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Trieste: quando a Cattinara c’era una pineta… Adesso c’è… “un bel groviglio!”

Si riporta l’intervento completo che Paolo Radivo ha letto il 17 dicembre 2025 all’incontro pubblico di presentazione del libro bianco su Burlo e Cattinara (Trieste).
(di Paolo Radivo)

A Cattinara, per ingrandire l’ospedale e realizzare la nuova sede del Burlo, sono stati abbattuti 480 alberi e 75 arbusti. Ma a fine lavori diventeranno almeno 554 alberi e 94 arbusti, più quelli già tagliati per ampliare il depuratore fognario e quelli sacrificabili per la bretella viaria Altura – polo cardiologico. In tutto 750 alberi e 150 arbusti circa.

Nel 2018 dal piazzale ospedaliero interno si eliminò il giardino con 17 alberi e 11 arbusti promettendo di ripristinarlo, salvo decidere poi di erigervi il cubone Covid. Ossia impatto paesaggistico e isola di calore.

Sempre nel 2018 l’appaltatrice Clea iniziò a tagliare la vegetazione tra il polo cardiologico e via del Botro. Nel febbraio 2022 la subentrata Rizzani de Eccher riprese lo sbancamento. Perdemmo allora 104 alberi e 33 arbusti, ricevendo in cambio il «parcheggio sud-ovest», con quattro terrazzamenti, accessi pericolosi su via del Botro e sul piazzale del polo cardiologico e senza percorsi pedonali. Dal giugno 2023 tutto il traffico da e verso il polo cardiologico è dirottato su via del Botro.

Nella primavera 2022, ancora sul versante sud del polo ospedaliero, la Rizzani de Eccher segò 42 alberi e 31 arbusti per edificare il padiglione servizi, con parcheggio seminterrato, rotatoria, strada di collegamento e viadotto. L’opera è finanziata dal Fondo complementare del PNRR, che in teoria vieta di «arrecare danno significativo» all’ambiente…

Sulla collina di Cattinara, ventosa, franosa e già abbondantemente sfigurata, il nuovo Burlo si sparpaglierebbe addirittura in sette sedi.

La principale avrebbe cinque piani, tre di collegamento con l’ospedale ASUGI, un autosilo sotterraneo di due piani, una rotatoria e due strade laterali. Le sei sedi aggiuntive si collocherebbero:

1) nella torre chirurgica (degenza ginecologica e farmacia pediatrica);

2) nella piastra (pronto soccorso pediatrico e ginecologico);

3) nel poliambulatorio (odonto-stomatologia pediatrica, direzione sanitaria e direzione medica);

4) nel non ancora finito padiglione servizi inter-aziendali (laboratori);

5) nel futuribile “cubone Covid” (procreazione medicalmente assistita, alcuni ambulatori, genetica, una sala chirurgica e altri servizi);

6) nell’annunciato campus (direzione scientifica e spazi di studio per i ricercatori).

Un bizzarro spezzatino, insomma…

La pineta contava 296 alberi. Era un bosco, un ecosistema naturale, un bene comune, uno spazio pubblico, la “piazza verde” di Cattinara, l’“aula verde” della due vicine scuole slovene. Produceva ossigeno e composti inalabili benefici, catturava sostanze inquinanti, smorzava il vento, mitigava il freddo d’inverno, offriva ombra e fresco d’estate, rassodava il terreno, tratteneva e smaltiva l’acqua piovana, attenuava i rumori, abbelliva il paesaggio, proteggeva dall’elettrosmog, ospitava flora e fauna… In pratica dispensava salute psico-fisica gratis. Ma l’hanno distrutta in nome della salute, con il via libera della Soprintendenza.

Alcuni alberi furono recisi in varie fasi dopo il 2017, gli altri il 2-3 dicembre 2024. Nell’ex pineta i lavori per il nuovo Burlo vanno molto a rilento, mentre sul fondo impermeabile le piogge formano una squallida piscina. Nell’insidioso tratto iniziale di via Valdoni i pedoni sono a rischio.

La chiusura del parcheggio dipendenti attiguo all’ex pineta implicherà la scomparsa anche dei suoi 57 alberi e 15 arbusti residui, che proteggono veicoli e passanti da sole, pioggia e vento.

Poi si estirperanno i 14 lecci del piazzale dei bus.

Una volta demolita l’autostazione, onde consentire lo spostamento provvisorio dei capolinea, nel parcheggio visitatori di strada di Fiume si segheranno almeno 4 roverelle.

Finora nessuno degli alberelli e arbusti compensativi promessi è stato piantato. Comunque non potrebbero fornire in quantità e qualità gli stessi servizi ecosistemici di quelli rimossi.

Invece di avviare i lavori per il nuovo Burlo, la Rizzani de Eccher, in difficoltà finanziarie dal 2023, avrebbe fatto meglio a completare i suoi tre cantieri in forte ritardo: quello per la terza torre, finanziato dal PNRR, quindi da concludere entro il 31 dicembre 2025 e da collaudare e rendicontare entro il 31 marzo 2026 (salvo proroghe); quello per il padiglione che, essendo finanziato dal fondo complementare, ha le stesse scadenze; infine quello per la nuova camera iperbarica e l’adeguamento del pronto soccorso. Cosa ne sarà dei fondi PNRR?

Tra gennaio 2023 e metà 2024, un appalto parallelo ampliò il depuratore fognario ospedaliero e ricavò una strada sopra via Rio Storto, sbancando una fascia di bosco e prato-pascolo. Da ciò ulteriore consumo di suolo, cattivi odori e dilavamento del terreno quando piove forte.

Sui due terrazzamenti superiori del parcheggio sud-ovest si intende costruire un campus, con due/quattro piani più due di autosilo seminterrato. I lavori partirebbero nel 2027/2028 per durare tre anni.

Sparirebbero in tal modo i 145 posti macchina dei due terrazzamenti superiori. I 191 dei due inferiori sono già in buona parte occupati dal lunedì al venerdì mattina e pomeriggio. Dunque si esaurirebbero subito. Sotto il padiglione ne sono previsti 330, ma da riservare ai dipendenti.

Senza più i 300 stalli del parcheggio dipendenti, una trentina del piazzale dei bus, 50 del parcheggio visitatori, 145 del parcheggio sud-ovest e quelli per motorini sotto la tettoia dell’autostazione, prolifereranno le soste selvagge?

Dopo l’attivazione del campus si smantellerebbero le due arterie che collegano via del Botro al parcheggio sud-ovest. I veicoli accederebbero sia a questo sia all’autosilo del padiglione unicamente da via Valdoni.

Onde sgravare strada di Fiume dal traffico indotto dal nuovo Burlo, dal padiglione e dal campus, la proposta di Variante 7 al Piano regolatore prevede un complicato svincolo ad Altura tra la superstrada e via Alpi Giulie a ridosso delle scuole e una serpentina da via Alpi Giulie al polo cardiologico attraverso il bosco residuo dell’ospedale.

Si annienterebbero così altri 185 alberi. Quelli sostitutivi sarebbero meno della metà.

La bretella toglierebbe terreno vegetale, aumentando le temperature estive, abbruttendo il paesaggio, peggiorando il dissesto idrogeologico e disturbando la fauna. Incrementerebbe il traffico sulla superstrada, su via Alpi Giulie e via Valdoni, causando più rumore, inquinamento atmosferico e vibrazioni. Eliminerebbe per giunta posteggi gratuiti.

Il cantiere durerebbe almeno 27 mesi, con i relativi disagi e disturbi.

Però esistono già due svincoli tra superstrada e ospedale, sufficienti anche per il traffico generato dalle strutture sanitarie future, a condizione che si adottino semplici accorgimenti di regolazione della viabilità interna ed esterna all’area ospedaliera.

La Regione motivava il trasloco del Burlo sostenendo fra l’altro che la sede storica non era né ristrutturabile né ampliabile. Eppure dal 2021 sta finanziando la sua ristrutturazione edilizia, impiantistica e funzionale, nonché il suo ampliamento grazie all’acquisto e riatto di tre palazzine già dell’Opera San Giuseppe, con relativo parco e parcheggio.

La Regione diceva che il Burlo si trova in una zona congestionata, mal servita dai bus e priva di sufficienti parcheggi.

In realtà il traffico dipende soprattutto dal fatto che via dell’Istria, via Molino a Vento e strada di Fiume sono arterie principali, ora gravate anche dai condomini, dal supermercato e dall’autosilo costruiti là dove c’erano l’ospedale e il parco della Maddalena. Comunque sono ben servite dalla Trieste Trasporti. Si potrebbe semmai intensificare le corse notturne della linea A e prolungare la 37/48 fino alla stazione centrale.

La carenza di posti macchina si è ridotta con l’apertura nel 2021 dell’autosilo Eurospar da ben 750 stalli (spesso perlopiù vuoti). Alcuni spettano alla dirigenza dell’istituto. E nel comprensorio ospedaliero si è ricavato qualche ulteriore parcheggio per visitatori.

Cattinara è più periferica, meno facilmente raggiungibile dalla città e con un clima più aspro. Secondo il progetto esecutivo, il nuovo Burlo vi calamiterebbe ogni giorno il 20,34% in più di veicoli. Ma quelli su via dell’Istria non diminuirebbero riconvertendo le strutture ospedaliere.

Il direttore dell’ASUGI Poggiana ha affermato che la direzione strategica e gli uffici amministrativi dell’IRCCS non si sposteranno. Ma che fine farà il restante comprensorio?

Il Piano regolatore definisce quasi tutta la parte storica come area O1, destinabile a uffici, alberghi, attività commerciali, servizi e attrezzature collettive, parcheggi, residenze e attività connesse ad agricoltura o agriturismo. Stranamente però restano area S4 – Attrezzature per l’assistenza e la sanità il lato sud-orientale del parco e il settore già dell’Opera San Giuseppe, eccetto il poliambulatorio che è area S3 – Attrezzature per l’istruzione. Il parcheggio su via dell’Istria è invece area S1 – Attrezzature per la viabilità e i trasporti.

Un bel groviglio!

Il Piano regolatore prescrive altresì di allargare le vie Trissino e Battera, eliminando perciò il verde che le costeggia, nonché di creare una zona di sosta e ristoro con parcheggio pubblico da almeno 100 posti tra via Battera, la pista ciclopedonale e l’odierna palazzina laboratori.

Infine il Piano regolatore consente di sopprimere gli alberi tra il vialetto interno e l’ospedale (dove c’è l’alabarda fiorita), oltre che di demolire, ricostruire e ingrandire i vari edifici.

Avremmo dunque più cemento anche in via dell’Istria.

Eppure, volendo, il Burlo potrebbe allargarsi ancora nei paraggi acquisendo ulteriori edifici adiacenti…

Foto: la pineta di Cattinara… prima…

Foto: 11 dicembre 2025, la pineta di Cattinara, un anno dopo…

    “Riguarda tutti noi”: il docufilm dedicato all’istruzione per il reinserimento delle persone detenute.

    “Riguarda tutti noi”: il docufilm dedicato all’istruzione per il reinserimento delle persone detenute.

    Emilia Colella, Presidente dell’Associazione DOC , e Laura Pacini, Vicepresidente della stessa associazione, presentano a Il vento di nord est, il docufilm “Riguarda tutti noi”.

    Il progetto è finalizzato a far conoscere l’importante ruolo dell’istruzione per il recupero ed il reinserimento delle persone detenute.

    Si riporta il comunicato e l’immagine di copertina di questo post come ricevuti.

    Comunicato Stampa

    Mercoledì 10 e 17 dicembre a Trieste si presenta “Riguarda tutti noi”, il docufilm che racconta l’istruzione nel Coroneo per il reinserimento delle persone detenute

    I due appuntamenti ospiteranno alcuni protagonisti del docufilm di Giovanni Panozzo per valorizzare, insieme alle scuole del territorio, l’importanza dell’istruzione in carcere attraverso le esperienze di DOC – Docenti per l’Istruzione in Carcere APS

    TRIESTE, 20 novembre 2025 – Mercoledì 10 e il 17 dicembre alle ore 9.30, nella sala Luttazzi del Magazzino 26 del Porto Vecchio di Trieste, DOC – Docenti per l’Istruzione in Carcere APS formata da docenti e operatori che lavorano nei contesti detentivi favorendo scambi, sinergie e supporto professionale utili al reinserimento sociale e lavorativo delle persone in esecuzione penale, presenterà, in due appuntamenti che vedranno la presenza di numerosi ospiti ed esperti che vi hanno preso parte, il docufilm “Riguarda tutti noi” di Giovanni Panozzo, anche autore delle musiche originali, nato da un’idea di Emilia Colella e Laura Pacini e realizzato dall’associazione DOC – Docenti per l’Istruzione in Carcere APS grazie al contributo straordinario ex L. n. 7/2024 della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, in collaborazione con il Comune di Trieste, il Provveditorato Regionale per il Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, La Casa Circondariale “Ernesto Mari” di Trieste e il Tribunale di Sorveglianza di Trieste. Gli eventi sono inseriti nella rassegna “Una Luce Sempre Accesa” promossa e organizzata dal Comune di Trieste – Assessorato delle Politiche della Cultura e del Turismo.

    Il film racconta i percorsi di istruzione e formazione che si svolgono all’interno della Circondariale di Trieste “Ernesto Mari”, e lo fa dando voce alle persone detenute, e ai docenti e agli operatori che sono impegnati quotidianamente nella promozione del valore dell’istruzione come leva per il reinserimento sociale e lavorativo: dal laboratorio “Slow Gusto: tecniche di cucina marinara” condotto da Umberto Zerbo e Antonia Didonè, chef e titolare della Trattoria “La Gassa” a Sant’Alò (località in Santo Stino di Livenza, VE), al corso di serigrafia a cura della Cooperativa Centro Solidarietà Giovani “Giovanni Micesio” di Udine, che ha curato anche il corso di Tecniche di Web and Digital Marketing; dal corso di yoga tenuto dalla docente Anna Ciconali a quello di fumetto a cura del CPIA – Centro Provinciale Istruzione Adulti di Trieste con il docente Federico Fumolo; e ancora, il laboratorio di Manutenzione di interni a cura di IAL Trieste, che ha coordinato anche il corso di Sala e Bancone, al Corso di scrittura creativa della Cooperativa Basaglia, per arrivare infine al progetto “Oltre le sbarre, sotto la sabbia”, realizzato dallo psicopedagogista Stefano Bertolo, il quale attraverso il laboratorio di Comunicazione efficace ha condotto il lavoro con le donne detenute del Coroneo sulle possibilità di narrazione dell’”Antigone” di Sofocle.

    Oltre alle testimonianze di docenti e detenuti non mancano all’interno del docufilm le voci di chi lavora da dietro le quinte per costruire questo ponte reale fra il dentro e il fuori incarnato dall’istruzione in carcere: la Presidente di DOC Emilia Colella insieme agli interventi puntuali di altre voci autorevoli, tra cui quelle di Mitja Gialuz (Presidente della Barcolana e professore ordinario di Diritto processuale penale dell’Università di Genova) e Patrizio Bianchi (ex Ministro dell’Istruzione e già rettore dell’Università di Ferrara).

    È ormai noto che le strutture carcerarie italiane presentano criticità storiche: sovraffollamento, infrastrutture obsolete e carenze nei percorsi trattamentali. Questo determina disagio tra detenuti e personale, con frequenti episodi di tensione e tragedie come suicidi o rivolte.
    Il progetto mira a rendere visibile e comprensibile la realtà del carcere, abbattendo stereotipi e stigmatizzazioni. Senza mancare di mettere a fuoco una riflessione sul tema della giustizia e della responsabilità sociale, il docufilm cerca di fornire anche una visione scevra da stereotipi integrando la necessità di trasmissione di questa immagine anche al mondo della scuola, e per questo nel corso dei due incontri in Sala Luttazzi ci si rivolgerà in larga parte anche agli studenti, al personale docente e, più in generale, a chi opera all’interno degli istituti scolastici.

    Così dichiara la Presidente di DOC, Emilia Colella: «Tra gli obiettivi che ci siamo prefissati con la creazione di questo docufilm c’è quello di sensibilizzare non solo la società civile con un occhio di riguardo agli studenti, gli uomini e le donne di domani, ma anche le Istituzioni competenti affinché si possa costruire un vero asse dell’istruzione carceraria, in grado di riconoscere una specificità professionale al docente che lavora in carcere, per rendere il suo ruolo più autonomo, competente e connesso con il territorio. Il docente carcerario non può più essere considerato un semplice ospite nel sistema penitenziario, concezione arcaica e obsoleta per i tempi complessi che viviamo, ma deve diventare un ponte stabile tra il carcere e il mondo esterno, capace di integrare istruzione, formazione, progettazione, orientamento e reinserimento. “Riguarda tutti noi” racconta anche le difficoltà che incontriamo, le barriere che esistono tanto quanto la possibilità di aprirle. Il messaggio è che se l’istruzione fallisce o non arriva in quei luoghi chiusi e totalizzanti a pagare non è solo chi sta dentro. A pagare siamo tutti noi».

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    Guerra Chiama. Guerra Dove porta il riarmo? Il VIDEO del convegno.

    Guerra Chiama Guerra. Dove porta il riarmo?
    CONVEGNO: sabato 20 settembre 2025 ore 17.00 – 19.00 Sala Xenia – Riva III novembre 7 – Trieste
    I tradizionali strumenti della diplomazia e del diritto internazionale appaiono oggi deboli e delegittimati. L’utilizzo di un rampante militarismo – l’idea che la guerra sia il mezzo più opportuno per conseguire dei fini politici – si sta rapidamente insinuando nella società. La soluzione per la “sicurezza” prospettata da molti leader sembra passare quasi esclusivamente per un rapido e massiccio riarmo.
    Quanto sono giustificati i timori per la sicurezza in Europa? L’informazione attuale esprime adeguatamente la complessità di un mondo sempre più multipolare? Il militarismo, il nazionalismo, la logica dell’escalation, quali conseguenze possono avere sulla società? Quanto costa il riarmo?
    Queste le principali questioni trattate nel convegno che si avvale di qualificati relatori alcuni con esperienza diretta sul campo di guerra.
    Partecipano:
    ► Marc Innaro, scrittore e giornalista, già storico corrispondente Rai da Mosca, Gerusalemme e da Il Cairo. Ha seguito da vicino i conflitti e le tensioni che hanno attraversato l’Est Europa, il Medio Oriente e l’Africa.
    ► Diana Bošnjak Monai, scrittrice, illustratrice, è nata a Sarajevo da una famiglia multietnica e multiculturale. Ha conosciuto la tragedia delle guerre balcaniche che ha raccontato in alcuni suoi libri.
    ► Francesco Vignarca, Coordinatore delle campagne della Rete Italiana Pace e Disarmo è autore di diversi libri e articoli sul tema degli armamenti. È co-fondatore di «Milex» – osservatorio sulle spese militari italiane.
    ► Introduce e modera: Biagio Mannino, giornalista specializzato in politica internazionale e analista della comunicazione pubblica.

    Il convegno è stato realizzato dal Comitato Mutuo Appoggio Lavoratori Radio TV in collaborazione con Il vento di nord est.