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La recensione: “Alla cieca” (Claudio Magris – edizioni Garzanti).

(Recensione di Anna Piccioni)

Claudio Magris “Alla cieca” edizioni Garzanti -prefazione di Eugenio Scalfari

La prima volta che ho iniziato a leggere “Alla cieca” di Claudio ; Magris è stato con il gruppo di lettura che frequentavo. Non ho finito di leggerlo: forse perché obbligata, forse perché non sono particolarmente interessata alla scrittura di Magris, forse perché è una storia talmente ingarbugliata che mi provocava fastidio. Dopo circa quattro anni ho ripreso in mano il libro e ho ricominciato a leggerlo: è stato per sfida! Essendo una lettrice “compulsiva” non sia mai che lasci un romanzo in sospeso! Mi sono ripromessa di leggere senza prender note, senza soffermarmi a riflettere o cercare di trovare un filo logico; cioè l’ho letto alla cieca, navigando a vista.
Certo la scrittura, lo stile distingue Magris e in più la sua cultura mitteleuropea trasborda in ogni frase. E’ un romanzo che ti “frastorna” passando attraverso piani storici e temporali: dagli Argonauti e il vello d’oro a Dachau, Goli Otok, l’Istria, la Tasmania, l’Irlanda, Danimarca, Inghilterra, Trieste…L’Io narrante è lo stesso:un malato di mente, un megalomane, uno scrittore, un sopravvissuto, un fondatore di città, uno schizofrenico curato dal dottor Ulcigrai, un cybernauta, un comunista Il mare è come il Partito- sono altri a sapere dove andare; la corrente e le maree non le decidi tu, le segui [pag. 67]
Parla dell’amore di Maria che diventa Mariza, Marie, Norah e Mangawana:una sola donna o una Polena.
Un Io che muore nelle profondità del mare, che condivide la violenza subita dai galeotti, ma poi risorge sul ponte di una nave, di una galera, o di un caiccio. Un Io che cambia i suoi nomi a seconda del tempo e del luogo: è Tore, Jan Jansen, Nevèra, Stijela e tutti gli altri…
In tutto questo labirinto di fatti, pericoli, sofferenze, dolori c’è un filo conduttore: il mare che unisce storie,leggende, e terre lontane. IL mare è la vita, la pretesa tracotante di vivere di espandersi,di conquistare – dunque è la morte, la scorreria che depreda e distrugge, il naufragio… [pag 288]
Ah,se ci fosse solo mare, mare senza neanche un’isola dove un piede possa stampare un’orma di dolore. [pag 307]
Dopo questa seconda lettura non so dare un giudizio, tuttavia mi ha attratto nelle sue storie “deliranti”.

La recensione: BERNARDO ZANNONI “I MIEI STUPIDI INTENTI”.

BERNARDO ZANNONI “I MIEI STUPIDI INTENTI” – SELLERIO EDITORE.

(Recensione di Anna Piccioni)
Vincitore premio Campiello

Dopo aver letto il romanzo del giovane Bernardo Zannoni non ho avuto dubbi che avrebbe vinto il premio Campiello. L’escamotage, la trovata ingegnosa, di far parlare il mondo animale che vive nella foresta con le sue regole e i suoi istinti e tuttavia le tane hanno cucina, sedie, tavoli, camere da letto finestre; probabilmente vista la giovane età dell’autore, 24 anni, è una reminiscenza dei fumetti della sua infanzia. Una vita animale antropomorfica. Appena iniziata la lettura ho pensato di trovarmi nella suburra, mi sono apparse le immagini del mondo anaffettivo, amorale del film “brutti, sporchi, e cattivi” di Ettore Scola, ho creduto a una sovrapposizione di mondo animale e mondo umano. Mi sbagliavo era proprio la tana di una famiglia di faine. Il protagonista è una faina, Archy che poi sarà accolto da una volpe, Salomon, che sa leggere e scrivere e insegnerà molte cose perché ha il libro.
Vengono trattati temi importanti: Dio, la morte, l’amore, il tempo… In questo vero/fantastico mondo la scrittura, lo stile prende il lettore; gli intelligenti e profondi ragionamenti della volpe e la faina che pensa “ queste considerazioni mi impegnarono per un brevissimo istante” fanno riflettere sulla condizione umana. Oserei dire che ci sono profonde riflessioni filosofiche
Riporto alcuni passi che trovo particolarmente significativi: pag. 64 : Prima volontà di Dio la Morte
Quando gli altri se ne vanno…si addormentano per sempre…gli altri non c’entrano niente, tocca a ciascuno di noi. Assurda consapevolezza. Da giovani non c’è la consapevolezza della morte… Dio è il Padre del Mondo…l’unico che non muore…la morte la uccidi se non ci pensi, perché non è adesso
pag. 69 scoperta dell’Uomo: la Volpe racconta di non aver mai cercato un senso più profondo del suo solo istinto. Cominciò a spiare gli Umani. La parola di Dio lo colpì sulla testa ancora più forte. La verità sulla vita distrusse quello che era stato fino a quel momento sradicandolo da se stesso
pag. 87 Archy : il presente era tornato ad essere il mio mondo per qualche attimo, e fuori di quello, il nulla. Ero un animale ero felice. Comportarsi da animale istintivamente, togliere la logica delle azioni, la consapevolezza, la coscienza fa ritornare felici. La felicità è lo stato di natura istintiva. pag. 97 se non avessi conosciuto Dio non mi sarei lamentato così tanto…avrei accettato ogni cosa che veniva da vero animale. Scontro continuo tra istinto e razionalità, ma soprattutto contro Dio causa dei nostri mali, se non lo conosci non hai nessuno contro cui scagliare la tua collera per le avversità che ti colpiscono. La libertà è tristezza.
I pensieri degli Umani sono pieni di se e ma di un prima e un dopo, hanno questo fastidioso difetto gli animali vivono il presente

Spero con questi pochi indizi di aver incuriosito.

LA RIVOLTA DEGLI ASTENUTI AL VOTO.

(di Pio Baissero)

“Saggio sulla lucidità!”: di questo libro del Premio Nobel per la letteratura del 1998, il portoghese Josè Saramago, avevo un vago ricordo. Ma questi giorni mi è riemerso nella memoria. Per quale motivo? Perchè Saramago, già nel 2004, ci aveva fatto entrare, con prosa incredibilmente efficace, nella profonda crisi della democrazia e nella sua mistificazione ad opera di Governi e partiti di ogni colore. Così lo scrittore aveva prefigurato, nel romanzo, un supremo e pacifico atto di ribellione delle persone. Un atto compiuto in un Paese descritto come un inferno dove la politica non riesce a risolvere nulla, il potere economico è altrove e deride la gente, i diritti umani sono abilmente calpestati. In quel Paese il cittadino non riesce più a dir la sua, ad opporsi agli abusi. Alla fine, quando giunge il momento elettorale, prende una decisione irriverente. Spinto da incontenibile indignazione, il corpo elettorale decide – con l’80% degli aventi diritto – di affrontare la deprimente realtà con inaspettata lucidità (da qui il titolo del libro): con un enorme “BASTA” diserta i seggi elettorali. Un “non voto” che suscita prima l’ira e poi la violenta reazione del Governo e del sistema politico. Saramago paragona quella ribellione all’ululato di un cane. Insomma, i cittadini di quell’immaginario Paese avevano provato a parlare, discutere e confrontarsi col potere , ma del tutto inutilmente. Ecco perchè, nella narrazione dello scrittore, non restava al cittadino che ululare, ovvero tentar di riprendere col “non voto” coscienza o lucidità, insomma ribellarsi ad un sistema che pretende di controllare in modo assoluto la vita e le relazioni umane.

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