La lettera al blog: “Caro Blogger, sono furiosa!”.

Lettere al blog: “Caro Blogger, sono furiosa!”.

(di Roberta Canziani)

Caro Blogger,..
sono furiosa! Ho appena sentito le notizie al radiogiornale (non posseggo la tv)  e sono rimasta allibita a sentire che questo governo vuole proseguire sulla per me assurda politica dei bonus…assurda perché ne viene favorito non chi ne ha bisogno ma chi è più informato e tecnologizzato (esempi concreti? Due signore paghe ma bonus per le bici. Due forse non tanto signore paghe ma comunque due paghe e bonus per le vacanze)
 Mi riferisco al bonus per chi comprerà con carta di credito (ma il bancomat non basta?) vendendoci per altro questo provvedimento come lotta all’evasione e non come un totale asservimento al mondo bancario. Parliamo di acquisti natalizi che solitamente si effettuano nei grandi magazzini o negozi nei quali dunque lo scontrino fino ad ora a cosa serviva?

E poi l’altro bonus…per l’acquisti della tv poiché dal prossimo anno, se ho capito, cambiando lo standard di trasmissione potrebbe essere che gli apparecchi attuali non funzionino più! Ma che bisogno c’è di cambiare continuamente le cose, di produrre tecnologia che diventa obsoleta dopo pochissimo tempo, che ci rende faticoso lo stare al passo con tutte le diavolerie nuove e che, per altro, crea poi un enorme quantità di rifiuti neanche tanto biodegradabili…mi sa che sia per mantenere in vita questo sistema capitalistico/consumistico che mostra le sue crepe ogni giorno (ora più che mai con i disastri provocati dai tagli alla sanità pubblica)…ma contro il quale, almeno io, ormai mi sento impotente…perché anche se non vuoi,  ti tocca conformarti (beh dai, per adesso resisto). E del resto oltre a questo sfogo non offro idee e proposte…
Cordialmente.

Roberta Canziani

NOTA: l’immagine in questo post è opera di Biagio Mannino.

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La lettera al blog: “Tra abbigliamento e valori”.

La lettera al blog: “Tra abbigliamento e valori”.

(de Il Grillo Scrivente)

L’abito non fa il monaco”, recita un vecchio proverbio. E certamente non è giusto giudicare una persona solo dal suo abbigliamento. Si può essere un tipo molto elegante e un giorno aver voglia di vestirsi comodo e sportivo. Può capitare di uscire di casa e solo dopo parecchio tempo scoprire di avere una macchia sulla maglia, sui pantaloni, sulla gonna, della quale proprio non ci si era accorti! Oppure scoprire un piccolo buco sul maglione, e chiedersi come sia stato possibile non vederlo prima di indossarlo! Quante volte, poi, capita alle donne di accorgersi di avere i collant rotti o con le smagliature. Certo tutto questo non fa di noi delle persone trasandate! Ma c’è una cosa che proprio non può mancare, nel nostro modo di vestire: il rispetto del luogo dove andiamo.

Ogni luogo o circostanza richiede il suo abbigliamento: nessuno va a correre in tubino o in giacca e cravatta; nessuno nuota vestito. Quello che invece sta andando a perdersi, ahimè da troppi anni, è l’adeguare l’abito alle circostanze ufficiali, ai luoghi eleganti, e agli eventi caratterizzati da una certa importanza: una volta, per esempio, si andava a teatro vestiti in modo raffinato, signorile: gli uomini “rigorosamente” in giacca e cravatta, le donne con un bell’abito o comunque con un abbigliamento “di classe”. Ma quante persone vestono ancora così in queste occasioni? Molti anni fa ero a teatro per un concerto di pianoforte. In attesa che iniziasse, mi guardavo attorno, osservavo il pubblico presente, quello che entrava e si accomodava; e una cosa mi ha colpito: i giovani erano vestiti in maniera diversa, ma più o meno tutti “casual”; mentre gli anziani, tutti con abiti raffinati! La persona che mi aveva accompagnato al concerto mi disse “Perché agli anziani hanno insegnato che a teatro si va eleganti…”. Eh già, quell’educazione di un tempo, che sta scomparendo…..

Quante volte ho visto ad un funerale persone vestite di rosso!
Qualche tempo fa ho letto un articolo sul sito yahoo.com che parlava delle polemiche sorte dopo che il Primo Ministro finlandese Sanna Marin ha posato per la rivista “Trendi” con una giacca con una lunga scollatura che lasciava intravedere il seno, anche perché sotto la giacca il Primo Ministro non aveva assolutamente niente……..
E’ scoppiato uno scandalo scandito da non si sa quante polemiche, alle quali hanno risposto moltissime voci in difesa del Primo Ministro; tra le quali qualcuno che ha detto “una donna dev’essere libera di vestirsi come vuole, indifferentemente che rappresenti o no un’istituzione!”: no, se rappresento un’istituzione, devo adeguarmi al ruolo, non posso presentarmi (in circostanze ufficiali, ovviamente) in jeans e maglietta, o in abbigliamento “discutibile”.

Questo non significa non essere liberi, significa rispettare le circostanze e i ruoli! Se vado ad un funerale, circostanza triste e seria, non posso vestirmi a festa; se entro in una chiesa o in altro luogo di culto, non posso entrare vestito come per andare al mare; non per niente, all’entrata di certe chiese di località marittime sono esposti cartelli che invitano ad entrare con abbigliamento consono al luogo, o cartelli con l’immagine barrata del cono gelato, degli infradito e dei pantaloncini corti.

Ma ci sono ancora valori, in questa società? Spero di sì; ma quali?

NOTA: l’immagine in questo post è opera di Biagio Mannino.

Graziano Sartini, radiofonicamente conosciuto come Graziano D’Andrea, nuovo Direttore di Radio Diffusione Europea.

Graziano Sartini, radiofonicamente conosciuto come Graziano D’Andrea, nuovo Direttore di Radio Diffusione Europea.

Graziano Sartini è il nuovo Direttore di Radio Diffusione Europea. Prende il posto di Francesco Cenetiempo nella radio che, da Trieste, porta l’informazione in tutta l’area dell’Adriatico e non solo.
Graziano Sartini è giornalista con un’esperienza pluriennale nel settore dell’informazione radiofonica.
Dalle emittenti private ala presenza ventennale alla RAI del Friuli Venezia Giulia, Sartini fonda RDE – Radio Diffusione Europea di cui assume l’incarico di Direttore e, da oggi, anche quello di Direttore della testata giornalistica.


Il discorso di Graziano Sartini:

A seguito delle dimissioni di Francesco Cenetiempo da Direttore della testata giornalistica di Radio Diffusione Europea, l’Associazione AM Group ha ritenuto di nominarmi nuovo Direttore.
Per me, il conferimento di questo importante incarico, rappresenta, oltre ad una grande responsabilità, anche un altrettanto grande onore.
Un onore perché Radio Diffusione Europea rispecchia la realizzazione di un sogno. Il sogno di un piccolo gruppo di appassionati di radio e di giornalismo, di musica e di intrattenimento e che, coraggiosi, si sono avventurati nel mondo mass mediatico a piccoli passi ma con grandi ambizioni.

Grandi ambizioni. Infatti vogliamo essere presenti, come indica il nostro nome, a Trieste come in tutto l’Adriatico, questo mare che vede affacciarsi Stati differenti espressione delle variegate culture europee.
E non solo, trasmettiamo e siamo seguiti con nostra soddisfazione in tutta Italia e puntiamo ad essere network di informazione per il contesto europeo.

Sì, è vero, siamo ambiziosi ma il nostro iniziale sogno, a piccoli passi, che poi tanto piccoli non sono, si trasforma in realtà.
Noi ci crediamo: siamo riusciti a organizzare una radio partendo dal niente. Una radio che trasmette in onda media, che trasmette in internet e, da pochi mesi, siamo riusciti a dare il via anche alla nostra web TV.
Non ci fermiamo qui perché ancora tanti sono i nostri progetti.
Produciamo programmi che possiamo definire di successo e trattiamo temi ed argomenti che spaziano dalla politica internazionale al mondo del giornalismo.

Siamo un piccolo gruppo di persone preparate ed entusiaste, appassionate e convinte che questo progetto possa affermarsi sempre di più.
Un onore, vi dicevo. Un onore ma anche una responsabilità.
Una responsabilità perché muoversi da piccoli e soli quali siamo, in questo settore, è un’impresa che solo la determinazione che ci caratterizza rende possibile andare nella direzione che vogliamo.
Le difficoltà sono molte, moltissime, e tutto inserito anche in questo momento storico in cui gli impedimenti portati dall’epidemia di Corona virus si mostrano come ulteriori colpi assestati.
Il nostro sogno è la nostra fatica e, non vi nascondo, non sono mancati i momenti di sconforto.

Ma questi testardi, amanti della radio vogliono andare avanti e far sì che radio Diffusione Europea diventi un punto di comunicazione di riferimento serio.
Grazie anche a voi che ci ascoltate, assumo questo incarico di coordinare un gruppo di veri professionisti, preparati e liberi.

Biden vince e gli USA ritornano al mondo.

Biden vince e gli USA ritornano al mondo.
(di Biagio Mannino)

Alla fine le urne hanno dato il loro responso: Joe Biden è il 46esimo Presidente degli Stati Uniti d’America.
Ci sono voluti giorni, da quel 3 novembre, per arrivare ad un verdetto. Da quel giorno vicino ma che sembra molto lontano.
Tanti colpi di scena, polemiche, minacce.
Ma adesso Biden può iniziare il suo incarico e Kamala Harris sarà al suo fianco.
Donald Trump esce di scena, esce dalla Casa Bianca alla conclusione di un mandato, uno solo.
Cosa inedita negli ultimi 28 anni, poiché era dal 1992, con l’elezione di Clinton, che tutti i Presidenti successivi riuscivano a confermarsi anche per un secondo mandato.
L’esperienza Trump si è conclusa e quel voto, quello del 2016, sembra essere stato più una stranezza di quel momento storico che una effettiva esigenza di rinnovamento politico.
Stranezza perché questi quattro anni sono stati caratterizzati da contrapposizioni estreme, dettate da una visione che non si concilia più con la realtà mondiale presente.
America First non funziona. E oltre a questa visione, di fatto isolazionista, non funzionano tutte le analoghe iniziative che vogliono portare gli Stati a privilegiare esclusivamente loro stessi senza tenere conto che, ormai, ci piaccia o no, viviamo in un contesto globalizzato.
Ce lo ha ben tristemente dimostrato l’epidemia di Corona virus dove, il mondo così impegnato a dividersi in mille parti, ha visto gli effetti di cosa significhi essere isolati, ha visto il crollo delle economie proprio perché tutti avevano bisogno di tutti.
America First può essere tradotto in qualsiasi Stato First, per poi trasformarsi in un boomerang con conseguenze difficili da prevedere.
Trump finisce e resterà prevalentemente ricordato per la sua capacità di creare divisione, contrasti, contrapposizioni, così negli USA come altrove.
Una campagna elettorale difficile, povera di contenuti, povera di valutazioni politiche, ricca di alchimie e strategie, perché quello che contava era solo vincere.
Trump minaccia le vie legali ma, ormai, la direzione sembra essere segnata.
Anche i suoi collaboratori hanno capito che è finita e che la via dei ricorsi sembra essere ricca solo di altre sconfitte.
Un’America divisa, arrabbiata, sconcertata, colpita dal Corona virus e lasciata lì, con il mondo che la guarda e si interroga se possa essere considerata ancora un modello, un esempio.
Da Biden ci si aspetta molto. Una visione politica di ampio respiro, di inclusione e non di esclusione, di dialogo e non di contrasto, così con la Cina, così con l’Unione Europea.
Di Trump poco resterà se non la sua pesante eredità di divisioni sociali per un Paese che non ne aveva affatto bisogno.

NOTA: l’immagine in questo post è tratta dal sito www. corriere. it.

Donald contro Donald.

Donald contro Donald.

(di Biagio Mannino)

Domina l’incertezza sulle elezioni presidenziali negli USA.
A quasi 24 ore dalla chiusura dei seggi niente appare scontato, tranne la debolezza rappresentata dal candidato democratico.
La debolezza che già si conosceva ma che, forse a torto, forse a ragione, si pensava superabile di fronte ai tanti punti scoperti di Trump, che, al contrario, sono diventati paradossalmente, punti di forza.
La campagna elettorale 2020 ha visto un solo protagonista: Donald Trump.
Quel Trump che, nel bene e nel male, ha concentrato l’attenzione su di sé, lasciando a Biden l’apparente facile compito di alternativa a tutto ciò che non andava, a tutto ciò che non funzionava, a tutto ciò che i cittadini statunitensi non erano pronti ad affrontare, ovvero a Trump.
L’uragano Trump ha mostrato la tenacia e l’ostinazione pura, costi quel che costi, anche là dove non c’era niente da difendere, niente di cui vantarsi.
Ma la comunicazione politica adottata, la forza delle parole semplici, il facile gioco di colpire attraverso la paura, ha fatto sì che quel trionfo annunciato per Biden, si trasformasse in un’attesa sofferta ed estremamente incerta nel risultato.
Il moderato Biden può poco nel difficile tentativo di contrastare il travolgente Trump che accusa, attacca, utilizza l’idea del complotto preventiva, dice che coinvolgerà la Corte Suprema come soluzione ad un’eventuale sconfitta, dopo che, nel corso del suo mandato, ha nominato tre giudici, cosa mai accaduta nella storia degli USA.
Biden può poco, poiché Trump è una calamita per i sistemi mediatici non solo americani, ma del mondo intero.
Gli Stati Uniti del 2020, in piena epidemia da Corona virus, con il più alto numero di contagi, con il più alto numero di vittime, con la disoccupazione e tutti i problemi sociali, vecchi e nuovi aspetti contraddittori della società americana, diventano il contenitore dove i cittadini guardano attoniti e Trump è l’unico in grado di trasformare queste elezioni in un confronto democratico o in un pasticcio dalle ripercussioni ignote e preoccupanti.
Ma tutto sembrava già scritto, quando prima del 3 novembre si lasciava intendere ad eventuali ricorsi, alla messa in discussione del voto postale, quando si nominava la giudice Barret nuovo componente della Corte Suprema.
Tanta confusione negli USA, tanta confusione in un Paese che si è sempre mostrato come esempio di democrazia al resto del mondo ma che, adesso, rischia di dare un’immagine negativa di sé dove , al governo del popolo, sembra avanzare sempre di più l’idea della vittoria ad ogni costo.
Tutto, alla fine, dipende da Trump.

NOTA: l’immagine in questo post è tratta da Google immagini.