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Chi prenderà la responsabilità di non deludere (nuovamente) gli italiani?

Giuramento_Mattarella_Montecitorio
Il Parlamento riunito in seduta comune presso la Camera dei Deputati.

(di Biagio Mannino)

La politica italiana, dopo il 4 marzo, produce i primi due risultati: le elezioni del Presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico, e del Senato, Elisabetta Casellati.
Inizia così la legislatura con le mosse in una partita a scacchi che vede tutti i contendenti impegnati a cercare la strategia corretta.
Al momento sembra proprio che questa appartenga  alle due forze che maggiormente si sono distinte nella consultazione elettorale: M5S e Lega.
Un lavoro di attento equilibrio dove un eventuale passo falso potrebbe compromettere tutto.
Infatti sono questi i momenti, tipici di situazioni complesse prodotte dai sistemi di tipo proporzionale, che sanciranno le future coalizioni finalizzate ad una piena ed operativa esperienza di governo.
Ormai la distinzione tra vincitori e sconfitti è evidente e solo traballanti tentativi di comunicazione politica possono, in qualche modo, cercare di attutire il colpo che PD e FI hanno ricevuto dagli elettori italiani.
Con il 18% il primo e il 14% il secondo, diviene difficile tentare di inserirsi da protagonisti nelle vicende parlamentari, anche perché, cosa ben più ardua da risolvere, è in ridiscussione tutto l’operato di queste due forze di Governo degli ultimi 20 anni.
E la debolezza si vede benissimo anche in questa occasione, non contando più di tanto nell’elezione della seconda e della terza carica dello Stato.
Sembra, al contrario, un gioco di squadra, da abili conoscitori delle dinamiche parlamentari, quello della Lega e del Movimento Cinque Stelle.
Un gioco che ha messo in evidente difficoltà proprio colui che era abituato a gestirlo da protagonista: Silvio Berlusconi.
La mossa sulla scacchiera della politica ha portato il re sotto scacco e Berlusconi ha dovuto arretrare accettando gli accordi sui nomi dei Presidenti delle Camere imposti proprio dalla Lega di Salvini e dal M5S.
Se la strada, sebbene non spianata, si apre per queste due forze, dall’altra parte appare ormai chiaro che per Forza Italia e per il Partito Democratico ci saranno momenti di seria difficoltà.
Per il primo si tratta di una conferma al già evidente risultato elettorale, dove quel ruolo di primarietà all’interno della storica coalizione di centro – destra è ormai concluso.
Di conseguenza il ruolo stesso di Berlusconi necessita di una ridiscussione anche perché un grande cambiamento generazionale è avvenuto in Parlamento.
Un Paese che guarda al futuro deve guardare al futuro.
Il PD, che indubbiamente un ricambio lo ha già effettuato, è poi caduto in un percorso gestionale che anziché andare nella direzione segnata dalla “rottamazione”, si è dimostrata essere la stessa precedente con un leader, Matteo Renzi, già vecchio prima ancora di essere stato giovane.
Grandi ristrutturazioni e consapevolezza di direzioni politiche contemporanee divengono la necessaria formula che queste due realtà devono intraprendere prima di tutto per la loro sopravvivenza, poi, per l’interesse generale.
Se la Lega nuova non è, ha saputo trovare una via ma, adesso, la possibilità di governare c’è, e a quella si accompagna anche la responsabilità.
La stessa responsabilità tocca, o spetta, al M5S, che dopo anni di accesa battaglia, si trova davanti il traguardo di quel percorso iniziato ancora a Bologna con il “Vaffaday” ma che, di fatto, rappresenta l’inizio di una realizzazione delle promesse fatte in questi anni.
Dice Beppe Grillo “Non siamo anti sistema. Il sistema è caduto da solo”.
Effetti di una storia post 1989 che, dopo quel crollo del Muro di Berlino, ha trascinato la politica che “era” a quella che è diventata senza però mai effettivamente rinnovarsi del tutto.
Molte sono state le componenti politiche che si sono affacciate come effettive portatrici delle soluzioni a partire proprio da quel PD di Renzi che, però, si è rivelato solo una grande delusione per tutti coloro che avevano visto una sorta di miraggio.
E ancora prima Forza Italia, che con Berlusconi iniziava un percorso, quello della nuova espressione di una politica che, a promesse e a parole, tante, diveniva dinamicità imprenditoriale vincente ma, poi, la storia è stata un altra…
Adesso ci risiamo e i cittadini – elettori sono lì, ancora, forti della loro volontà di votare e partecipare.
La responsabilità di non deludere è grande. Chi la prenderà?

 

NOTA: l’immagine in questo post è tratta da www. Wikipedia. it.

 

Elezioni 2018: cosa ha capito la politica italiana?

Giuramento_Mattarella_Montecitorio
Il Parlamento riunito in seduta comune presso la Camera dei Deputati.

(di Biagio Mannino)

 

I cittadini italiani lo avevano già detto.
La volontà di partecipare alla vita democratica dell’Italia, la voglia di un vero cambiamento, di un’effettiva direzione di modernizzazione della classe politica, era emersa chiaramente con il risultato del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016.
Una riforma, quella voluta dal Governo Renzi che privilegiava tutto tranne la partecipazione togliendo, di fatto, la possibilità di votare in modo diretto i componenti del Senato.
Ma la Costituzione Italiana, al secondo comma dell’art. 1, chiaramente esprime che “La sovranità appartiene al popolo”.
E se la sovranità appartiene al popolo, se appartiene veramente al popolo, il diritto – dovere di voto è il pilastro del principio democratico.
Sì, lo avevano ben espresso con un ampia partecipazione e un risultato che non lasciava dubbi: 60% per i NO e 40% per i SI.
Nonostante questo non si volle vedere quanto gli italiani suggerivano, anzi, pretendevano, dalla politica: partecipare e contare.
E così venne approvato il Rosatellum Bis, la legge elettorale con la quale si è votato il 4 marzo.
Una legge proposta dal PD ed approvata anche da Forza Italia e Lega e, di conseguenza, voluta in modo sostanziale da quelle forze politiche più “antiche” nel sistema parlamentare.
Una legge che, anziché privilegiare, limita ulteriormente la partecipazione che, con il voto non disgiunto, di fatto affida alle segreterie dei partiti la stesura delle liste dei candidati praticamente certi di entrare nel contenitore parlamentare.
Inoltre, a completamento del tutto, nessuna preferenza da esprimere.
No, quel segnale lanciato il 4 dicembre 2016 non è stato colto ma, nonostante tutto questo gli italiani vanno a votare smentendo chi prevedeva ampio astensionismo.
File e disagi non hanno impedito di continuare a esprimere la volontà di partecipare anche dopo una campagna elettorale che, a colpi di promesse elettorali, metteva in evidenza la mancanza di idee di tante forze politiche.
Tracollo del PD che, inevitabilmente, paga i cinque anni di Governo e di protagonismi soprattutto del suo leader Matteo Renzi.
Renzi, il protagonista degli ultimi anni che, nel ruolo del “rottamatore”, ha gestito la politica in un modo tale da divenire in brevissimo tempo il prossimo “rottamato”. E nessuno può essere incolpato poiché ha fatto tutto da solo.
Ma restano le macerie, quelle di un PD che rappresentava solo cinque anni fa, un’effettiva speranza di cambiamento divenendo, però, solo la continuazione di un mondo veramente bisognoso di guardare a ciò che lo circonda.
Modernità e disoccupazione, tecnologie e disperazione, progresso e recessione… tutto gravita intorno e nulla viene visto, avvertito.
La sinistra si stacca e precipita ulteriormente: LEU e tutte le altre componenti non si accorgono delle esigenze effettive del loro popolo e, in queste elezioni, la svolta, o meglio, la fine di un mondo che era già finito dopo il 1989.
Se il centro sinistra deve guardarsi allo specchio, Silvio Berlusconi dovrebbe rendersi conto che anche lui ha fatto il suo tempo: tavoli, contratti con gli italiani, barzellette e promesse, sono ormai spot da cabaret che ricordano di più Drive In che le effettive esigenze di un popolo sofferente, che guarda al domani con ansia e preoccupazione, che è in calo demografico grave poiché non può permettersi il lusso di ciò che è naturale: un figlio.
Forza Italia precipita ai minimi e viene superata da una Lega che nella concretezza di Matteo Salvini prende i voti proprio a Berlusconi ormai invecchiato.
La Lega motore del centro destra, motore addirittura di sé stessa con prospettive di divenire Il centro destra mentre Fratelli d’Italia si confermano nelle loro posizioni ma ancora troppo piccole per aspirare a qualche cosa di più.
I vincitori: il Movimento Cinque Stelle.
Non solo confermano il risultato di cinque anni fa ma lo superano di sette punti ed arrivano al 32,5%.
Un Movimento che ha saputo incanalare la visione di molti, di esigenze di cambiamento, di nuovi volti, di generazioni al passo con i tempi.
Ma, è altrettanto vero, con grandi problemi di inesperienza gestionale e con sistemi rigidi di controllo dei propri iscritti. Con tentazioni sempre presenti e con gesti di effettiva volontà di cambiare la politica.
Riuscirà o, con il passare del tempo, diverrà come, alla fine, la politica porta ad essere?
Questa è la sfida maggiore che il M5S dovrà affrontare poiché il rischio sarebbe una grande, anzi, grandissima delusione, per i propri elettori.
Nel frattempo… per effetto del Rosatellum Bis… la politica fa… la politica e, incurante del segnale del 4 dicembre 2016, del 4 marzo 2018… studia percorsi alternativi per traslare parlamentari ora di qua, ora di là in un gioco di contrasti personali e non di interessi nazionali.
Non sono le leggi elettorali o le Costituzioni a creare l’ingovernabilità bensì la presenza, o l’assenza, della volontà
Semplicemente… la volontà.

 

NOTA: l’immagine in questo post è stata tratta da www. Wikipedia. it.

Quando il nuovo è già vecchio e il vecchio crede di essere tornato nuovo.

renzi-berlusconi-675(di Biagio Mannino)

Ormai ci siamo: le Camere sono state sciolte, le elezioni sono alle porte, la campagna elettorale è ufficialmente incominciata!
In queste occasioni tutti i più raffinati tatticismi, le più fantasiose strategie portano al massimo l’esperienza della comunicazione politica che dà il meglio, o il peggio, di sé stessa.
L’attenzione si pone, in particolare, su due figure dello scenario politico italiano. Quelle che hanno unito la politica (poca) all’esposizione mediatica (tanta), al punto tale da concentrare in loro l’attenzione dei cittadini, o meglio, elettori, in una sorta di gioco che, tele visivamente, li ha gradualmente trasformati in spettatori.
Spettatori di uno show fatto di dibattiti, di apparizioni televisive, di spot, tweet e di tanto altro ancora che si è andato a integrare con il modificarsi delle tecniche e dei mezzi comunicativi.
Silvio Berlusconi e Matteo Renzi incarnano il modo contemporaneo di quel concetto di campagna elettorale che nel suo realizzarsi più antico ricorreva agli ormai dimenticati comizi di piazza, sostituiti oggi dai più moderni, e comodi, salotti televisivi.
Fin da quando Renzi è comparso nel “campo di battaglia” della politica italiana, in molti osservarono una certa somiglianza con Silvio Berlusconi.
Una certa irriverenza nei confronti di ciò che era, un modo di parlare molto schietto senza preoccuparsi della forma, senza preoccuparsi di rischiare di essere offensivi, e, in particolare, senza preoccuparsi dei contenuti.
Molti ricorderanno i celebri “sono stato frainteso” utili a Berlusconi per rimediare ad affermazioni che si rivelavano discutibili, o le promesse di Renzi, mai mantenute, come quella dell’ormai mitizzata uscita dalla politica nel caso di sconfitta nel Referendum Costituzionale.
E poi l’uso dei numeri per indicare i successi ottenuti dal proprio lavoro, o imputare agli altri incapacità o, cosa importante, porsi come una, o meglio ancora, la soluzione alle situazioni di crisi.
Senza poi dimenticare l’uso delle barzellette, delle battute, utilissime in ambito comunicativo a fine di creare intorno a sé un’immagine di simpatia e, contemporaneamente, a distrarre dai problemi veri.
Linguaggi simili, poco tecnici molto famigliari. Quasi due amici con cui condividere una serata in pizzeria ma altrettanto capaci nel guidare l’Italia?
Anche qui le somiglianze: grandi aspettative, pochi risultati, molte delusioni ma, soprattutto, elettori che, alla fine, si dividono in correnti all’interno delle stesse famiglie, poi, la ricerca di un capro espiatorio come elemento fondamentale per giustificare. Cosa? Non l’insuccesso ma il mancato compimento del pieno successo e, di conseguenza, la motivata necessità a tornare e ricominciare per impedire che altri possano travolgere tutto.
E allora gli ingredienti divengono la personalizzazione, la necessità, la paura, in un gioco che pone tutti ad assistere contrapposti agli altri come tifoserie alle patite di pallone.
Ma una cosa li differenzia: l’età.
Uno, Renzi, è giovane e l’altro, Berlusconi, è anziano.
Renzi, senza dubbio, ha avuto la capacità di raggiungere il vertice della politica italiana dimostrando una grande abilità e strategia politica ma, contemporaneamente ha dimostrato una altrettanto grande incapacità nel saper gestire il risultato e precipitando rovinosamente in un brevissimo arco di tempo.
Il concetto di “rottamazione” che gli dava forza agli inizi, paradossalmente ora è riservato a lui poiché l’estremizzazione dei toni si è rivelata, alla fine, una resa dei conti proprio da parte di coloro i quali sono stati rottamati.
Berlusconi, che ha adottato una metodologia più attenta e che ha avuto sicuramente il merito di modernizzare i meccanismi di comunicazione politica, non ha dato spazio a nessuno e la politica italiana ha visto trascorrere il tempo e lui invecchiare con essa.
Vedere oggi certe espressioni da parte del leader di Forza Italia usate venti anni fa ed adattate agli avversari contemporanei, lascia alquanto perplessi.
Lo spettacolo della politica italiana non annoia se lo si guarda per quello che è: uno spettacolo appunto.
Ma parlare di statisti, di persone capaci di far ripartire l’Italia, questo non si può proprio fare.
In ogni caso tutto diviene ancora più relativo quando la legge elettorale con cui gli italiani andranno a votare è il Rosatellum Bis. Una legge che tutto darà tranne che la governabilità.
E questa legge è stata voluta da entrami.

 

NOTA: l’immagine in questo post è stata tratta da “Il Fatto Quotidiano”.