(di Biagio Mannino)
Sono ormai conclusi gli otto anni del doppio mandato di Obama.
Un nuovo messaggio fu inviato al mondo quando, nel 2008, Obama fu eletto Presidente degli Stati Uniti, e il mondo tutto lo accolse con molto interesse e grandi aspettative.
Un afroamericano era alla guida del Grande Paese, dando un taglio netto all’esperienza precedente rappresentata da George Bush, esperienza caratterizzata dagli avvenimenti del 11 settembre e soprattutto dalla guerra in Iraq.
Uno sforzo militare enorme e dispendioso, in quegli anni, che di fatto portarono gli Stati Uniti alla crisi economica e finanziaria del 2008, una crisi che si estese a macchia d’olio in tutto il mondo.
L’elezione di Obama rappresentava la speranza che la fine della guerra in Irak potesse dare inizio ad una nuova era e ponesse i popoli, in una collaborazione di pace combattendo uniti la grande crisi economica e finanziaria che si era creata. Nonostante l’intenso lavoro intrapreso i risultati desiderati non si ottennero.
A otto anni di distanza il mondo si trova al punto di partenza: le guerre non sono affatto concluse e ad esse si sono aggiunte ulteriori forme di belligeranza costituite dal terrorismo. Terrorismo che ormai colpisce ovunque nel mondo in particolare nel Medio Oriente.
Anche l’Europa sta diventando un terreno vittima di queste orribili azioni.
E’ sufficiente ricordare gli ultimi atti terroristici avvenuti in Europa. La situazione globale appare sempre più destabilizzata.
Quella crisi economica e finanziaria non sembra affatto risolta e il Nobel dato “alle intenzioni” ad Obama si è dimostrato, oltre che prematuro, molto discutibile.
Otto anni sono passati, come detto gli Stati Uniti oggi vedono in Obama non più la figura che allora avrebbe dovuto rappresentare un grande cambiamento, un grande rinnovamento. In realtà si è rivelato un traghettatore, il Caronte di quella che fu l’America dell’unilateralismo, l’America forte, l’America centro del mondo, verso quella che invece è, una delle tante potenze, non più in grado di imporsi da sola nelle scelte geopolitiche.
Obama il traghettatore, tra il passato e il futuro, ma quel futuro appare oggi come un passato remoto.
Le elezioni presidenziali 2016 sono ormai alle porte e il secondo martedì del mese di novembre vedrà l’epilogo di un percorso iniziato in gennaio.
Il sistema elettorale statunitense prevede un iter estremamente lungo che inizia con le elezioni primarie, per poi concludersi con quelle che sono le elezioni ufficiali del Presidente degli Stati Uniti.
Le elezioni primarie servono esclusivamente a determinare chi sarà il candidato ufficiale di ciascuno dei due partiti.
Per quanto riguarda il Partito Repubblicano, la scelta è andata sul miliardario Donald Trump, una figura controversa e molto discussa che, ad ogni modo, pur non piacendo ai vertici del partito, è assolutamente gradito dalla base, che l’ha fortemente voluto come candidato dei repubblicani.
Il Partito Democratico, al suo interno, ha visto una competizione sicuramente più accesa, più aspra, e fortemente intensa.
Le due figure contrapposte erano Hillary Clinton e Bernie Sanders.
Hillary Clinton è prevalsa, nonostante l’avversario avesse delle idee, decisamente più moderne, ispirate al sistema socialdemocratico europeo e certamente gradite al target dei giovani elettori americani.
L’effetto novità di Hillary Clinton è rappresentato esclusivamente dal fatto di essere la prima donna candidata alla presidenza degli Stati Uniti.
In realtà è presente sulla scena politica americana da quasi trent’anni quando, nel 1992, diveniva First Lady in occasione dell’elezione a Presidente del marito Bill Clinton.
Una carriera, non sempre limpida e neppure caratterizzata da evidenti e importanti successi, la pone, oggi più che mai, in un rapporto di amore e odio persino da parte dei suoi più fedeli elettori e sostenitori.
Non solo, le vicende ormai storiche delle due Presidenze Clinton sono ricche di luci ma anche di ombre e videro molto spesso la moglie provvedere agli errori e agli scandali pacchiani del marito.
Donald Trump rappresenta quanto più di estremo e retrogrado possa offrire il Partito Repubblicano.
Una visione politica accentratrice che vorrebbe porre gli stati Uniti in quella posizione del recente passato senza tener conto che il mondo è cambiato.
L’uomo forte che concepisce il possesso delle armi come un inalienabile diritto del cittadino americano.
L’uomo forte che difende il proprio Stato dall’arrivo di tanti uomini deboli, proponendo di costruire muri in casa d’altri.
L’America inizia quel percorso elettorale spettacolare, uno show che in ogni caso, la porterà, dopo l’ubriacatura mediatica, a ritrovarsi davanti allo specchio ed accorgersi che dovrà ripartire da zero.
NOTA: l’immagine in questo post è stata tratta dal sito www. lostivalepensatore. it.