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Trieste riparte dalla sua storia.

maria teresa da wikipedia
Maria Teresa d’Austria

(di Biagio Mannino)

Trieste riparte dalla sua storia e dedica a Maria Teresa una statua.
Verrà realizzata entro settembre 2018 e sarà collocata proprio nella zona della città a lei intitolata.
Nel Borgo Teresiano, più precisamente in Piazza Ponte Rosso, sorgerà il monumento di stile classico, in bronzo, alto circa quattro metri e mezzo e collocato su un ampio basamento ottagonale alto tre metri.
Il progetto in scala del monumento, che sarà realizzato dall’artista Giorgio Del Ben è stato presentato con la partecipazione delle autorità e di Massimiliano Lacota,portavoce del comitato promotore dell’iniziativa.
Un riconoscimento importante alla sovrana che attraverso la sua specifica visione della città, ne permise, di fatto, quello sviluppo che la fece diventare grande.
Non solo, il successo che la mostra “Maria Teresa e Trieste. Storia e culture della città e del suo porto” sta avendo in questi giorni, dimostra anche come i triestini incomincino, o forse, ricomincino, a conoscere la propria storia dopo che per anni è stata messa da parte.
La comunicazione ufficiale è stata data dall’Assessore alla Cultura del Friuli Venezia Giulia, Gianni Torrenti, che ha affermato il ruolo attivo che avrà la Regione nel sostenere la partecipazione alla realizzazione della statua.
Il 13 maggio di quest’anno è stato celebrato il trecentesimo anniversario della nascita di Maria Teresa. Molte sono state le iniziative dedicate all’avvenimento proprio per il fatto che la relazione con la sovrana, con gli Asburgo e con l’Austria in generale è molto profonda.
Sebbene Maria Teresa fosse stata importante e determinante per l’intera Europa danubiana, Trieste ne beneficiò ancor di più. Di fatto Trieste era la città di Maria Teresa.
Kandler fece notare come, durante le esequie della sovrana, in molti concordassero che fosse proprio Trieste il più bel monumento a lei dedicato.
Con la proclamazione di Porto franco nel 1719, Carlo VI diede il via ma fu Maria Teresa, con una politica anche basata su forti investimenti economici e finanziari, a realizzare quel percorso che portò Trieste, da piccolo borgo a grande città imperiale.
Maria Teresa, per realizzare il suo progetto, favorì in tutti i modi l’arrivo di persone provenienti dai quattro punti cardinali, di lingue, razze, religioni, costumi, abitudini, tradizioni completamente differenti.
Fu una ricchezza che portò energia ed entusiasmo creando nella diversità un punto di forza dove non era la contrapposizione a prevalere ma la collaborazione ed il confronto delle tante esperienze che qui si incontravano.
Anni pieni di vita, di intraprendenza, di investimenti in moltissimi settori. Trieste diveniva così multietnica e multiculturale.
Ciò che identificava l’elemento trainante era rappresentato dal lavoro. I provvedimenti legislativi che in quegli anni venivano presi favorivano questo importante elemento del contesto sociale triestino ed era la calamita per la forte immigrazione di genti appartenenti a diversi popoli e, soprattutto, come detto, di investimenti.
Una politica che serviva a tutti, a Trieste così come a Vienna.
Il contesto incomincia rapidamente a cambiare in quegli anni: dai cittadini ai costumi , dall’urbanistica alla lingua parlata. Il veneziano, la lingua del mare, del Mediterraneo, diviene lingua di Trieste ma modificata dall’introduzione di termini slavi, tedeschi e di tutte quelle contaminazioni linguistiche giunte in città. Tutti la parlavano, dai ceti popolari ai più alti vertici delle società.
Maria Teresa diede atto ad un percorso iniziato dal padre che poi, nel corso del XIX secolo trovò la sua piena realizzazione raggiungendo i punti più alti per la città.
Ma il rapido sviluppo della città, in tutti i settori, marittimi, produttivi, sociali, e, non dimentichiamo, artistici e scientifici, improvvisamente dovettero confrontarsi con la fine di quel mondo degli Asburgo che, in un inevitabile declino, trascinarono tutta l’Europa danubiana e, di conseguenza, Trieste.
La storia del XX secolo è tanto cupa quanto il XIX ricca. Le guerre mondiali, i confini soffocanti, le contrapposizioni resero improvvisamente lontano e dimenticato quel recente passato.
Anni difficili dove all’energia una forma di angosciosa apatia si sostituiva nei triestini.
Se è vero che il crollo del Muro di Berlino ha rappresentato per la Germania il via alla rinascita, è altrettanto vero che la caduta conseguenziale dei confini europei ha rappresentato proprio per Trieste l’opportunità di ricominciare.
L’impressione è che timidamente questo stia avvenendo.
Sicuramente statue, monumenti ed altri riconoscimenti, come quella che verrà dedicata a Maria Teresa, rappresentano l’occasione per riprendere coscienza della propria storia, del proprio essere.

NOTA: l’immagine in questo post è stata tratta da www. Wikipdia. it.
Fonti:
– intervista di Biagio Mannino a Luciano Santin. Trasmissione “Terra e vita” del 5 luglio 2017 andata in onda su Radio Nuova Trieste. Podcast scaricabile dal sito http://www.radionuovatrieste.it .
– articolo Maria Teresa, Torrenti: «La Regione sosterrà la realizzazione della statua celebrativa» del 23 novembre 2017 tratto da Trieste Prima – http://www.triesteprima.it .

 

 

Pasticcio spagnolo in salsa catalana.

(di Biagio Mannino)

 

Si pensava che con il nuovo millennio certe cose non si sarebbero viste. Almeno per quanto riguarda quella realtà chiamata Unione Europea.

L’importanza dei popoli, l’abbattimento dei confini, il cittadino al centro di tutto, il valore di essere europei, il significato di democrazia, oramai, sono dati per scontati.

E invece, dalla Spagna, inaspettato ma non troppo, è giunto chiaramente il messaggio che tutto ciò… non è.

La giornata di ieri ha mostrato l’insieme di quelle azioni che in politica non devono essere assolutamente fatte. Una sorta di manuale di istruzioni del pessimo politico: Mariano Rajoy ha fallito in tutte le direzioni mettendo a grave repentaglio non solo la Spagna ma tutta l’Unione Europea e creando un grave imbarazzo planetario.

La volontà autonomista catalana ha radici antiche e quel desiderio di indipendenza trova una maggiore affermazione nel momento in cui la crisi economica e finanziaria del 2008 colpisce in particolare proprio il Paese iberico.

In un contesto europeo dove la politica tedesca impone rigore, i riscontri opposti e la voglia di andarsene, inevitabilmente, si diffondono un po’ in tutto il continente.

La Catalogna in particolare si trova ad affrontare una crisi con un doppio rigorismo da affrontare: quello europeo e quello spagnolo che proprio nelle capacità economiche di Barcellona vede la soluzione ai problemi dell’intero Stato.

Nel momento in cui il desiderio secessionista incomincia a prendere piede, la reazione del Governo centrale è quella di forte opposizione e le minacce di repressione vengono usate con grande faciloneria: quanto di più errato in realtà che si definiscono democratiche.

In tale situazione un inevitabile confronto a chi è il più forte si innesca dando così la strada libera proprio a coloro i quali parlano di autonomia.

L’attenzione dei mass media diviene globale ed il Presidente del Consiglio Mariano Rajoy, sorretto da una debolissima maggioranza, si trova a condurre il ruolo dell’uomo forte per non perdere il proprio consenso.

Ma i catalani vanno avanti e nonostante tutto, più di due milioni di persone si recano alle urne e quasi il 90% di questi si esprime a favore dell’indipendenza.

La serie di errori di Mariano Rajoy prosegue con il discorso televisivo dove viene negata l’evidenza e, di conseguenza, la possibilità di un compromesso e così, il muro dell’incomunicabilità si rafforza ancor di più.

La UE tace non sapendo quale possa essere il male minore: uno scontro interno in uno dei principali Stati membri o il riconoscimento di una volontà autonomista che potrebbe dare il via ad una serie di analoghe iniziative?

La Scozia, l’Irlanda del nord e tante altre realtà sono pronte a seguire l’esempio in uno strano percorso di distacco da ciò che è per rientrare in una sorta di legame proprio con l’Unione Europea.

Forse è iniziata la fine degli Stati europei post Seconda Guerra Mondiale e, invece, è iniziata la ridefinizione della stessa carta geografica del continente.

Intanto il mondo guarda attonito all’ennesimo tentativo autolesionistico europeo e con uno sguardo attento al Kurdistan dove, anche là, la voglia di indipendenza potrebbe innescare pericolosi percorsi nell’area Medio Orientale con implicazioni anche nei Paesi caucasici.

 

NOTA: l’immagine in questo post è tratta da www. Wikipedia. it.

Si riparte dalla Germania.

(di Biagio Mannino)

 

Angela_Merkel_(August_2012)_croppedA settembre tutto riprende.
Incominciano le scuole, l’attività lavorativa è a pieno regime. Il sistema mass mediatico e quello dell’intrattenimento danno il via alla programmazione e, la politica mostra il meglio, o il peggio, di sé.
Anche la trasmissione Grandangolo riprende dopo la pausa estiva, in onda su Radio Nuova Trieste ogni martedì alle ore 17 e riascoltabile dal sito http://www.radionuovatrieste.it, da dove potrete anche scaricare i podcast delle precedenti puntate. Sulla Home page di questo blog potete trovare il link alla Radio. Un sistema rapido e comodo per ascoltare la trasmissione.
L’appuntamento più importante del mese di settembre, in ambito elettorale, è rappresentato dalle elezioni in Germania che, il 24 di questo mese, vedrà i tedeschi alle urne.
Angela Merkel sembra andare verso la conferma del suo mandato. Forte del consenso dato dai sondaggi che la vedono vittoriosa sullo sfidante Martin Schulz, Angela Merkel vive con disinteresse la campagna elettorale.
Sono ben 14 i punti percentuali che dividono i due contendenti e la sua probabile affermazione porta, inevitabilmente, ad una riflessione sulla Germania di oggi.
Lo Stato dei “più” nell’Unione Europea: il più popoloso, il più forte economicamente, il più forte finanziariamente, quello collocato geograficamente nella posizione migliore, il più influente ed in grado di dettare le linee guida a tutti i membri della UE e non solo.
Impegnata silenziosamente in molti scenari politici al di fuori del continente europeo, la Germania è stata capace, dal 1989, di riunificarsi e ricostruirsi al meglio, divenendo il centro dell’Europa, non solo geograficamente ma anche politicamente.
A quella Germania fortemente europeista pochi giorni prima del crollo del Muro di Berlino, ne è corrisposta subito dopo una accentratrice ed oggi, quella Germania europeista ha lasciato il posto ad un’Europa germano centrica.
E in questo percorso la figura di Angela Merkel è stata assolutamente determinante.
Che i meriti siano tutti tedeschi non è possibile affermarlo, anche perché ci sono molti demeriti di tutti gli altri che hanno permesso un percorso politicamente egoistico, il quale, inevitabilmente, ha fatto venir meno il principio fondamentale dell’interesse europeo e consentendo, di conseguenza, agli interessi particolari, di prevalere.
Una scelta politica poco propensa a guardare nel lungo periodo e maggiormente interessata a raccogliere quanto possibile, anche in ambito di consenso elettorale ma essenzialmente debole e fragile, soggetta a incerti accordi e lasciando il terreno libero ai forti.
Meno Europa, più Stati, o meglio, più Germania.
Questa è la realtà che apre lo “spettacolo” della politica e dà il via alle danze del nuovo anno.

 

NOTA: l’immagine in questo post è stata tratta da www. Wikipedia. it.