potremmo addirittura dire mesi, che caratterizza la città di Trieste, evidenzia il risveglio dopo un letargo iniziato nel 1918.
Ma questo ritorno sulla scena implica anche l’essere oggetto, nuovamente, come già successo, del desiderio contrastato di usare la sua caratteristica, potremmo dire, naturalmente geopolitica, e, contemporaneamente, oggetto del desiderio che tutto questo non sia.
Gli investimenti sul porto sono sempre maggiori e l’interessamento, in particolare, proprio da quell’area mitteleuropea, Austro – Ungarica, diviene sempre più concreto e tangibile.
La politica, quella dei politici, quella dei partiti… non ha ancora capito bene cosa stia succedendo.
Mentre a Roma si litiga sulle vicende parlamentari, gli ungheresi investono a Trieste, e gli USA non vedono affatto di buon occhio l’arrivo della Cina proprio a Trieste.
Mentre si avvicinano le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, un po’ ovunque si discute su tutto tranne che di Europa.
E così in Italia come in Germania dove, il dibattito mediatico, si concentra sulla pensione di cittadinanza.
L’impressione è che la politica, quella che abitualmente intendiamo come espressione partitica, abbia preso una direzione mentre la Politica, ovvero gli obiettivi che diversi cercano di realizzare, viaggi decisamente su altri canali.
Per Trieste ormai si è mosso il sistema e questo fa i suoi passi, al di là della volontà dei piccoli giocatori. Ora sarà la gestione del fenomeno che diventerà, con il tempo, sempre più difficoltosa poiché gli spazi di manovra tra USA, Cina, Russia e Europa Unita e Disunita, sono destinati a farsi sempre più stretti, concentrando l’attenzione, in particolare, su aree strategiche, appunto, come Trieste.

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NOTA: l’immagine in questo post è di Biagio Mannino.

26 maggio 2019: Europa contro Europa.

Cattura(di Biagio Mannino)

Nell’anno in cui si celebra il trentesimo anniversario del crollo del Muro di Berlino, le elezioni europee del 26 maggio sembrano assumere, oltre ad un valore, anche un significato ulteriore.
Trenta anni fa si concludeva un percorso che trovava in quell’attentato all’Arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo, a Sarajevo, il 28 giugno 1914, l’inizio della fine dell’Europa.
Il 9 novembre 1989, con quel crollo materiale del Muro, crollava anche l’elemento simbolico della divisione e della debolezza dell’Europa del XX secolo.
In quel momento storico tutti, chi più, chi meno, avvertivano non solo la possibilità, ma anche la necessità, di intraprendere un percorso che portasse alla realizzazione di un sogno lontano 70 anni, quello di coloro i quali avevano visto il disastro manicheistico della Grande Guerra, quello di un’Europa unita che garantisse, prima di tutto, la pace.
Le condizioni e le situazioni cambiano e, a quella pur nobile intenzione ma sempre utopistica nella sua attuazione, subentrava la più pragmatica necessità di creare l’effettiva realtà, complessa nelle sue manifestazioni politiche, ampia, numericamente importante nei risultati, economicamente e finanziariamente forte nelle implicazioni concrete, tali da sapersi, e necessariamente doversi, inserire nel nuovo gioco della politica internazionale.
Sì, quella politica dove gli USA sono più che mai fortemente unilateralisti, dove si fa spazio il concetto di guerra preventiva,, dove la Russia, erede dell’URSS, è alla ricerca di una perestrojka tanto utile quanto necessaria ma molto confusa, non alla Gorbacev ma alla Eltsin, dove la Cina incomincia a muoversi ma già lasciando capire il suo destino da protagonista vera.
Quelle ormai vecchie Comunità Europee lasciano il passo alla nuova e promettente Unione Europea che, però per essere effettiva, necessitava e necessita delle limitazioni di sovranità degli Stati membri.
Inizia il conflitto tra due modi di interpretare la UE e il dubbio, inevitabilmente si pone: UE dei popoli o UE dei Governi? UE con una progettualità veramente comune e di insieme o con una evidente propensione agli interessi dei singoli Stati membri?
La debolezza emerge in politica estera, più volte, a partire dal 1999 con la crisi serba, la strategia non è all’altezza di una realtà di questo tipo, e di fronte alle sfide che mettono alla prova tutti e non i singoli, si mostra lontana dal concetto “unita”, come nel caso della gestione dei flussi migratori.
E qui tutto cambia e l’Europa degli europei si trasforma o torna, o si mostra, Europa dei piccoli e dei microscopici.
Lo scontro diventa inevitabile, là dove le pluralità di politiche interne fanno l’uso strumentale della UE, per problematiche elettorali proprie, trovando nell’elemento migratorio il capro espiatorio della mancanza di una visione di una politica comune europea, sempre possibile ma di fatto irealizzabile.
Mai come in questa occasione le elezioni europee assumono un valore fondamentale per dimostrare che l’Europa degli europei c’è o che, al contrario, quella degli interessi particolari è pronta a subentrare nuovamente dopo aver dimenticato il significato del crollo di quel Muro, quello del 1989.
Ma, in questo caso, pragmaticamente analizzando, c’è la farà un’ipotetica Europa dei piccoli a sopravvivere tra Russia, Usa e… Cina o si prospetterà l’ennesimo atto di autolesionismo in salsa vecchio mondo?

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NOTA: l’articolo e l’immagine in questo post sono tratti dalla rivista Uni3Triestenews del 1 maggio 2019.

Riuscirà la cara, vecchia Europa ad affrontare il 2019?

(di Biagio Mannino)
Il 2019 si presenta come l’anno della svolta per l’Unione Europea.
Sono numerosi gli interrogativi che in molti ci poniamo in merito a quale potrà essere il futuro della UE.
In particolare i punti cruciali sono due: il compimento della Brexit e le elezioni europee nel mese di maggio.
Era il 23 giugno del 2016 quando, i cittadini del Regno Unito, con una piccola percentuale, in quel referendum divenuto poi comunemente conosciuto come “Brexit”, si espressero favorevolmente all’uscita dalla UE.
Un rapporto sempre difficile, quello degli inglesi con il resto dell’Europa ma, ad un effettivo divorzio, non ci credeva nessuno.
Forse non ci credevano neppure gli stessi proponenti di quel referendum, forse erano convinti che la minaccia di uscire dal sistema Europa Unita fosse sufficiente per ottenere, semplicemente… di più. Forse la politica era quella di avere una posizione, per così dire, privilegiata in una UE che mai è stata effettivamente europea quanto piuttosto soggetta alla Germania ed alle ambizioni francesi.
No, quella separazione non la volevano i giovani ma la volevano gli anziani, non la volevano le aree urbanizzate ma le aree agricole, non la voleva la Scozia e… alla fine, si è capito che non la voleva nessuno.
Il sistema “politica” dell’UK entra in crisi e questa aumenta più alto è il livello di mascherare quella crisi con una volontà ferrea di uscire per ottenere di più, per ottenere un accordo con l’UE non favorevole ma ottimale.
E adesso… l’accordo si rimanda poiché la paura è che lo stesso Parlamento inglese lo bocci rimettendo tutto in discussione inclusa la stessa Brexit.
E se poi si inserisse un nuovo referendum?
Si pensa che possa essere la soluzione ed accontentare tutti, dai cittadini che ormai sono tornati, o meglio, divenuti europeisti, alla politica stessa che sotto sotto, di Brexit non ne vuole proprio sentire parlare.
Ma… che fine farebbe l’English Style?
Intanto si prepara la campagna elettorale per le elezioni che rinnoveranno i componenti del Parlamento Europeo.
Un sistema complesso, quello elettorale europeo ma che, in base ai sondaggi, al momento, mostra tendenzialmente che sarà la componente sovranista a prevalere.
L’Unione Europea ha mostrato negli ultimi anni tutta la sua debolezza: da una politica litigiosissima nella gestione del problema migranti a una sproporzione di assunzione di forza e potere politico da parte della Germania trasformando, in definitiva, la UE in una sorta di struttura a somiglianza germanica.
E poi gli Stati dell’Europa di mezzo, sostanzialmente esclusi e sottoposti ad equilibrismi politico – protezionistici tra una Germania influente ed una Russia extra europea sempre più dominante nel mondo.
Nuovamente un’Europa debole nel riconoscersi in sé stessa, nel prendere decisioni per gli interessi comuni, europei.
E allora via tutto! Una visione europea anti sistema europeo portato dai movimenti sovranisti che promettono una sorta di UE che tutela gli interessi particolari senza però accorgersi, alla fine, che questa tendenza, in modo non ufficiale, già c’è.
La sfida Europea per l’Europa diviene contrapposizione per la stessa sopravvivenza della UE. Un contrasto tra una componente che vuole l’Europa Unita ma che la gestisce come se non lo fosse ed una che, al contrario, non la vuole ma non propone modelli alternativi per tentare di restare nel gioco globale dove gli altri giocatori si chiamano Cina, USA e Russia.
Passano gli anni, si celebrano i centenari, ed è sempre la stessa, la cara, vecchia Europa… ideale oggi di Trump come di Putin.

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