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Con Fabrizio Frizzi finisce un modo di essere.

foto(di Biagio Mannino)

La scomparsa di Fabrizio Frizzi ha lasciato sconcertato il numeroso pubblico televisivo italiano.
Frizzi, un presentatore che aveva accompagnato le serate da molti anni, il presentatore che prima di tutto era l’amico di chi lo guardava quotidianamente, l’uomo che aveva fatto dell’educazione e del bel modo di essere il suo elemento e caratteristica distintiva.
Sì, un metodo comunicativo che non lasciava spazio alle scorrettezze, alle brutte parole, alla presa in giro, alla volgarità.
La notizia ha colpito tutti e in molti l’hanno vissuta come se la perdita li riguardasse personalmente.
Un amico, un caro amico che viene a mancare e che crea una sorta di emotività collettiva dove tutti i singoli divengono il tutto e il tutto si identifica proprio nella figura dell’amico virtuale: Fabrizio Frizzi.
Diviene naturale allora porsi un interrogativo sul significato e sul valore che il mezzo televisivo ha nella vita di chi lo guarda.
Tra le tante interviste, una in particolare evidenzia un punto di profonda riflessione. Un’intervista in cui una telespettatrice dice di essere sola ma, alla sera, cenava sempre con Frizzi.
Allora il mezzo televisivo passa da quella funzione di informazione, di intrattenimento, ad una dimensione superiore: quella della socializzazione.
La virtualità dell’amico diviene strumento di compensazione delle proprie situazioni personali espresse in una società che, sempre di più, assume toni individualistici e ci trasforma inesorabilmente, tutti, in persone sole.
La compagnia, la presenza, l’elemento che colma ciò che manca si personifica nel personaggio televisivo attribuendogli, suo malgrado, responsabilità.
Ma l’attenzione non vale per tutti.
Frizzi rappresenta quel bisogno di una società diversa, di una società gentile, educata, cortese, lontana dai contrasti verbali, dalle violenze che emergono ovunque, dalle grandi alle piccole cose.
E così, di fronte ad una televisione dei reality show, in cui l’eterna discussione domina ed alimenta la tensione, si ricerca, nuovamente, l’amico, quello a cui affidarsi.
Un mondo strano e particolare, in cui modernità e sviluppo mal si ambientano con le più lente regole del vivere comune, in cui agli insulti nel mondo dei social, si chiede un ritorno alle buone maniere.
Ipocrisia? Mancanza di una visione realistica della realtà?
Tanti potrebbero essere gli interrogativi ma il senso di smarrimento in un mondo di relazioni sempre più difficili, è in costante aumento e porta all’inevitabile desiderio di quella quiete, di quel silenzio che solo gli eremiti hanno la forza di cercare.
Con Frizzi se ne va un modo di essere che, oggi più che mai, necessita di trovare altri che ne prendano l’esempio e ne facciano scuola.
Indubbiamente un senso di vuoto…

 

NOTA: l’immagine in questo post è tratta da http://www.corriere.it .

Le quattro candele.

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Le quattro candele.

In una stanza silenziosa stavano accese quattro candele.
La prima disse:
“Io sono la PACE, ma gli uomini, veramente, non la vogliono. Allora io mi lascerò spegnere”.
La seconda disse:
“Io sono la FEDE, ma gli uomini non credono più. Purtroppo non servo a nulla. Allora io mi lascerò spegnere”.
La terza disse:
“Io sono l’AMORE, ma il mondo è triste perché gli uomini non si amano più. Allora io mi lascerò spegnere”.
Entrò nella stanza scura un bambino.
“Aiuto! Aiuto! Ho paura del buio!”
La quarta candela lo tranquillizzò dicendo:
“Non avere paura. Con la mia fiamma accendi le candele spente e tornerà la luce!
Io sono la SPERANZA!”

Parabola ebraica.

Auguri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo da Il vento di nord est.

 

NOTA: l’immagine in questo post è stata realizzata da Biagio Mannino utilizzando una scena tratta dal  film “La vita è meravigliosa” – diretto da Frank Capra, con James Stewart e Donna Reed (1946).

Un po’ di poesia…

In un mondo dove sempre di più domina l’individualismo e la solitudine, un po’ di poesia ci porta nuovamente a guardare e vedere le cose.

(ild)

 

Agosto 2017

di Anna Piccioni

L’emozione non ha voce
ti strozza il respiro
Sei in gabbia
Le sbarre dei ricordi
impediscono il volo
Rimpianti di quello che fu
di quello che poteva essere e non è stato
e non è
Nemmeno io ci sono

– – – – – – –

Io non so
c’è nell’aria qualcosa
ho bevuto forse un drink
troppo forte
le immagini e i suoni
evaporano
ma si impregnano con forza
nell’anima
Qualcosa di magico
è la vita
che ci trascina inesorabile
importante è aggrapparsi
a un fragile ramo
l’amore, l’amicizia i ricordi
Io non so…

 

NOTA: l’immagine in questo post è opera di Biagio Mannino.