(di Biagio Mannino)
Si pensava che con il nuovo millennio certe cose non si sarebbero viste. Almeno per quanto riguarda quella realtà chiamata Unione Europea.
L’importanza dei popoli, l’abbattimento dei confini, il cittadino al centro di tutto, il valore di essere europei, il significato di democrazia, oramai, sono dati per scontati.
E invece, dalla Spagna, inaspettato ma non troppo, è giunto chiaramente il messaggio che tutto ciò… non è.
La giornata di ieri ha mostrato l’insieme di quelle azioni che in politica non devono essere assolutamente fatte. Una sorta di manuale di istruzioni del pessimo politico: Mariano Rajoy ha fallito in tutte le direzioni mettendo a grave repentaglio non solo la Spagna ma tutta l’Unione Europea e creando un grave imbarazzo planetario.
La volontà autonomista catalana ha radici antiche e quel desiderio di indipendenza trova una maggiore affermazione nel momento in cui la crisi economica e finanziaria del 2008 colpisce in particolare proprio il Paese iberico.
In un contesto europeo dove la politica tedesca impone rigore, i riscontri opposti e la voglia di andarsene, inevitabilmente, si diffondono un po’ in tutto il continente.
La Catalogna in particolare si trova ad affrontare una crisi con un doppio rigorismo da affrontare: quello europeo e quello spagnolo che proprio nelle capacità economiche di Barcellona vede la soluzione ai problemi dell’intero Stato.
Nel momento in cui il desiderio secessionista incomincia a prendere piede, la reazione del Governo centrale è quella di forte opposizione e le minacce di repressione vengono usate con grande faciloneria: quanto di più errato in realtà che si definiscono democratiche.
In tale situazione un inevitabile confronto a chi è il più forte si innesca dando così la strada libera proprio a coloro i quali parlano di autonomia.
L’attenzione dei mass media diviene globale ed il Presidente del Consiglio Mariano Rajoy, sorretto da una debolissima maggioranza, si trova a condurre il ruolo dell’uomo forte per non perdere il proprio consenso.
Ma i catalani vanno avanti e nonostante tutto, più di due milioni di persone si recano alle urne e quasi il 90% di questi si esprime a favore dell’indipendenza.
La serie di errori di Mariano Rajoy prosegue con il discorso televisivo dove viene negata l’evidenza e, di conseguenza, la possibilità di un compromesso e così, il muro dell’incomunicabilità si rafforza ancor di più.
La UE tace non sapendo quale possa essere il male minore: uno scontro interno in uno dei principali Stati membri o il riconoscimento di una volontà autonomista che potrebbe dare il via ad una serie di analoghe iniziative?
La Scozia, l’Irlanda del nord e tante altre realtà sono pronte a seguire l’esempio in uno strano percorso di distacco da ciò che è per rientrare in una sorta di legame proprio con l’Unione Europea.
Forse è iniziata la fine degli Stati europei post Seconda Guerra Mondiale e, invece, è iniziata la ridefinizione della stessa carta geografica del continente.
Intanto il mondo guarda attonito all’ennesimo tentativo autolesionistico europeo e con uno sguardo attento al Kurdistan dove, anche là, la voglia di indipendenza potrebbe innescare pericolosi percorsi nell’area Medio Orientale con implicazioni anche nei Paesi caucasici.
NOTA: l’immagine in questo post è tratta da www. Wikipedia. it.
Il processo di disgregazione è iniziato nel 1991 con la dissoluzione della Jugoslavia, che ha avuto il suo apice con 3 mesi di bombardamenti di una città europea. Prosegue con l’Ucraina, dove si spara ogni giorno, e non si sa come finirà. A chi giova? Alla Catalogna seguiranno le Province Basche?
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L’impressione è che il “sogno” europeo sia destinato a rimanere tale.
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