Via Giulia n.3

(di Anna Piccioni)

 

Che il clima culturale stia cambiando?
Stavo aspettando l’autobus all’inizio di via Giulia, precisamente davanti al n. 3, di fronte al monumento a Domenico Rossetti. Un tempo a quel numero c’era un caffè : il Caffè Milano. Era frequentato da letterati come Benco, Svevo, Saba Stuparich Bazlen. Ricordo che fino gli anni ’60 era ancora un caffè, no un bar: c’è una bella differenza. Gli arredi ottocenteschi, emanavano ancora un’atmosfera pregnante di cultura, gli odori degli aromi si mescolavano al fumo di sigarette, di pipe e di sigari. Si respirava un’aria ottocentesca. Poi un bel giorno chiude e si trasforma in banca; poi  sede di Equitalia. Un giorno trovandomi lì a far la fila alzo gli occhi e in alto su una tabella è scritto che quel locale è l’antico Caffè Milano frequentato da Bobi Bazlen.
Probabilmente pochi Triestini sanno chi era Bobi Bazlen, tuttavia nel palazzo Gopcevich la sala al pianoterra è a lui intitolata.  “Nacque a Trieste il 10 giugno 1902 da Eugenio e Clotilde Levi Minzi. Il padre, tedesco, originario di Stoccarda e di religione luterana, morì l’anno seguente la sua nascita, e il B., Bobi per gli amici, fu cresciuto dalla madre e dalla famiglia materna, appartenente alla media borghesia ebraica triestina. A Trieste, fino a che la città non passò all’Italia, fu allievo del Real Gymnasium. tedesco, il che, oltre a dargli la perfetta padronanza della lingua tedesca, gli consentì una formazione aperta alla grande cultura mitteleuropea, ignota ed estranea all’educazione scolastica italiana.
Frequentò a Trieste, senza laurearsi, la facoltà di economia e commercio e si impiegò quindi per breve tempo in una ditta di esportazioni. Nell’inverno 1923-1924 si trasferì a Genova avendo trovato un impiego presso l’Atlantic Refining Co. per interessamento di un commerciante di origine greca, Alessandro Psyllàs, e qui conobbe Eugenio Montale; ma l’anno successivo ritornò a Trieste e di quel clima, crogiolo di civiltà, il B. avrebbe sempre ricordato alcune virtù: “anche se Trieste non ha dato grandi valori creativi, è stata un’ottima cassa armonica, è stata una città di una sismograficità non comune: per capirlo, bisogna aver visto le biblioteche sulle bancarelle dei librai del ghetto, al principio dell’altro dopoguerra, quando l’Austria s’era sfasciata, e i tedeschi partivano o vendevano i libri di gente morta durante la guerra. Tutta una grande cultura non ufficiale, libri veramente importanti e sconosciutissimi, ricercati e raccolti con amore, da gente che leggeva quel libro perché aveva bisogno di quel libro … Ancora adesso, se sento di libri definitivamente introvabili e che sono stati rivalutati in questi ultimi venti o trent’anni, e che non ritroverò mai più, ricordo che mi passavano per le mani, sulle bancarelle del ghetto, una trentina d’anni fa, polverosi e pronti a essere dispersi, a una lira l’uno, a due lire l’uno” (Note senza testo, pp. 147 s.). A Trieste, finché ci visse, il B., che manifestò fin da giovanissimo particolare sensibilità e interesse per la letteratura, frequentò l’ambiente intellettuale cittadino, conosciuto e ben accolto da uomini quali Silvio Benco, Umberto Saba, Italo Svevo e il più giovane Giani Stuparich….Nel 1962, essendo ormai chiara l’impossibilità di ritagliarsi un suo programma all’interno di altre case editrici, il B. fondò, a Milano, con Luciano Foà, la casa editrice Adelphi di cui impostò.il catalogo secondo i suoi molteplici e specifici interessi. In questi anni il B. aveva sempre intervallato il soggiorno romano con frequenti viaggi, trascorrendo in particolare lunghi periodi a Londra. Dopo il 1964, quando fu sfrattato da via Margutta, non ebbe più una residenza fissa. Morì improvvisamente a Milano, in un albergo, il 27 luglio 1965.” ( da Enciclopedia Treccani Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 34 (1988) di Aldo Grasso) Già queste brevissime note biografiche danno idea dello spessore intellettuale del Bazlen.
Ma tornando al n. 3 di via Giulia, ora è occupata da una sala corse, scommesse, giochi . Si aprono sale giochi, si installano macchinette mangia soldi. Si chiudono librerie, si aprono negozi e bar gestiti da cinesi; anche le edicole stanno chiudendo. In compenso ci sono molti negozi per animali con cucce hollywoodiane, collarini  con lapislazzuli e swaroskj e t shirt. Forse sono rimpianti di una donna dell’altro secolo, ma mi piacerebbe ancora vedere ascoltare e respirare quell’atmosfera culturale e intellettuale del primo novecento che hanno reso Trieste una città cosmopolita e ha “sprovincializzato” la letteratura italiana.

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