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Widad Tamini “Il caffè delle donne”.

Widad Tamini “Il caffè delle donne” Mondadori editori.

(recensione di Anna Piccioni)

ll rito del caffè è un momento conviviale e serio per le donne della Grande Casa; la preparazione segue regole radicate nel tempo, perché il caffè deve essere intenso, superiore, ricco: si riempie l’ ibriq di rame di acqua una tazzina per ogni persona, fuoco alto e quando bolle si abbassa la fiamma tre cucchiai colmi di zucchero, lo si fa sciogliere fino quando diventa melassa, quando l’acqua é opaca si versano tre cucchiai colmi di caffè, girare il cucchiaio lasciando l’acqua divorare la polvere si alza l’ibriq tre volte dal fuoco colmo di caffè fumante…poi Teta (la nonna) batté con un colpo secco l’ibriq sul tavolino di legno perché il sedimento scendesse…poi lasciò depositare il caffè per qualche minuto…versò due dita in ogni tazzina, poi fece un secondo giro e un terzo, perché il caffè fosse miscelato in modo omogeneo (pag.72). Le donne sorseggiavano il caffè parlando del più e del meno, con grande interesse per i pettegolezzi del quartiere. ( pag 73). Il rito del caffè è legato alla tradizione di leggere il sedimento , ogni donna osserva le ombre disegnate all’interno della propria tazzina per conoscere il proprio futuro.

La protagonista è Qamar figlia di un Giordano e di un’Italiana, trascorre l’estate nella Grande Casa nel villaggio di Jabal al Akhdar vicino ad Amman presso i nonni paterni. Le giornate trascorrono spensierate e leggere in piena libertà nei giochi infantili tra bambini e bambine. Le cose cambiano quando la protagonista ha tredici anni e si scontra con la cultura islamica che le impedisce di essere se stessa. Sarà la sua ultima vacanza dai nonni. I ricordi della Grande Casa ritornano in mente a Quamar quando occidentalizzata adulta e sposata vive a Milano. Un aborto spontaneo la porta a rinchiudersi in se stessa a rifiutare addirittura l’amore;non riesce condividere il grande dolore e allora ripensa a questa sua doppia origine, che racchiude usi e costumi contrapposti; ripensa alle donne della Grande Casa alla loro vita condivisa e solidale. Sente il bisogno di recuperare le proprie radici. Il ritorno alla Grande Casa assieme al compagno e la scoperta di un’altra realtà le farà ritrovare la sua strada.

Note su Widad Tamini: nata a Milano 1981 figlia di un profugo palestinese e di una donna di origini ebree, che si sono conosciuti a Padova dove ambedue studiavano all’Università. Ha sposato uno Sloveno e vive in Slovenia. Ha scritto un romanzo Le rose del vento in cui racconta la storia delle sue famiglie.

L’intervista. Laila Wadia presenta “Trieste”, un libro scritto da otto donne che hanno trasformato Trieste da luogo a casa..

Intervista a Laila Wadia, scrittrice di origine indiana che vive a Trieste dove insegna presso la Scuola Interpreti dell’Università degli studi di Trieste.
Questa intervista è stata realizzata da Biagio Mannino in collaborazione con Radio Diffusione Europea per la trasmissione Passaggi a cura di Graziano D’Andrea.

NOTA: le foto in questo post sono realizzate da Biagio Mannino che ne ha la proprietà.

Natalia Ginzburg “LA FAMIGLIA MANZONI” ed. ET Scrittori.

Natalia Ginzburg “LA FAMIGLIA MANZONI” ed. ET Scrittori

Nuova Edizione a cura di Salvatore Nigro.

(Recensione di Anna Piccioni)

Nel 1983 uscì “La famiglia Manzoni” di Natalia Ginsburg raccolta di lettere che i membri della famiglia si sono scambiati nel corso della loro vita sia tra di loro che con gli amici.

La Ginsburg racconta in “un lessico famigliare” la storia di una Famiglia Lombarda vera e famosa , una famiglia numerosa che parte da una madre estrosa e insofferente, colta intelligente, e comprende otto figli , due mogli, un figliastro, ma schiacciata dal protagonista;e la figura del Manzoni andrà confusa con le altre, sarà vista di scorcio e di profilo…(L. Mondo -La Stampa 1983)

Dalla lettura la figura di Alessandro sembra ridimensionata: al grande scrittore simbolo del Risorgimento si contrappone un uomo, marito e padre, non sempre all’altezza del suo ruolo familiare. A ogni componente della famiglia la Ginsburg dedica un capitolo, “una stanza”, ma non ad Alessandro Manzoni.

Grazie a questo romanzo il lettore entra nel privato di una famiglia di un grande personaggio della letteratura italiana, e anche se la figura del Manzoni sembra in secondo piano è invece dominante, perché presente nei pensieri e nei discorsi di quelli, soprattutto le donne, che gli stanno attorno: è il capo-famiglia.

Nel Risvolto voluto dalla stessa autrice nella prima edizione del 1983 così scrive “Oh tentato di rimettere insieme la storia della famiglia Manzoni; volevo ricostruirla, allinearla ordinatamente nel tempo[…]Non volevo esprimere commenti, ma limitarmi a una nuda e e semplice successione dei fatti[…]volevo che le lettere, accorate o fredde, cerimoniose o schiette, palesemente menzognere o indubitabilmente sincere, parlassero da sé. Pure alcuni commenti mi è sembrato via vi impossibile non esprimerli. Sono quanto mai rari e brevi.”

L’autrice ha dovuto muoversi in mezzo a una grande quantità di materiale documentario: lettere, testamenti, memorie, documenti, biografie e ritratti, mantenendo una rigorosa coerenza cronologica

di una storia che attraversa centoquarantacinque anni di storia.

Non posso ora esimermi dall’ esprimere le mie impressioni su questo romanzo: già nel 1983 ho letto La famiglia Manzoni e mi lasciò quella volta un profondo senso di tristezza, ora a distanza di tanti anni devo ammettere che ancora di più sono entrata in empatia con la triste breve vita di tutte le figlie del Manzoni, morte in giovane età probabilmente di tubercolosi, tranne Vittoria che morì a settanta anni; e la sorte di Enrico e Filippo incapaci di gestire il loro patrimonio sempre indebitati, tanto da far quasi morire di fame i propri figli. Solo Piero sembra avere la testa sulle spalle ed essere il sostegno al padre dopo che nessun altro della famiglia è sopravvissuto. Enrichetta Blondel, morta a 42 anni, dopo quindici gravidanze e dodici parti di cui solo 8 figli sopravviveranno, non sembra aver avuto una vita fortunata.

Lo stile della Ginsburg, sobrio immediato, dà alla lettura vivacità e realtà tanto che il lettore sembra far parte di Casa Manzoni.

Gli epistolari sono sempre molto utili per conoscere la personalità di un individuo, se poi è un personaggio famoso conosciuto attraverso la sua scrittura possiamo entrare nel suo intimo.

Sarà difficile per noi oggi lasciare qualcosa di sé visto che non si usa più scrivere con la penna, ma si usano mezzi tecnologici, che un blackout mondiale potrebbe cancellare e cancellarci.