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“Zozò”: una bella commedia de L’Armonia.

zozòTrieste, 30 dicembre 2017.

(di Biagio Mannino)

Cosa si può dire di Zozò?
Solo una cosa: complimenti!
Complimenti per l’iniziativa volta a raccogliere fondi a favore dell’ospedale infantile Burlo Garofolo di Trieste, una delle eccellenze della città, complimenti alla compagnia teatrale “L’Armonia”, per aver allestito questa commedia e complimenti agli attori per averla interpretata in modo perfetto ed impeccabile!
In un palcoscenico prestigioso, quello del Politeama Rossetti, un semplice tavolino e due vasi di tulipani, fanno da contorno ad un dialogo tra due coppie che si conoscono a causa di un’aspra litigata tra i figli costata anche qualche dente rotto.
Formalità e tentativi di appianare le divergenze adolescenziali lasciano però, progressivamente, spazio ad un confronto tra genitori e, in seguito, anche ai problemi all’interno delle coppie, evidenziando questioni che solo sulla carta appaiono prive di grande importanza ma che poi, al contrario, si rivelano difficili da risolvere nella realtà quotidiana.
E così i genitori si confrontano fino a quando proprio i bambini risolvono da soli le divergenze.
Tutto circondato dalla presenza impercettibile di Zozò, il criceto che abbandonato al Giardino Pubblico perché divenuto fastidioso per il concetto di vita famigliare dei grandi, viene ritrovato proprio da quei piccoli che, in nome suo, superano le divergenze e divengono amici.
Una trama che, tra le risate, porta ad un analisi della nostra società ed a quelle problematiche non problematiche tipiche del mondo benestante ma che possono, in certe occasioni, trasformarsi in irrisolvibili contrapposizioni.
Il tutto recitato in dialetto triestino. Un bel dialetto, semplice, privo di espressioni gergali che sembrano divenire sempre di più necessarie per andare alla ricerca della facile risata, magari accompagnata da qualche espressione volgare.
Qui no. Domina un dialogo pulito, equilibrato, senza eccessi, senza battute o situazioni esagerate o colpi di scena clamorosi.
Una commedia bella ed assolutamente gradevole che fa uscire dal teatro lo spettatore soddisfatto di ciò che ha visto.
Risulta ben giustificato il primo premio che questa rappresentazione ha ottenuto al Festival Nazionale “La Guglia d’Oro 2017” di Aguglia.
Quattro attori, Paolo Dalfovo, Monica Parmegiani, Elena Bisel, Chino Turco, diretti da Riccardo Fortuna, hanno saputo realizzare tutto questo interpretando al meglio un’idea di Yasmina Reza.
Una delle commedie dialettali migliori di questo 2017 che suggeriscono ad altri di guardare nella direzione del teatro vero, fatto di testi, di recitazione, senza compromessi.

L’anima di Amfipoli – presentazione del libro.

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Una riflessione tra realtà e immaginazione, un’analisi di ciò che fu e di ciò che è, il mito, la verità:  un percorso che si ripete e trova somiglianze nella vita di ieri e di oggi, per tuttti, indifferentemente dalle origini e dai ruoli sociali.
Un libro, L’anima di Amfipoli, che verrà presentato mercoledì 13 dicembre alla presenza dell’autore con i commenti di Liliana Bamboschek, Biagio Mannino e con la partecipazione di Paolo Dalfovo.

Bora Musicalfest: Trieste tra storia e musica.

(di Biagio Mannino)

 

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Bora Musicalfest – 15 luglio 2017 – Castello di San Giusto – Trieste – foto BM 2017

Un Musical? Uno spettacolo estivo da vedere per passare una calda serata di luglio assieme agli amici alla ricerca di un po’ di refrigerio? Sì, tutto questo ma anche un momento di riflessione tra una risata e l’altra, una riflessione sulla tormentata storia di una città, Trieste, che merita attenzione e riconoscimento e, in modo particolare, consapevolezza.
Andato in scena ieri sera, al Castello di San Giusto, il “Bora Musicalfest”, opera scritta da Edda Vidiz, si è presentato come un evento teatrale solo apparentemente leggero e frizzante.
In realtà, come vuole la forma d’essere, l’identità triestina, sotto quell’allegria manifestata apertamente, si nasconde una reale malinconia, non mostrata e solo in parte dimenticata.
Già, solo in parte dimenticata, come la storia di Trieste e dei triestini, fatta di momenti di gloria e tristezze, di gioie e di dolori, di incroci di culture e scontri tra nazionalità, di lingue diverse e di imposizioni politiche e ideologiche.
“Chi sono gli italiani più italiani? Gli austriaci di Trieste!”. E’ questa solo una delle innumerevoli battute di quello spettacolo ma che nelle parole che le compongono c’è condensato il significato di questa città, tormentata e paradisiaca, odiata e amata in un continuo contrasto di sentirsi a lei appartenere e desiderare di scappare e non sentirne più parlare.
E così gli anni, il passare del tempo e la città che come una fisarmonica si stende e si restringe ponendola al centro del mondo e poi ignorarla completamente.
Uno scontro, di civiltà, di culture che si incontrano e si lasciano, di sentimenti propri, di gente che si cerca e che vuole orgogliosamente la propria indipendenza e pretende la solitudine per poi però desiderare la compagnia, essere lontani, da casa, per distrarsi, per non pensare, per dimenticare.
Una storia, quella di Trieste che nella sua follia diviene il carattere dei suoi cittadini sferzati e colpiti ripetutamente e poi abbracciati e convinti nuovamente a restare su quella giostra.
E così “la bora non può che incontrare Tergesteo”, come sottolineato nell’apertura dello spettacolo. Quella bora, vento impetuoso e dirompente, incostante dove alla raffica che rompe tutto segue subito la quiete poi interrotta da una raffica ancora più forte.
Sì, lo spettacolo di Edda Vidiz mi ha detto tutto ciò e mentre ero lì, guardando le scene, sentivo le persone ridere e divertirsi ma era quell’allegria “triestina”…
Solo la musica di un pianoforte, alcune immagini proiettate su uno schermo e la capacità degli attori: tutto ciò ha reso questo Musical completo nella sua semplicità, immediato ed intuitivo ma, contemporaneamente, profondo nei significati.
Forse una coincidenza, forse uno scherzo meteorologico, forse il fatto di essere stata messa in discussione, allo spettacolo era presente anche la bora che, insolita nel mese di luglio, più che rinfrescare, raffreddava i presenti in quel tipico incontro contrastante.
Andrea Binetti, Marzia Postogna, Myriam Cosotti, Julian Sgherla, Leonardo Zannier, Alessandro Colombo e Corrado Gulin al pianoforte hanno saputo brillantemente portare al pubblico quello che il pubblico si aspettava in un contesto di svago estivo.
Forse questo Musical richiederebbe una sede differente agli ampi spazzi del Castello di San Giusto.
Infatti quei significativi contenuti potrebbero meglio essere apprezzati se recitati in ambienti più piccoli, intimi, in uno dei caffè triestini dove l’unione tra il contesto ed il testo garantirebbero una valorizzazione maggiore.
Una lode va poi in particolare indirizzata per la scelta di un testo in sloveno, lingua che appartiene alla cultura della città e simbolica per l’estrema eterogeneità di Trieste.
Inoltre aver inserito la commovente canzone “Gorizia, tu sei maledetta” ha dato quel tocco in più che mi ha fatto apprezzare il contenuto dell’opera teatrale di Edda Vidiz ed ha permesso di dedicare un ricordo ad una città dimenticata e trascurata.
Un Musical allegro e malinconico, di svago e di riflessione in un momento, quello contemporaneo dove la città incomincia timidamente a riconoscersi e a prendere oltre che consapevolezza anche fiducia in sé stessa. Spettacoli come questo aiutano sicuramente.