Grande successo per la mostra “Nel mare dell’intimità”.

cs n.6Si è conclusa l’importante mostra “Nel mare dell’intimità” tenuta a Trieste presso il Salone degli Incanti.

Lo staff organizzativo ha fornito il seguente comunicato stampa:

COMUNICATO STAMPA | BILANCIO

NUMERI DA RECORD
PER LA MOSTRA “NEL MARE DELL’INTIMITÀ. L’ARCHEOLOGIA SUBACQUEA RACCONTA L’ADRIATICO”
CHE CHIUDE CON 23.856 VISITATORI

Risultati estremamente positivi in termini di presenze per la mostra Nel mare dell’Intimità. L’archeologia subacquea racconta l’Adriatico, dedicata alla memoria di Pedrag Matvejevic e allestita al Salone degli Incanti di Trieste che si è chiusa martedì 1° maggio registrando 23.856 visitatori in quattro mesi e mezzo di apertura, con una media giornaliera di quasi 200 persone. Il progetto ha peraltro avuto un nuovo e importante riconoscimento da parte del Mibact che ha inserito l’iniziativa nel programma ufficiale “2018. Anno europeo del patrimonio culturale”.

L’esposizione è stata curata da Rita Auriemma, Direttore del Servizio catalogazione, formazione e ricerca dell’ERPAC – Ente Regionale per il Patrimonio Culturale della Regione Friuli Venezia Giulia che l’ha promossa e organizzata insieme al Comune di Trieste – Assessorato alla Cultura e in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia, il Polo Museale del Friuli Venezia Giulia, la Federazione Archeologi Subacquei, il Croatian Conservation Institute, l’International Centre for Underwater Archaeology e numerosi altri partner italiani e stranieri.

I NUMERI

Poco più della metà dei visitatori sono triestini. Oltre al dato aggregato è interessante notare la significativa incidenza dei visitatori provenienti da fuori Trieste (il 23% del totale) e dall’estero (il 12,5 %). Natale, Capodanno e le altre festività nazionali, durante le quali la mostra era sempre aperta, hanno registrato picchi di ingressi con una significativa presenza di “non triestini” a testimonianza dell’attrattività turistico-culturale della Città. Le provenienze più significative in termini di numeri sono state quelle da Slovenia, Croazia, Austria, Germania, Francia, Inghilterra, ma anche Stati Uniti. I dati del solo mese di aprile, che ha totalizzato 7.633 visitatori (dei quali 1353 nella giornata di chiusura), danno la misura delle potenzialità di una mostra come questa nei mesi primaverili ed estivi.

COMMENTI A CALDO

La curatrice Rita Auriemma ha definito la mostra le mille e una notte dell’Adriatico. Sono proprio le tante storie di uomini e donne che hanno guardato l’Adriatico da una riva o dal ponte di una nave, che lo hanno invocato per placarne le furie o su di esso si sono avventurati alla ricerca di imprese e fortuna ad aver affascinato i visitatori.

Rita Auriemma, curatrice: “La cosa che ci ha più sorpreso è stata la fantastica risposta del pubblico, non solo in termini di presenze, ma soprattutto di forte coinvolgimento emozionale. Intorno alla mostra si è creata una vera e propria comunità, non solo scientifica, ma anche di cittadini. Sono tantissime le persone che ci hanno inviato proposte, suggerimenti, messaggi e attestazioni commosse di ringraziamento. Abbiamo riscontrato che le storie sottese al migliaio di reperti provenienti da Italia, Croazia, Slovenia e Montenegro hanno sorpreso, colpito e affascinato un pubblico trasversale di adulti, ma anche di ragazzi. Devo sottolineare anche l’ottima interazione che ha visto lavorare insieme istituzioni pubbliche e private; sono state coinvolte, infatti, anche realtà commerciali quali il centro commerciale Tiare, Eataly e Coop Nordest che hanno sostenuto la promozione della mostra e, nel caso di Eataly, collaborato alla realizzazione di eventi di successo. Dobbiamo un ringraziamento particolare ai colleghi, referenti scientifici delle istituzioni che hanno collaborato al progetto, facendone un concerto di voci e una vera impresa corale; senza le loro proposte, il loro fattivo spirito di cooperazione, la loro generosa disponibilità, la mostra non sarebbe stata possibile”

Gianni Torrenti, Assessore alla Cultura della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia: “Siamo lieti dei risultati e dell’apprezzamento che la mostra ha registrato sia in termini quantitativi che qualitativi, soprattutto perchè, come abbiamo sottolineato fin dall’inizio, non si è trattato di una semplice esposizione, ma un vero e proprio progetto di ricerca dal respiro europeo. Base di partenza per la costituzione e il rafforzamento di stabili relazioni con numerosissime Istituzioni nazionali e internazionali, questo progetto testimonia l’importanza della “rete” nella realizzazione di progetti di ampio respiro che lascino un segno nei cittadini, come è accaduto per “Nel mare dell’intimità”. Un progetto destinato a pubblici differenziati e multilivello, il cui percorso poteva essere guidato o costruito dal visitatore, a sua misura. Un plauso va anche al lavoro scientifico del catalogo, che resta a disposizione di ricercatori e appassionati. Un progetto sostenuto fin dall’inizio insieme all’Assessore Giorgio Rossi del Comune di Trieste. La speranza è che si possa continuare in questa direzione, confindando in una continutà di rapporti e sinergia tra l’ente regionale ERPAC, con tutte le sue professionalità, e il Comune di Trieste che si è rivelata estremamente proficua”.

Giorgio Rossi, Assessore alla Cultura del Comune di Trieste: “Quando scegli il titolo di una mostra, hai sempre il dubbio che il messaggio che proponi arrivi veramente e intensamente al cuore delle persone. Una mostra, una raccolta di reperti che riprendono momenti di cadute, di tragedie, di abbandoni, di storie che sembrano irrimediabilmente finite, ti può riportare a quella che è la più grande risorsa di ogni essere umano: risollevarsi, ripartire, cercare nuove strade e nuove rotte e far si che questi pensieri ti portino a innovarti e a spingerti oltre i tuoi limiti, le tue possibilità. A ritrovare quel rapporto “intimo” che ognuno di noi cerca in se stesso e negli altri. Il Salone degli Incanti e la mostra, che non posso non chiamare “la mostra di Rita Auriemma”, ci hanno offerto queste sensazioni, come in un miracolo di nuove prospettive. La mostra non è stata solo un avvenimento culturale ma un’esperienza umana per tutti quelli che con spirito e cuore l’hanno ideata, sostenuta e offerta agli altri. È bastata un’ora, un minuto, forse un attimo di condivisione per far si che lo spirito che aleggiava all’interno del Salone, si trasformasse in un rapporto di “amorosi sensi”. Grazie a tutti, dai popoli dell’Adriatico che hanno solcato i mari e percorso le linee di costa, dai figli dei marinai e dei pescatori, da quelli che nel mare sono scomparsi assieme alle navi, alle anfore e ai loro ricordi, che questa mostra ha fatto risorgere a vita nuova”.

 

LA COMMUNITY ON LINE E IL FAVORE DEGLI ORGANI DI STAMPA NAZIONALI E INTERNAZIONALI

Una vera e propria community quella che ha trovato casa e dialogo anche sulla pagina Facebook della mostra. Uno spazio che gli organizzatori hanno voluto fin dal principio connotare come canale di informazione e aggiornamento “live”, oltre che di racconto. Un vero e proprio storytelling che non intendeva semplicemente replicare i contenuti scientifici del catalogo, ma regalare a tutti la possibilità di entrare nella mostra attraverso le tante storie nascoste dietro ai reperti con un linguaggio accessibile. Il pubblico ha capito questa intenzione, si è riconosciuto e ha risposto interagendo, commentando, facendosi ambasciatore e promotore della mostra con amici e conoscenti. Questo ha consentito di ampliare moltissimo la platea di persone che hanno avuto modo di scoprire la mostra, prima che altrove, sulla rete.

La mostra ha riscosso il favore anche della stampa nazionale e internazionale che le ha riservato numerosi e approfonditi servizi; tra tutti spiccano le recensioni de La Stampa, Il Manifesto, il Domenicale de Il Sole24Ore, La Lettura, La Repubblica, Storica del National Geographic e oltre confine del Kleine Zeitung, e di alcune testate montenegrine. Numerosi gli speciali televisivi da quelli della RAI, della slovena RTV, della croata HRT e di quella austriaca ORF.

ATTIVITÀ ED EVENTI COLLATERALI

Grande successo e partecipazione anche per il cartellone degli eventi collaterali ideati e organizzati con il supporto della Cooperativa Bonawentura – Teatro Miela. Da dicembre sono stati quasi trenta gli appuntamenti che hanno coinvolto quasi 2.300 persone. Conferenze, spettacoli teatrali, docu-film, tra i quali l’anteprima realizzata in collaborazione con la sede RAI del Fvg del documentario “Trincee dal mare” di Luigi Zannini e Pietro Spirito o ancora la doppia proiezione di Uskok, il documentario di Cesare Bornazzini sugli Uscocchi.

La mostra, per sua natura, si è prestata a essere il cuore di attività didattiche dedicate alle scuole, ai bambini più piccoli oltre alle visite guidate per il pubblico e per i gruppi organizzati. Queste attività, a cura dell’Immaginario Scientifico di Trieste, hanno coinvolto 2.571 persone, con 45 visite al pubblico, 25 visite per gruppi e 23 classi tra superiori, medie e primarie che hanno seguito i percorsi didattici offerti. Due le serate speciali dedicate esclusivamente ai bambini che hanno visto l’apertura “serale” del Salone degli Incanti che hanno registrato il sold out.

Tra i progetti meritevoli di essere ricordati c’è quello che ha coinvolto una classe di studenti del liceo Petrarca di Trieste in alternanza scuola-lavoro e i loro insegnanti. Il progetto formativo li ha portati ad addentrarsi nei contenuti della mostra, a viverne il dietro le quinte, cimentandosi poi con l’apprendimento di tecniche di accoglienza e public speaking, per stimolare efficaci modalità di comunicazione col pubblico. Un percorso che li ha portati per un weekend ad accogliere il pubblico e a guidarlo alla scoperta dei reperti e che li ha visti uscirne arricchiti, motivati ed entustiasti.

UNA MOSTRA OLTRE ALLA MOSTRA

Una mostra pensata per sopravvivere a se stessa, a partire da alcuni elementi dell’allestimento: ad esempio alcuni elementi dell’allestimento troveranno nuova collocazione al Museo del Mare di Trieste, oppure la ricostruzione della sezione trasversale della Iulia Felix, realizzata in occasione della mostra, che il Polo Museale del Fvg sta provvedendo a trasferire a Grado nel costituendo Museo nazionale dell’archeologia subacquea, insieme ai resti organici, al carico di anfore, alla dotazione di bordo e alle migliaia di frammenti di vetro nel frattempo studiati, catalogati e riordinati a cura dell’ERPAC. Oppure il Navarca, che ha ritrovato il suo splendore grazie a un importante intervento di restauro, finanziato dall’ERPAC, prima di essere esposto a Trieste e che ora ritornerà ad occupare il suo posto al Museo archeologico nazionale di Aquileia. Tutto questo si iscrive nell’ambito dell’accordo di collaborazione sottoscritto dall’ERPAC con il Polo museale regionale e nel più ampio disegno che vede l’ERPAC affiancare le istituzioni museali della regione nel percorso disegnato dalla LR 23/2015, per la loro riqualificazione, l’adozione degli standard di qualità e l’attivazione del Sistema museale regionale.

La mostra, inoltre, è stata il centro di incontri che hanno permesso di consolidare una rete di istituzioni scientifiche, Università, centri di ricerca e di studiosi. Un’unione che sta avviando candidature condivise all’interno di programmi europei transfrontalieri: una proposta progettuale, che vede coinvolto l’ERPAC, per la valorizzazione patrimonio naturalistico, storico e archeologico delle aree costiere dell’Adriatico; un progetto che vede una partnership tra ERPAC, musei montenegrini e altre realtà, per la mappatura dei giacimenti sommersi e la loro valorizzazione, sia in situ che virtuale; un nuovo progetto espositivo con Corfù e infine un altro progetto europeo che sta nascendo con la Romania per la conoscenza e la fruizione del patrimonio sommerso del Mar Nero, altro mare “intimo”.

Resta inoltre un importante lavoro scientifico raccolto nelle oltre trecento pagine del catalogo della mostra che continuerà a essere disponibile in edizione in lingua italiana e in edizione in lingua inglese sul sito di Gangemi Editore e in tutte le librerie e i rivenditori on-line, sia in versione cartacea che e-book.

 

LA MOSTRA PROSEGUE IN PUGLIA CON UNO SGUARDO AL BASSO ADRIATICO

Le belle storie finiscono sempre con un lieto fine: è il caso anche di questa iniziativa che proprio in virtù dei valori sottesi e della sue capacità divulgative ha spinto l’Assessore alla Cultura della Regione Puglia, Loredana Capone, a chiedere il trasferimento di parte dell’esposizione a Brindisi con uno sguardo privilegiato sul basso Adriatico.

A memoria dell’esposizione resta, infine, il lavoro di Diego Cenetiempo, un film di venti minuti che la racconta attraverso le interviste a Rita Auriemma, Pietro Spirito, Giovanni Andrea Panizon e Giuliano Volpe. Il filmato, diviso in 4 capitoli (L’Adriatico, Il percorso espositivo, Un progetto di ricerca, il fondo del mare) è visibile a tutti su Vimeo, sul sito de Il Piccolo e su http://www.nelmaredellintimita.it e ha già registrato migliaia di visualizzazioni.

 

Trieste, 4 maggio 2018cs n.5

Un pianeta chiamato India.

laila wadia
Laila Wadia

(di Biagio Mannino)

“In India, non si sposa l’uomo che si ama ma si ama l’uomo che si sposa”. Con queste parole, Laila Wadia, riassume una realtà, un intricato immenso insieme, una società dalle infinite caratteristiche che, assieme ad un’umanità variegata e così molteplice, rende impossibile il solo tentativo di riuscire a comprenderla, neppure in minima parte. Quel pianeta si chiama India.
Laila Wadia è docente presso la Scuola Interpreti di Trieste e presso la Facoltà di Scienze Matematiche dell’Università degli studi di Trieste.
Vive ormai in Italia da quasi trenta anni ma i legami con la sua terra di origine, l’India, non si sono mai interrotti.
Infatti si definisce una sorta di “pendolare” tra Trieste e Bombay tornandovi almeno cinque volte ogni anno.
Laila Wadia, oltre ad essere una attenta osservatrice delle cose, di come va il mondo, esprime pienamente le sue esperienze scrivendo libri e, in questa occasione, parla del suo ultimo libro “Algoritmi indiani”.
E’ veramente una cosa piacevole conversare con Laila Wadia e, come ormai vuole la mia piccola tradizione personale, la intervisto in un caffè cittadino.
Una giornata che unisce quelle imprevedibili estrosità del tempo primaverile e, così, avviandomi verso il luogo deciso, vengo colto da un temporale intenso, mentre, all’orizzonte, già si vedono i chiarori del cielo sereno.
Chissà, un segno che invita proprio a parlare di India? Di quell’India che tanto ho studiato sui libri ma che non ho mai visto personalmente?
Troppa confusione, troppo rumore, troppa gente in quel caffè. Troviamo un posto e il vociare si unisce al suono delle tazzine che sbattono nei lavandini mentre i turisti si spostano entrando ed uscendo dal locale.
Penso “Qui non va bene. Non sentirò nulla”.
E subito quella scena, quasi teatrale, del locale, affollato, porta la mia immaginazione a quell’India che attendo mi venga descritta da un’indiana, a quell’India di cui porto un’immagine forse stereotipata, di quell’India che lascia spazio, per sua natura, alla fantasia.
L’India è un Paese di più di un miliardo di abitanti e, si stima, possa superare il miliardo e settecento milioni nel 2050.
Un’umanità strabiliante non solo numericamente ma anche perché concentrata in un territorio relativamente piccolo.
Mi spiega Laila Wadia “L’idea d’intitolare il libro usando il termine Algoritmi deriva proprio dal fatto che, per comprendere l’India, sarebbe necessaria una formula matematica vista la grande quantità di variabili presenti”.
Diventa molto difficile comprendere quando, oltre all’ampio numero di abitanti, si uniscono infinite lingue, usi, costumi. L’India dei colori, dei profumi e degli odori intensi, dei contrasti accesi, dei suoni, della musica e dei rumori, dove la religione, anzi, le religioni si uniscono strettamente con la quotidianità. Dove all’organizzazione convive la confusione, dove la ricchezza esagerata incontra la più drammatica miseria, dove al senso pacifico di un popolo plurale si scontrano dure vicende di violenza, dove alla tecnologia all’avanguardia si contrappone il ruolo della donna ancora alla ricerca di una vera e reale emancipazione e dove, in qualsiasi circostanza, non manca mai il sorriso sui volti anche dei più sofferenti, dove semplicemente la vita e la morte convivono in apparente serenità.
Sì, è difficile per un occidentale in generale e per un europeo in particolare, poter comprendere ma, mi dice Laila Wadia “No, non si può comprendere, o meglio, si può comprendere che, alla fine, l’India è una realtà plurale ed accettarla per quello che è”.
Un insieme quindi dove progresso e tradizione convivono non senza difficoltà, in una società che vuole la conquista dello Spazio e che, contemporaneamente, combina il 90% dei matrimoni.
La città di Bombay conta ben sedici milioni di abitanti ma, a questi, se ne aggiungono altri sei. Sei milioni di persone che non risultano ufficialmente di cui quattro vivono per la strada, dove le prospettive si riducono al giorno dopo.
Eppure Bombay è la città del miraggio, del sogno, della speranza che ben interpreta la più florida industria della città: Bollywwod.
Il luogo dove i sogni si interpretano e che la cinematografia permette a tutti di vedere e, appunto, consente lorodi sognare.
Ma qualche cosa è cambiata: anche il dorato e musicale mondo del cinema indiano incomincia a guardare agli aspetti sociali di un contesto in ogni caso difficile. Incomincia una forma di particolare attenzione finalizzata a far sì che si prenda una concreta visione che le problematiche devono essere in qualche modo affrontate.
E così fa la politica che vede, in questo momento, il Partito Induista al vertice.
Nazionalismo e religioneUn partito di destra che concepisce la società in modo nazionalistico per quanto, in India, diviene difficile, anche in questo caso, comprendere cosa sia il concetto “nazionalistico”.
Un partito che adotta l’intenzione concreta di provvedere anche a quelle esigenze di base, che tendiamo a dare per scontate, come la presenza in tutte le case dei servizi igienici.
Ma là dove vive un miliardo di persone i problemi sono altri e talmente tanti e tutto assume un significato diverso.
Pensa a miglioramento delle condizioni base del popolo e, contemporaneamente, il Partito Induista intraprende percorsi legati proprio a quella tradizione che non manca in nessuna occasione.
Infatti c’è la volontà di imporre la dieta vegetariana ma, anche in questo caso, creando problemi proprio dove questi non mancano.
Il conflitto mai pienamente risolto e sempre pronto a riaffiorare con la componente islamica indiana, altera ed esaspera situazioni sempre esplosive.
E così la cronaca dove alla violenza nei confronti di ragazze corrisponde una piena incapacità di trovare, o voler trovare i colpevoli.
Una società intensa quella indiana che mostra un livello elevatissimo nel campo della ricerca tecnologica e dell’informatica ma dove sono in molti a viaggiare sui tetti dei vagoni perché dentro non ci sono i posti.
Il tutto con la presenza della complessa religione, o meglio, religiosità degli indiani, dove vita e regola, dove vita e credenza, divengono un tutt’uno.
Un Paese, l’India, che mostra come i numeri siano elemento di forza ma anche di limitazione quando, nell’ambito della cultura, scrittori ed artisti, sono famosi in certe aree e sconosciuti in altre ma sempre capace di accogliere anche i più disperati.
Mi racconta Laila Wadia “In India si dice che dove si mangia in due si può mangiare anche in tre”.
Diviene questo un motivo che ci porta a vedere come, in una realtà già estremamente ed intensamente affollata, vengano accolti venti milioni di profughi.
L’India nuovamente diviene plurale: un esempio, una scuola di vicende, di fatti, di culture che si incontrano e che si scontrano, un luogo dalla storia millenaria ed ancora più antica di quella europea. L’India racchiude il passato ed il futuro nel presente, nella contemporaneità di una società ormai globalizzata seppure nelle proprie caratteristiche o nell’illusione che queste esistano ancora.
Non manca nulla dalla conversazione con Laila Wadia e quel fascino rappresentato dall’India che già avevo avvertito precedentemente, aumenta e diviene una vera e propria curiosità, un’esigenza di vedere come si interpreti diversamente un po’ tutto, sostanzialmente, la vita.

Algoritmi COVER JPEG

 

NOTA: si ringrazia Laila Wadia per aver fornito le immagini per questo post.