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Gli effetti dell’eventuale riforma del Senato peseranno o gioveranno per…. la “minoranza” triestina del Friuli Venezia Giulia?

(di Biagio Mannino)

 

Il percorso verso il 4 dicembre, giorno del referendum, continua e molte sono le domande che vengono poste da commentatori, analisti, opinionisti e da tanti altri ancora.
Interrogativi tutti assolutamente degni di interesse: come si è arrivati a modificare in questo modo la Costituzione? C’era l’effettiva esigenza di farlo? Come potrebbe cambiare l’Italia? Cosa potrebbe accadere se vincessero i “NO”? E cosa se vincessero i “SI”? Ci sarebbe un vero rinnovamento? Ci sarebbero rischi per la democrazia? La partecipazione  alla vita politica aumenterebbe o calerebbe?
Sono queste solo alcune delle tante richieste che, cittadini di tutte le età, dai più giovani ai più anziani, pongono e si pongono, desiderosi di vedere soddisfatta la loro naturale voglia di sapere, di conoscere, di essere titolari a tutti gli effetti di quel diritto – dovere rappresentato dall’esercizio del voto.
Valori, principi, tecnicismi… elementi di partecipazione politica, incisivi e tanto importanti quanto il significato di politica stessa, ovvero quell’arte del possibile necessaria per il buon funzionamento della cosa pubblica.
E gli effetti, quelli sul territorio?
L’Italia è uno Stato che per ragioni storiche, geografiche e culturali ha in sé un’eterogeneità che impone valutazioni legate proprio alle molteplici e diversificate realtà locali.
Difficile è accomunare le conseguenze che la riforma Costituzionale potrebbe avere senza tener conto della complessità e varietà del territorio.
Conseguenze che non sono le stesse per la Sicilia e la Valle d’Aosta, che non sono le stesse per Palermo  o… Trieste.
Trieste, per caratteristiche non solo urbanistiche ma anche per quelle storiche e sociali, rappresenta, di fatto, l’unica città del Friuli Venezia Giulia.  Nonostante il suo importante  ruolo, a causa di tutte quelle vicende legate al ‘900, che i triestini, e possiamo dire, ormai, solo loro,  ben conoscono, si è trovata privata di tutto, della sua storica provincia, del suo naturale retroterra, della sua primaria posizione economica, commerciale, finanziaria, di tutte quelle persone che dal circondario guardavano questa città come punto di riferimento e come è logico che sia per tutte le realtà urbane con le caratteristiche, appunto, di Trieste,
Una sorta di Berlino del Mediterraneo, circondata non da un muro ma da un confine a pochissimi chilometri dalla sua periferia, stretta in quel caotico intreccio politico chiamato “guerra fredda”.
Oggi le cose, in parte, sono cambiate. I confini sono (al momento) liberi e quel senso di soffocamento sembra essere passato.
Il termine forse corretto per Trieste oggi è “potenzialità”. Sì, potenzialità.
Di fatto una sorta di minima ripresa si accompagna alla  considerazione di una riacquistata posizione di centralità europea, nel punto di incontro di quella Europa non più definibile come occidentale o orientale ma, semplicemente, Europa. E poi su quel mare, il Mediterraneo, crocevia in cui tre continenti si bagnano.
Ma potenzialità non significa realizzazione.
In questo caso la funzione della politica è quanto mai fondamentale e decisiva, così come è importante il ruolo dei rappresentanti locali, tra i quali, i Senatori.
Al momento attuale il Friuli Venezia Giulia conta 7 Senatori ma, se la riforma Costituzionale dovesse essere approvata al referendum, il numero passerebbe a 2.
Due Senatori, per tutto il Friuli Venezia Giulia.
Uno dei punti di forza maggiormente valorizzato, nel corso dei dibattiti, è rappresentato dalla riduzione del numero dei componenti del Senato, da 315 a 100.
Certamente  il risultato è indiscutibile, tuttavia anche criticabile negli effetti. Ma… la rappresentatività dei territori è altrettanto un principio indiscutibile?
Il quesito non è di poco conto se lo guardiamo alla luce della riflessione precedente: Trieste, città di importanza e valore riconosciuto a livello internazionale ma sola nei suoi confini urbani. Come, in una realtà regionale assolutamente differenziata  si vedrebbe rappresentata proprio in quel Senato che, in particolare, dovrebbe occuparsi di materie  legate all’Unione Europea?
Questo interrogativo, nonostante sia stato posto in più di qualche occasione, non trova al momento una risposta ma, certamente, è legittima la volontà di raggiungere la consapevolezza sul tema da parte del cittadino, poiché, come detto, sono  gli effetti a pesare, o a giovare, sui risultati delle riforme.
Per Trieste, gioveranno o peseranno?

Notizie in breve: A Trieste si discute di invecchiamento attivo.

(di Biagio Mannino)

 

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Il convegno del 18 ottobre 2016 – foto archivio Biagio Mannino.

Il 18 ottobre, presso l’aula del Consiglio Regionale della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia di Trieste, si è tenuto il convegno scienze Meets Regions.
Componenti del mondo scientifico, imprenditoriale e politico della Regione, accolti dalla Presidente Debora Serracchiani, si sono confrontati sul tema  dell’invecchiamento attivo, argomento questo di grande attualità nel contesto dell’Unione Europea.
Il Friuli Venezia Giulia è stata scelta come regione pilota per un’attenta osservazione sulle problematiche e le prospettive sull’invecchiamento della popolazione con attenzione, in particolare, all’invecchiamento attivo.
L’Europa è il continente che in prospettiva demografica si trova ad affrontare un progressivo invecchiamento ed un’ altrettanto fenomeno di massima importanza: la decrescita demografica dovuta ad una scarsa natalità.
In Italia la regione maggiormente esposta a questa problematica è la Liguria che si colloca anche tra le prime in Europa per il tasso di anzianità.
Sono emerse alcune difficoltà collegate alle condizioni di salute che vede in crescita, in particolare, il diabete, Solo in FVG conta più di 80000 casi. Analogamente la ricerca, sia sui farmaci che sulle tecnologie, grazie all’importante contributo di strutture d’eccellenza come la SISSA e l’area Science Park di Trieste, favorisce  una qualità di vita sempre migliore.
L’importante incontro di Trieste si è concluso con la firma da parte dei presenti della Carta sull’active ageing, documento programmatico in vista di una regolamentazione normativa dedicata all’invecchiamento attivo.

 

L’Europa dei muri: da Calais a Trieste.

(di Biagio Mannino)

 

art2jpgMuri, fili spinati, barriere tecniche… sono solo alcuni dei nomi con cui oggi l’Europa si illude di difendere sé stessa e, al contrario, si divide sempre di più fino alla sua negazione.
Storia di un continente che da sempre è vissuto nella contrapposizione, nella ricerca della divisione e nel mantenimento delle proprie piccole particolarità arrivando paradossalmente a negare quelle radici giudaico cristiane che rappresentano la sua identità comune.
Il continente dei contrasti se pensiamo che l’identificarsi nella cristianità emerge, a seconda dei momenti, per distinguersi, per separarsi  da un altro mondo, quello islamico, interpretato come pericoloso per l’identità europea.
Ma questa nasce e decade a seconda dei momenti più o meno favorevoli al concetto stesso di Europa.
Europa unita o Europa Unita? Una bella distinzione, poiché la prima è quella dei popoli mentre la seconda è quella dei Governi.
Ed è qui che l’opporsi si fa scontro tra  interessi economici, finanziari, politici e visioni forse ormai di sognatori che immaginano un popolo europeo estremamente eterogeneo e rispettoso dell’altro, ricco di cultura perché plurale, capace di vedere perché esperto di vicende dolorose.
Invece no: il fantasma del muro di Berlino è lì che trascina i suoi rumorosi e cupi fili spinati e ulula attraverso politici poco illuminati di essere ricostruito. Non in Germania però, ma ai confini della nuova vecchia  Europa: in Ungheria, in Slovenia, in Austria…
E’ piena di muri l’Europa  e altri ne sorgeranno, come a Calais, dove una struttura di un chilometro, alta quattro metri, dovrebbe difendere l’ormai ex componente dell’Unione Europea, dai flussi migratori di gente che prima di arrivare sin alle porte della Gran Bretagna, ha incontrato muri rappresentati da confini, mari, montagne, trafficanti di uomini, pietà televisiva, concreta avversione.
Una realtà strana quella dei muri, che divide,che crea idee e visioni diverse, stili di vita migliori o peggiori a seconda dei punti di vista del leader del momento.
Strano mondo quello dei muri, che preoccupa e fa tranquillizzare e che diventa curiosità turistica, come il muro di Trieste, in quel bagno,alla Lanterna, sempre più famoso per quella divisione,   dove le donne da una parte e gli uomini dall’altra sono fieri di essere separati, di essere portatori di un simbolo della vecchia Europa. Inconsapevoli di rappresentare sempre di più quella nuova.

 

NOTA: questo articolo è stato già pubblicato su Uni3triestenews, anno III ottobre 2016.

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