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L’Istria dal punto di vista di un giapponese. Intervista a Suzuki Tetsutada.

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Suzuki Tetsutada

(di Biagio Mannino)

 

Seduto comodamente ad un tavolino del Caffè degli Specchi in Piazza Unità d’Italia a Trieste, con davanti a me un caffè shecherato dall’abbondante schiuma color nocciola e freddo al punto giusto, tra persone che chiacchierano, altre che arrivano ed altre che escono, con il mio piccolo computer mi connetto, e via facebook contatto Suzuki Tetsutada, che, dall’altra parte del mondo, a Tokyo, studia le problematiche delle genti di confine con particolare attenzione proprio alla realtà istriana. Attraverso la tecnologia, la rete internet, comunichiamo e caso vuole che il Professor Suzuki mi dica che verrà a Trieste. Ci diamo appuntamento proprio in Piazza Unità e così, alla virtualità comunicativa uniamo quella delle relazioni personali dirette che sono e restano sempre le migliori. Il giorno fissato attendo Suzuki Tetsutada alla fontana di Piazza Unità e dopo pochi minuti di attesa sento una voce lontana che dice “Biagiooo…”. Era lui che puntuale, da Tokyo era arrivato all’appuntamento. Decidiamo di entrare al Caffè degli Specchi da dove precedentemente comunicavamo in modo tecnologico. Suzuki Tetsutada è professore di sociologia presso l’Università Chuo di Tokyo (Japan Society for the Promotion of Research Fellow – University of Chuo) . Studia i popoli di confine e le problematiche ad essi collegate. In particolare ha studiato la realtà istriana vivendo sul territorio per quattro anni.
“Lei ha fatto un’importante esperienza a Trieste. Ha studiato in modo approfondito il mondo istriano: cosa pensa dell’Istria?”. “ Prima di venire qui, per me, l’Istria era Istra, ovvero una parte della Croazia. Ho cercato in Giappone informazioni sull’Istria e ho trovato una pagina del dizionario in cui l’Istria viene definita semplicemente come una regione della Croazia. Tutto qui. Di conseguenza non potevo immaginare che l’Istria fosse una terra così ricca di complessità ed interesse. Quando sono venuto qui nel 2006, per conoscere e studiare meglio la realtà dei confini, visitai, assieme al mio professore di sociologia, Capodistria, Pola, Fiume e altre città. In quell’occasione vidi la carta stradale scritta in due lingue, italiano e croato, poi anche in sloveno, e capì che in Istria c’era anche la presenza di italiani. Ecco che per me l’ Istria non era più solo Istra e, dal punto di vista culturale, questa regione assume anche un’altra componente, e posso dire che l’Istria è plurale.
Non più in Istria bensì Istrie. Dopo il primo contatto con questa realtà ho conosciuto il Circolo di cultura Istro – veneta Istria dove persone di cittadinanza sia italiana che slovena e croata sono tra loro unite ed intrecciate nel nome della terra istriana. Da quel momento ho capito che l’Istria non poteva essere studiata solo dal punto di vista politico ed amministrativo ma anche in quelle dimensioni culturali che la compongono in quella come ho già definito pluralità”. “Il Giappone è composto da isole. Un giapponese non conosce confini politici ma solo fisici. L’Istria è invece una piccola penisola con un numero di abitanti altrettanto piccolo. Se immaginiamo la popolazione della città da cui lei proviene, ovvero Tokyo, vediamo come i numeri non possano essere paragonati, l’Istria con 200000 abitanti e Tokyo con 12 milioni di abitanti, senza considerare l’interland. In Istria ci sono queste forti conflittualità, la presenza di tre Stati, di lingue diverse. Come un giapponese vede e considera questa particolarità?”. “ Questo è uno dei motivi per cui ero molto curioso di venire. Come lei ha detto il Giappone non conosce i confini politici, tracciati sulla terra, ed io volevo vedere e capire cosa siano i confini”. “Il rapporto che c’è in Giappone con la comunità coreana può essere paragonato a quello che sussiste con la minoranza slovena?”. “ Assolutamente sì. Può essere paragonato a quelle relazioni che sussistono tra le diverse minoranze qui presenti anche se, in ogni caso, in modo molto diverso. Qui gli italiani, gli sloveni, i croati abitano queste terre da secoli mentre in Giappone in particolare e nella zona orientale dell’Asia in generale non c’è questa convivenza. Dopo l’età moderna, dopo il 1860 il Giappone ha incominciato a colonizzare altre terre e un effetto di questo percorso fu che in Giappone furono portati i coreani. Da ciò è iniziata una convivenza ed è nata la comunità coreana un effetto legato alla colonizzazione in un contesto molto moderno. La realtà istriana invece è molto più antica. Per quanto riguarda i rapporti che ci sono oggi tra giapponesi e coreani dobbiamo vedere le diverse zone geografiche del Giappone. Ad Osaka ci sono tantissime comunità di coreani dove è presente una conflittualità ma dobbiamo tener presente che c’è anche della reciprocità. Nella zona di Tokyo è presente una comunità coreana. È da sottolineare che i coreani non sono cittadini giapponesi perché vige una regola ovvero se tu vuoi essere un vero giapponese devi scegliere la cittadinanza giapponese ma non mantenere quella
tua originaria. Non si può avere una doppia cittadinanza. Ci sono coloro i quali non accettano di cambiare la propria cittadinanza ed altri invece che la cambiano ma per mantenere la propria identità formano le comunità coreane. Non sono comunità tutelate bene quanto quella slovena in Italia o quelle italiane in Slovenia o in Croazia. In particolare la costituzione italiana prevede proprio la tutela delle minoranze. In Giappone questo non è previsto. Non c’è soltanto la minoranza coreana in Giappone ma anche quella Hainù che vive nella parte settentrionale del Giappone, nell’isola di Hokkaido. Gli abitanti di quest’isola usano una lingua e una cultura diversa ma non formano una nazione, questa popolazione è tipica del territorio dove si trovano, sono autoctoni”. “Le vicende in Istria sono state molto traumatiche. Sono passati molti anni da quegli accadimenti e questi stentano a lasciar spazio al futuro, come dire bloccano la situazione contemporanea. Cosa pensa sull’importanza del ricordo?”. “ Io distinguo il livello istituzionale da quello della vita quotidiana. In Italia è stato istituito il giorno del ricordo nel 2004, a livello istituzionale, creando delle reazioni da parte slovena. Questo pone delle difficoltà al tentativo della condivisione. Adesso le cose stanno cambiando come, ad esempio, in occasione del concerto di Muti a Trieste, qui in Piazza Unità, alla presenza dei tre Capi di Stato, italiano, sloveno e croato, ma anche il concerto di Pola è stato importante”. “ Un giapponese che osserva queste cose, come dire, dall’alto, quale consiglio potrebbe dare?”. “ Finché il ricordo costituisce elemento di immobilizzazione per le forze nazionaliste questo ricordo è un elemento che blocca il cammino verso il futuro. Anche in Giappone c’è questo problema legato al passato come ad esempio quegli elementi che si riferiscono alla Corea, alla Russia. La realtà del vivere il ricordo in Giappone è peggiore rispetto a quella italiana poiché non c’è contatto culturale tra le diverse parti. Qui, ad esempio, il Circolo Istria prova a fare tante cose ma le cose in Giappone sono difficili da realizzare anche a causa delle distanze e questo rende difficoltoso portare avanti progetti di attività culturale”. “ Possiamo dire, con un gioco di parole, che l’isola è isolata?”. “Sì questa è una difficoltà. I rapporti oggi, ad esempio, tra Giappone e Cina sono in crisi e questo rende difficile affrontare il passato. C’è un contenzioso che riguarda il confine marittimo. Ritengo che la promozione di attività culturali sia un passo molto importante nell’avvicinamento dei popoli. La
cultura come strumento per la ricerca di pacificazione. Le direzioni politiche, dopo le elezioni, cambiano subito e quello che prima era nemico improvvisamente diventa amico e viceversa. Questo crea un’assenza di continuità nella ricerca della conciliazione. Al contrario la cultura porta ad una forma di continuità”. “L’Europa è un continente che nella storia ha vissuto tantissimi conflitti. Tutti contro tutti. L’Unione Europea ha ricevuto il Nobel per la pace per aver intrapreso un percorso così importante di unificazione. Oggi l’Istria rappresenta in piccolo un esempio di Europa, un territorio con confini, popoli, lingue differenti, con persone che si sono contrapposte tra di loro nella storia in modo aspro, che hanno vissuto esperienze traumatiche. Che suggerimento darebbe all’Europa?”. “ E’ un po’ difficile” mi risponde Suzuki Tetsutada ridendo “ In Giappone l’Unione Europea viene vista come un modello avanzato ma anche come una sfida per il futuro per poter superare quegli elementi come ad esempio i nazionalismi. In questi ultimi anni, però, assistiamo alla crisi di questa organizzazione e quindi l’attenzione a quanto succede in questo continente è estremamente alta. Non saprei dire se i popoli siano più avanti dei governi. Sicuramente i popoli sono sempre soggetti ad essere influenzati. La conoscenza del passato è molto importante per le giovani generazioni perché se non conosciamo la nostra storia i conflitti possono sempre riaprirsi”. “ Esistono delle esperienze simili a quella vissuta in Istria con l’esodo anche in Asia?”. “ Sì, dopo la seconda guerra mondiale molti giapponesi che vivevano in Cina furono costretti a scappare da quel paese. Fu un grande esodo. Porto l’esempio della mia famiglia: i miei nonni paterni lasciarono la Cina dopo il 1945 quando le truppe russe giunsero a Potanko. Non era una situazione come in Istria dove esistevano le foibe ed altre brutture. I russi portavano i civili giapponesi nei lager paragonabili alla Risiera di San Saba. Non erano i cinesi a perseguitare i civili giapponesi bensì i russi e questo provoca ancora oggi, in alcuni gruppi nazionalisti giapponesi, una forma di contestazione nei confronti proprio della Russia. I russi volevano avanzare e conquistare il territorio cinese. Stalin voleva prendere più territorio possibile nella parte orientale dell’Asia. I miei nonni vissero quell’esperienza in modo molto traumatico poiché mia nonna, in quella tragica esperienza, perse suo figlio. Dai suoi racconti ho capito che quella fu un’esperienza veramente brutta. Devo sottolineare che i cinesi aiutavano i giapponesi a scappare. A differenza del contesto contemporaneo, a quell’epoca, i rapporti erano sicuramente migliori tra
giapponesi e cinesi . La contrapposizione economica oggi pesa fortemente nelle relazioni sia politiche che civili”. “La situazione politica giapponese oggi è stabilizzata?”. “ Da quando la maggioranza è passata al partito liberale la situazione si è un po’ stabilizzata. Ma forse farà salire la tensione tra Giappone e Cina, essendo il partito liberale un’espressione di centro destra”. “Lei all’università presso cui, insegna a Tokyo, tiene corsi dedicati proprio a queste terre e all’Istria in particolare cosa si sa in Giappone dell’Istria?”. “ Gli studenti hanno una visione dell’Istria, come precedentemente ho avuto modo di spiegare, ovvero come Istra. Di conseguenza, quando esponevo la mia esperienza, rimanevano sorpresi da quanto raccontavo. Quello che maggiormente sorprendeva era proprio l’estrema eterogeneità della componente etnica del popolo, o meglio, dei popoli istriani. Sono poche le cose conosciute dagli studenti giapponesi in merito alla storia di queste terre. Posso citare, ad esempio, l’esperienza di D’Annunzio a Fiume, altri hanno un’immagine dell’Istria come una pura espressione geografica, una regione della Croazia , di conseguenza, un luogo turistico. In definitiva la conoscenza dei giapponesi sull’Istria si limita a vederla come un luogo turistico della Croazia, niente di più. È vero che il giapponese visita l’Italia per scopi turistici e pertanto apprezza maggiormente gli aspetti appunto legati al turismo piuttosto che l’approfondimento storico. Di riflesso, proprio perché turista, conosce i luoghi di vacanza tra cui anche l’Istria”. “Le giovani generazioni contemporanee sono diventate europee e grazie alle tecnologie ed ai social network come facebook e twitter, hanno modo di relazionarsi molto facilmente tra di loro. Ma diventare europei significa perdere le proprie radici particolari e nel nostro caso quelle istriane?”. “ Conosco molti giovani istriani che studiano all’Università di Trieste. Vengono da luoghi come Umago, Buie, Pola ed altri, e dicono basta con il passato, vogliono spostarsi, viaggiare, lavorare in Italia e in altri luoghi del mondo. Non guardano al passato ed effettivamente c’è il rischio di perdere le proprie radici. Per quanto strano possa sembrare i giapponesi non sono molto attaccati alle loro radici, poiché non ne hanno coscienza. L’essere giapponese, per il giapponese, è di importanza relativa poiché non ha esperienza di confrontarsi al di fuori dello stesso Giappone essendo questo composto da isole, con una popolazione omogenea. Non c’è occasione di confrontarsi e di chiedersi perché io sono giapponese. Il motivo principale è proprio l’aspetto legato all’assenza del confronto.
Questo rende singolare l’esperienza di vedere un confine. Per me è stata veramente un’esperienza insolita quella di vedere un confine è, devo dire, mi spaventa un po’. L’idea di passare una linea comporta un rischio e conseguentemente il senso di paura mi assale e mi sorprende. Una linea che al di qua e al di là di essa due lingue differenti vengono parlate! La caduta dell’ultimo confine presente in Istria, a mio parere, renderà le cose più facili è se osserviamo il paesaggio istriano, il fatto di vederlo sempre uguale a prescindere dallo Stato in cui si trova, il fatto che quella linea non ci sia più dà una continuità geografica a tutta l’Istria. Questo è un elemento molto importante perché rispetta anche la condizione naturale ed ambientale del territorio. Il confine cambia ma la natura non cambia”.

 

NOTA: l’intervista è stata tratta dal libro di Biagio Mannino “Sono andato via”, edito dal Circolo Istria – Trieste.

“Voci rimosse”, voci di rifugiati.

(di Biagio Mannino)

 

“Voci rimosse”: un libro di Alberto Flego, un testo di grande valore ed importanza, difficile da definire o inserire in qualche categoria.
Un romanzo? Una raccolta di testimonianze? Forse un reportage. Non ha importanza. Quello che “Voci rimosse” è non incide su quel profondo significato che rappresenta in un’epoca, la nostra, dove il fenomeno delle migrazioni è alla base dei grandi cambiamenti geopolitici e sociali oltre che economici e finanziari.
Tanta attenzione viene data a questo fenomeno , agli eventi, ai terribili viaggi che vengono affrontati dalle migliaia e migliaia di persone alla ricerca di una vita, se non migliore, quanto meno lontana da tragiche vicende di guerra.

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Alberto Flego – foto di Biagio Mannino – 2017

Alberto Flego affronta questo tema dando spazio, in particolare, direttamente ai protagonisti, quei migranti che molto spesso, pur essendo in tutto e per tutto i protagonisti della storia, sono trascurati nei loro personali racconti, ricordi, esperienze.
Sono ben cinquanta le testimonianze raccolte in questo libro e il fatto che molte tra loro sembrino avere punti in comune, rappresentano un fenomeno complessivo che proprio per la sua generalità diventa un unico, impercettibile, dramma.
Incontro Alberto Flego in un noto Caffè cittadino e, tra tintinnio di bicchieri, profumo di caffè e voci diffuse ed allegre, gli chiedo proprio perché “Voci rimosse”:
Mi risponde “Sono le loro voci, quelle delle loro storie, dei loro racconti, delle loro esperienze. Difficili da ascoltare, difficili da accettare, difficili da sostenere. E allora la via più semplice è quella di… rimuoverle. Ma non loro, i protagonisti bensì noi, Noi che dovremmo accoglierli, noi che dovremmo guardare in modo più profondo ed attento ad un fenomeno che è inevitabile.”.
Sì, è una questione di punti di vista che cambiano i loro effetti a seconda del nostro personale modo di interpretare e, in particolare, di volere conoscere.
Non sempre la volontà c’è e, forse, è giustificabile interpretando questo come un percorso di autodifesa nel non volere accettare la sofferenza degli altri, la paura di perdere qualcosa di proprio in un mondo sempre più concentrato sull’individualismo.
I racconti di Alberto Flego su come abbia avuto l’idea di scrivere un libro di questo tenore, la complessa attività di riflessione sulle vicende che a lui venivano raccontate mi colpiva ancora di più sentendo quanto diceva e, con lo sguardo, vedevo un’atmosfera di tutt’altro tono in quel Caffè.
Colpevoli? Innocenti? Semplicemente tutti vittime di un meccanismo che ci rende sempre più indifferenti all’altro.
“Come fare per rendere le persone più attente e sensibili?” gli domando.
“Il mio libro è solo una goccia versata nel tentativo di fare qualche cosa per essere di aiuto. E’ la cultura fondamentale per un cambiamento obbiettivo di mentalità. Solo attraverso la conoscenza e la comprensione, il rispetto reciproco tra tutti, con lingue, tradizioni, usi differenti, può portarci a vedere come il fenomeno delle migrazioni possa divenire anche un elemento di ricchezza”.
Attualmente la popolazione mondiale è in grande aumento demografico. Si stima che, nel 2050 il mondo sarà abitato da 9 miliardi di persone concentrati prevalentemente nelle aree più povere. Inoltre il fenomeno dei cambiamenti climatici renderà proprio quelle aree aride e inciderà fortemente sulle decisioni di lasciarle.
L’Europa e gli USA saranno, al contrario, caratterizzati non solo da un calo demografico ma anche da un invecchiamento della popolazione, da una bassa natalità e da una decisa perdita della forza lavoro. Solo l’arrivo di migranti garantirà a queste realtà il mantenimento della qualità del proprio stile di vita.
Di fronte a queste previsioni diviene logico interrogarsi e chiedersi quali siano le politiche nel lungo periodo ma, al momento, le soluzioni sembrano essere solo l’edificazione di muri.
“I muri” continua Alberto Flego “vengono costruiti in tanti luoghi del mondo. La motivazione è sempre la stessa: difendersi da qualche cosa.  Ed è qui che le testimonianze raccolte diventano un elemento di conoscenza e di consapevolezza, di tutto quello che i migranti devono affrontare senza poi dimenticare le cause che li fanno andare via”.
Ho avuto modo di assistere alla seconda presentazione del libro e la presenza attiva di molti protagonisti di questo fenomeno, che possiamo definire “storico”,era di forte impatto.
Quella, come altre occasioni, alle quali lo stesso Alberto Flego ha voluto che partecipassi, hanno evidenziato come, da parte del pubblico, ci sia stata un’ampia presa di coscienza di un problema che è troppo semplificato per essere compreso. Non bastano espressioni come “Mandiamoli a casa” o “Chiudiamo i confini” per poter risolvere, comprendere l’immenso gioco geopolitico che mette assieme tutto: guerre, clima, cambiamenti demografici, interessi, beni primari e tantissimi altri elementi causando vittime e, appunto, profughi o, utilizzando un termine più corretto, rifugiati.
Sì, rifugiati e non migranti poiché queste sono persone che scappano anche da quelle nuove tipologie di guerre che non si combattono con le armi ma con i giochi della finanza, ulteriori vittime delle conseguenze dell’errate scelte nella gestione del cambiamento climatico.
Alberto Flego fa tutto questo per aiutare, tant’è che i proventi del suo libro sono destinati in beneficenza.
E allora? Cos’è “Voci rimosse”? La risposta è sempre quella: non ha importanza cosa sia ma cosa rappresenti. Un libro da tenere e conservare, sugli scaffali delle proprie librerie di casa, su quelli delle biblioteche perché si possa  capire, oggi come domani, cosa accade intorno a noi, cosa accade agli “altri”, cosa accade a… Noi.

Riflessioni triestine.

dusegno
“Trieste” di Nada Frastor

 

L’articolo “Strana città Trieste”, continua, a distanza di mesi dalla sua pubblicazione, a destare interesse.
Moltissime sono le visualizzazioni che ormai sono giunte a quota 20.000 in ogni angolo del mondo. E moltissimi sono i messaggi di gradimento che ormai sembrano rappresentare una voglia di raccontare ed esprimere una parte di storia, quella personale, che poi altro non è che la storia di Trieste, città ferita più e più volte e che con il tempo ne è divenuta inconsapevole ma sempre con la presenza di un’impercettibile malinconia.
Raccontare e ricordare, sembra essere la via per una presa di coscienza di sé. E così, in questo post, potrete leggere due scritti, tra tanti che mi sono stati inviati, particolarmente significativi.

Biagio Mannino.

Solo due riflessioni…
di Nada Frastor.

…vivo in una terra…
…dove le chiese…hanno l’aspetto di altre terre…
…dove le lingue …si mescolano ai dialetti…
…dove le sbarre del confine…non fermano la gente…
…e le loro culture…
..mentre …ci sono sbarre che non hanno confine…
…una terra dove tutto sembra immobile e tutto si muove…
…luogo di nazionalismi…e di grande apertura…
… teatro e la cultura sono ai primi posti…
..ma alcuni dicono frasi…come …
…noi qui…
…terra…fatta di mare…carso…montagne ..viti….
… gonne orientali…che affiancano borse di plastica…
…piene di speranza…
… donne che affollano i caffè…
…come un luogo di quotidiano incontro…di libertà…
..mentre…si fa a gara per lavare piatti…
…avvolte nel nero mantello dell’abuso…
..terra che… ferma nei ricordi …
.. sembra una dama…
…quando mostra le sue luci nelle splendide piazze…
..ma subito … incontri la ragazzina che è in lei..
….appena sali sul tram….e scopri…
…il carso..
…sanguigno come il sommacco…. candido come la roccia….
…verde come la speranza…
…contrasto di colori … forme …e culture…che unite sono armonia…
….terra…dove posso incontrare…i volti di molte terre….
…e pietre che ricordano…
…gente vissuta…venuta da lontano…
…come le onde che si infrangono sul molo…
…ognuna simile …ognuna diversa nella similitudine…
…a dare e togliere…
nada…
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1958 Redipuglia….
…piccola grembiule bianco..fiocco blu..
..la bandiera tricolore sventola accanto a me..
..di fronte..una scalinata..enorme..
..troppo alti quegli scalini ..a che servono..
..ci sono corpi morti..dentro..
..allora la gola si stringe..
..le lacrime affiorano..
..i sentimenti profondi….e altrettanto fuggenti..
come solo quelli di una bambina possono essere..
..affiorano..
..ti fanno sentire grande..
..la musica si diffonde..
..inni..
..parole..
commozione..
..cantiamo ..i morti..
..ti insegnano la fierezza dell’essere italiana..
..quei morti..li immagini..
..ricordi i racconti..
..la storia..che ti hanno insegnato..
..e ti senti importante nell’essere li..
..commemorarli..
..si gli sguardi adulti ti controllano..
..e tu..
controlli il sorriso che vorresti dare ..
..a chi ti e’ accanto..
..non e’ il momento..
.. senti..il peso di quegli italiani..
..morti ammazzati ..
..per me..
……………………me…..
……otto anni..
..ti senti emozionare..e canti l’inno…………….
……..ripensi a quei cattivi che li hanno uccisi..
..si cattivi…
……………………cattivi…………….
….all’improvviso………….
nonno piero…..lui io so..lui..
..non era cattivo..
…ma nel 1914..viveva qui in questa terra..
..e stava dall’altra parte..
..confusa..canti…e piangi ora di piu’..
..di piu’..
..ora …
…so..
..erano tutti vittime..
..dell’imbecillita’ umana..
..nascosta tra le bandiere..
.. gli inni ed il potere..
..oggi dico a te..
……..bimbo che non hai nome ..
..che non hai terra….
…che non hai religione…
..rifiuta la bandiera…
.che vorra’ asciugare…
.le tue lacrime.
…nada…