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Energia, api e politica: a Muggia un incontro dedicato all’ambiente.

(di Biagio Mannino)

 

Giovedì, 3 novembre 2016, presso la Sala Millo di Muggia, si è svolta una lezione – conferenza a “tre voci” il cui titolo, “Energia, il mondo delle api e la politica”, ha destato,da subito, un grande interesse e curiosità.
Organizzato dalla sezione di Muggia dell’Università della Terza Età di Trieste, l’incontro ha visto una grande partecipazione degli iscritti e i tre conferenzieri, Carlo Troiani, Livio Dorigo e Biagio Mannino, hanno affrontato, sotto punti di vista differenti, un problema che ci accomuna tutti: la tutela e la necessità di preservare l’ambiente.
Nel corso della lezione conferenza, voluta dai responsabili della struttura muggesana, Fulvio Piller ed Edi Ciacchi, sono stati affrontati temi profondi sotto aspetti tecnici e politici, naturalistici ed antropologici.
L’utilizzo crescente delle risorse energetiche, fonte primaria per consentire il percorso di un progresso continuo, mal si concilia con l’ambiente, che risente delle attività umane sotto forma di inquinamento.
Di fronte a questo problema la consapevolezza, sostiene Carlo Troiani, diviene fondamentale per comprendere ed essere responsabilizzati.
Infatti, aggiunge Livio Dorigo, un indicatore ambientale fortemente significativo, è ben rappresentato dalle api che, con la loro presenza o meno nel territorio, ne rivela i livelli di salubrità.
La tutela del paesaggio, continua Biagio Mannino, significa tutelare noi stessi poiché, del paesaggio ne facciamo parte come elemento in quel grande contenitore fatto di aspetti naturalistici, geologici, vegetali e, appunto, antropici.
La stessa urbanistica vede come, in particolare nell’Italia centrale, oggi colpita duramente dai terremoti, i borghi siano incastonati nell’ambiente circostante andando a costituire un unico contesto paesaggistico.
E a quelle visioni costruttive del passato oggi possiamo comparare, a livello mondiale, quei danni ambientali, di immensa portata, che  riscontriamo, ad esempio, in Cina, nelle metropoli gigantesche, dove diviene perfino difficile vedere il cielo.
La politica si muove in un modo poco comprensibile e le decisioni, che necessiterebbero velocità di intervento, appaiono lente e lasciate alla buona volontà dei singoli.
Nulla è gratis, sostiene Biagio Mannino. Le comodità, l’indiscutibile miglioramento della vita dell’uomo dato dal progresso, si paga con altra moneta: l’inquinamento e, di conseguenza, con un ripercuotersi proprio su quel livello di qualità di vita faticosamente raggiunto.
Sono stati questi solo alcuni dei temi che i relatori hanno affrontato e che il pubblico ha dimostrato di gradire.
Infatti, a conclusione delle relazioni, tante erano le domande e le riflessioni a dimostrazione di come, un tema così delicato, stia a cuore di tutti noi.
Un ringraziamento va agli organizzatori, Edi Ciacchi e Fulvio Piller, che, sempre attenti e propositivi, si impegnano nella direzione del raggiungimento della consapevolezza.

 

NOTA: l’immagine in questo post è di Biagio Mannino.

Elezioni USA 2016: tanta comunicazione, poca politica.

(di Biagio Mannino)

 

Le elezioni USA 2016 hanno messo in evidenza molto poco sul piano dei contenuti politici ma molto su quello della comunicazione.
Discussioni, contrasti, accuse reciproche mostrano come, in questa occasione, gli elettori americani siano immersi in vicende molto lontane da quel significato che ha il termine “politica” e, al contrario, assistano ad uno spettacolo che, mai come quest’anno, si presenta poverissimo di contenuti ma estremamente affascinante da seguire se si fa finta, per un  momento, che chi sarà eletto alle prossime presidenziali, non sarà investito di un’enorme responsabilità di portata globale.
La comunicazione politica americana dà, in queste occasioni, il meglio, ma anche il peggio, di sé.
Il meglio, poiché le tecniche comunicative, psicologiche, sociologiche, politologiche si raffinano quanto mai allo scopo unico di vincere, vincere le elezioni, senza però curarsi del dopo.
Il peggio, poiché le capacità professionali vengono investite non nel valorizzare il proprio candidato quanto nel screditare l’avversario.
Così al proprio merito subentra il demerito dell’altro e la migliore difesa diviene l’attacco. Capacità di confronto verbale e non ricchezza di linguaggio sono elementi alla base dei talk show televisivi, determinanti per il conseguimento del risultato.
Un esempio degno di studio ed attenzione è stato il primo confronto televisivo tra Hillary Clinton e Donald Trump.
L’attenzione dello spettatore – elettore era solo in apparenza concentrata sul messaggio verbale. In realtà, quello che dominava, era il messaggio non verbale.
Prima di tutto lo studio in cui si svolgeva il dibattito: il colore dominante era il blu e, lungo il perimetro alto dello stesso, erano ben evidenti tante stelle bianche.
La scelta di Hillary Clinton di presentarsi con un abito completamente rosso è stata quanto mai centrata.
Infatti quel rosso andava, assieme al blu ed alle stelle bianche, a completare gli elementi base della bandiera americana, bandiera che negli USA più che mai ha un forte valore simbolico.
Inoltre il colore rosso dava alla Clinton un impatto caldo a chi la guardava.
Hillary Clinton ha saputo unire il non verbale con una grande presenza di scena: di fronte alle domande del moderatore sapeva gestire la telecamera non guardandola o guardandola, direttamente, nel momento in cui la sua risposta andava a vantaggio dei potenziali elettori.
Ed era quello l’attimo: lo sguardo fisso sulla telecamera, un sorriso non eccessivo, interagendo direttamente con l’elettore, uno per uno, portandoli ad un punto di incontro personale ed individuale.
Donald Trump, al contrario, non ha avuto lo stesso effetto. Un abito con una giacca scura ed una camicia chiara creava, a seguito dell’illuminazione delle lampade nello studio, una sorta di immagine fredda e, di conseguenza, non gradevole allo spettatore.
Il nervosismo era evidente e la presenza sul palcoscenico imbarazzata ed impacciata.
Di fronte al sorriso impercettibile di Hillary Clinton, Donald Trump mostrava un volto irrigidito.
Ma… i contenuti? Assenti! Completamente assenti, dove accuse reciproche e slogan  molto poveri venivano appena percepiti lasciando spazio invece al messaggio non verbale che colpisce il cittadino e, inconsapevolmente, lo rende elettore.
Vero è che, anche dagli Stati Uniti, arriva il chiaro segnale che la politica, quella vera, quella fatta di risoluzione dei problemi della gente e di pianificazione per le generazioni future, appare in pieno declino e lascia sempre di più spazio alla nuova politica che ormai si chiama… intrattenimento.

Gli Stati Uniti dal passato verso il… passato remoto.

(di Biagio Mannino)

 

Sono ormai conclusi gli otto anni del doppio mandato di Obama.
Un nuovo messaggio fu inviato al mondo quando, nel 2008, Obama fu eletto Presidente degli Stati Uniti, e il mondo tutto lo accolse con molto interesse e grandi aspettative.
Un afroamericano era alla guida del Grande Paese, dando un taglio netto all’esperienza  precedente rappresentata da George Bush, esperienza caratterizzata dagli avvenimenti del 11 settembre e soprattutto dalla guerra in Iraq.
Uno sforzo militare  enorme e dispendioso, in quegli anni, che di fatto portarono gli Stati Uniti alla crisi economica e finanziaria del 2008, una crisi che si  estese a macchia d’olio in tutto il mondo.
L’elezione di Obama rappresentava la speranza che la fine  della guerra in Irak potesse dare inizio ad una nuova era e  ponesse i popoli, in una collaborazione di pace  combattendo uniti la grande crisi economica e finanziaria  che si era creata. Nonostante l’intenso lavoro intrapreso i risultati desiderati non si ottennero.
A otto anni di distanza il mondo si trova al punto di partenza: le guerre non sono affatto concluse  e ad esse si sono aggiunte ulteriori forme di belligeranza costituite dal  terrorismo. Terrorismo che ormai colpisce ovunque nel mondo in particolare nel Medio  Oriente.
Anche l’Europa sta diventando un  terreno  vittima di queste orribili azioni.
E’ sufficiente ricordare gli ultimi atti terroristici avvenuti in Europa.  La situazione globale appare sempre più destabilizzata.
Quella crisi economica e finanziaria non sembra affatto risolta  e il Nobel dato “alle intenzioni” ad Obama si è dimostrato, oltre che prematuro, molto discutibile.
Otto anni sono passati, come detto gli Stati Uniti oggi vedono in Obama non più la figura che allora avrebbe dovuto rappresentare un grande cambiamento, un grande rinnovamento. In realtà si è rivelato un traghettatore, il Caronte di quella che fu l’America dell’unilateralismo, l’America forte, l’America centro del mondo, verso quella che invece è,  una delle tante potenze, non più in grado di imporsi da sola nelle scelte geopolitiche.
Obama il traghettatore, tra il passato e il futuro, ma quel futuro appare oggi come un passato remoto.
Le elezioni presidenziali 2016 sono ormai alle porte e il secondo martedì del mese di novembre vedrà l’epilogo di un percorso iniziato  in gennaio.
Il sistema elettorale statunitense prevede un iter estremamente lungo che inizia con le elezioni primarie, per poi concludersi con quelle che sono le elezioni ufficiali del Presidente degli Stati Uniti.
Le elezioni primarie servono esclusivamente a determinare chi sarà il candidato ufficiale di ciascuno dei due partiti.
Per quanto riguarda il Partito Repubblicano,   la scelta è andata sul miliardario Donald Trump, una figura  controversa e molto discussa che, ad ogni modo, pur non piacendo ai vertici del partito, è assolutamente gradito dalla base, che l’ha fortemente voluto come candidato dei repubblicani.
Il Partito Democratico, al suo interno, ha visto una competizione sicuramente più accesa, più aspra, e fortemente  intensa.
Le due figure contrapposte erano Hillary Clinton e Bernie Sanders.
Hillary Clinton è prevalsa, nonostante l’avversario avesse delle idee, decisamente più moderne, ispirate   al sistema socialdemocratico europeo e certamente gradite al target dei giovani  elettori americani.
L’effetto novità di Hillary Clinton è rappresentato esclusivamente dal fatto di essere la prima donna candidata alla presidenza degli Stati Uniti.
In realtà è presente sulla scena politica americana da quasi trent’anni quando, nel 1992, diveniva First Lady in occasione dell’elezione a Presidente del marito Bill Clinton.
Una carriera, non sempre limpida e neppure caratterizzata da evidenti e importanti successi, la pone, oggi più che mai, in un rapporto di amore e odio persino da parte dei suoi più fedeli elettori e sostenitori.
Non solo, le vicende ormai storiche delle due Presidenze Clinton sono ricche  di luci ma anche di ombre e videro molto spesso la moglie provvedere agli errori e agli scandali pacchiani del marito.
Donald Trump rappresenta quanto più di estremo e retrogrado possa offrire il Partito Repubblicano.
Una visione politica accentratrice che vorrebbe porre gli stati Uniti in quella posizione del recente passato senza tener conto che il mondo è cambiato.
L’uomo forte che concepisce il possesso delle armi come un inalienabile diritto del cittadino americano.
L’uomo forte che difende il proprio Stato dall’arrivo di tanti uomini deboli, proponendo di  costruire muri in casa d’altri.
L’America inizia quel percorso elettorale spettacolare, uno show che in ogni caso, la porterà, dopo l’ubriacatura mediatica, a ritrovarsi davanti allo specchio ed accorgersi che dovrà ripartire da zero.

 

NOTA: l’immagine in questo post è stata tratta dal sito www. lostivalepensatore. it.