L’Europa dei muri: da Calais a Trieste.

(di Biagio Mannino)

 

art2jpgMuri, fili spinati, barriere tecniche… sono solo alcuni dei nomi con cui oggi l’Europa si illude di difendere sé stessa e, al contrario, si divide sempre di più fino alla sua negazione.
Storia di un continente che da sempre è vissuto nella contrapposizione, nella ricerca della divisione e nel mantenimento delle proprie piccole particolarità arrivando paradossalmente a negare quelle radici giudaico cristiane che rappresentano la sua identità comune.
Il continente dei contrasti se pensiamo che l’identificarsi nella cristianità emerge, a seconda dei momenti, per distinguersi, per separarsi  da un altro mondo, quello islamico, interpretato come pericoloso per l’identità europea.
Ma questa nasce e decade a seconda dei momenti più o meno favorevoli al concetto stesso di Europa.
Europa unita o Europa Unita? Una bella distinzione, poiché la prima è quella dei popoli mentre la seconda è quella dei Governi.
Ed è qui che l’opporsi si fa scontro tra  interessi economici, finanziari, politici e visioni forse ormai di sognatori che immaginano un popolo europeo estremamente eterogeneo e rispettoso dell’altro, ricco di cultura perché plurale, capace di vedere perché esperto di vicende dolorose.
Invece no: il fantasma del muro di Berlino è lì che trascina i suoi rumorosi e cupi fili spinati e ulula attraverso politici poco illuminati di essere ricostruito. Non in Germania però, ma ai confini della nuova vecchia  Europa: in Ungheria, in Slovenia, in Austria…
E’ piena di muri l’Europa  e altri ne sorgeranno, come a Calais, dove una struttura di un chilometro, alta quattro metri, dovrebbe difendere l’ormai ex componente dell’Unione Europea, dai flussi migratori di gente che prima di arrivare sin alle porte della Gran Bretagna, ha incontrato muri rappresentati da confini, mari, montagne, trafficanti di uomini, pietà televisiva, concreta avversione.
Una realtà strana quella dei muri, che divide,che crea idee e visioni diverse, stili di vita migliori o peggiori a seconda dei punti di vista del leader del momento.
Strano mondo quello dei muri, che preoccupa e fa tranquillizzare e che diventa curiosità turistica, come il muro di Trieste, in quel bagno,alla Lanterna, sempre più famoso per quella divisione,   dove le donne da una parte e gli uomini dall’altra sono fieri di essere separati, di essere portatori di un simbolo della vecchia Europa. Inconsapevoli di rappresentare sempre di più quella nuova.

 

NOTA: questo articolo è stato già pubblicato su Uni3triestenews, anno III ottobre 2016.

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Gli Stati Uniti dal passato verso il… passato remoto.

(di Biagio Mannino)

 

Sono ormai conclusi gli otto anni del doppio mandato di Obama.
Un nuovo messaggio fu inviato al mondo quando, nel 2008, Obama fu eletto Presidente degli Stati Uniti, e il mondo tutto lo accolse con molto interesse e grandi aspettative.
Un afroamericano era alla guida del Grande Paese, dando un taglio netto all’esperienza  precedente rappresentata da George Bush, esperienza caratterizzata dagli avvenimenti del 11 settembre e soprattutto dalla guerra in Iraq.
Uno sforzo militare  enorme e dispendioso, in quegli anni, che di fatto portarono gli Stati Uniti alla crisi economica e finanziaria del 2008, una crisi che si  estese a macchia d’olio in tutto il mondo.
L’elezione di Obama rappresentava la speranza che la fine  della guerra in Irak potesse dare inizio ad una nuova era e  ponesse i popoli, in una collaborazione di pace  combattendo uniti la grande crisi economica e finanziaria  che si era creata. Nonostante l’intenso lavoro intrapreso i risultati desiderati non si ottennero.
A otto anni di distanza il mondo si trova al punto di partenza: le guerre non sono affatto concluse  e ad esse si sono aggiunte ulteriori forme di belligeranza costituite dal  terrorismo. Terrorismo che ormai colpisce ovunque nel mondo in particolare nel Medio  Oriente.
Anche l’Europa sta diventando un  terreno  vittima di queste orribili azioni.
E’ sufficiente ricordare gli ultimi atti terroristici avvenuti in Europa.  La situazione globale appare sempre più destabilizzata.
Quella crisi economica e finanziaria non sembra affatto risolta  e il Nobel dato “alle intenzioni” ad Obama si è dimostrato, oltre che prematuro, molto discutibile.
Otto anni sono passati, come detto gli Stati Uniti oggi vedono in Obama non più la figura che allora avrebbe dovuto rappresentare un grande cambiamento, un grande rinnovamento. In realtà si è rivelato un traghettatore, il Caronte di quella che fu l’America dell’unilateralismo, l’America forte, l’America centro del mondo, verso quella che invece è,  una delle tante potenze, non più in grado di imporsi da sola nelle scelte geopolitiche.
Obama il traghettatore, tra il passato e il futuro, ma quel futuro appare oggi come un passato remoto.
Le elezioni presidenziali 2016 sono ormai alle porte e il secondo martedì del mese di novembre vedrà l’epilogo di un percorso iniziato  in gennaio.
Il sistema elettorale statunitense prevede un iter estremamente lungo che inizia con le elezioni primarie, per poi concludersi con quelle che sono le elezioni ufficiali del Presidente degli Stati Uniti.
Le elezioni primarie servono esclusivamente a determinare chi sarà il candidato ufficiale di ciascuno dei due partiti.
Per quanto riguarda il Partito Repubblicano,   la scelta è andata sul miliardario Donald Trump, una figura  controversa e molto discussa che, ad ogni modo, pur non piacendo ai vertici del partito, è assolutamente gradito dalla base, che l’ha fortemente voluto come candidato dei repubblicani.
Il Partito Democratico, al suo interno, ha visto una competizione sicuramente più accesa, più aspra, e fortemente  intensa.
Le due figure contrapposte erano Hillary Clinton e Bernie Sanders.
Hillary Clinton è prevalsa, nonostante l’avversario avesse delle idee, decisamente più moderne, ispirate   al sistema socialdemocratico europeo e certamente gradite al target dei giovani  elettori americani.
L’effetto novità di Hillary Clinton è rappresentato esclusivamente dal fatto di essere la prima donna candidata alla presidenza degli Stati Uniti.
In realtà è presente sulla scena politica americana da quasi trent’anni quando, nel 1992, diveniva First Lady in occasione dell’elezione a Presidente del marito Bill Clinton.
Una carriera, non sempre limpida e neppure caratterizzata da evidenti e importanti successi, la pone, oggi più che mai, in un rapporto di amore e odio persino da parte dei suoi più fedeli elettori e sostenitori.
Non solo, le vicende ormai storiche delle due Presidenze Clinton sono ricche  di luci ma anche di ombre e videro molto spesso la moglie provvedere agli errori e agli scandali pacchiani del marito.
Donald Trump rappresenta quanto più di estremo e retrogrado possa offrire il Partito Repubblicano.
Una visione politica accentratrice che vorrebbe porre gli stati Uniti in quella posizione del recente passato senza tener conto che il mondo è cambiato.
L’uomo forte che concepisce il possesso delle armi come un inalienabile diritto del cittadino americano.
L’uomo forte che difende il proprio Stato dall’arrivo di tanti uomini deboli, proponendo di  costruire muri in casa d’altri.
L’America inizia quel percorso elettorale spettacolare, uno show che in ogni caso, la porterà, dopo l’ubriacatura mediatica, a ritrovarsi davanti allo specchio ed accorgersi che dovrà ripartire da zero.

 

NOTA: l’immagine in questo post è stata tratta dal sito www. lostivalepensatore. it.