
(di Biagio Mannino)
Dopo tre mesi di discussioni, accordi divenuti poi disaccordi, litigi, insulti, riappacificazioni, nuovi litigi e nuove riappacificazioni, dopo ben cinque consultazioni e tre incarichi, dopo svariati ipotesi di Presidenti del Consiglio e tipologie di maggioranze, dopo varie volte dove le elezioni sembravano essere pronte, dopo averle viste slittare sempre più in là, l’Italia ha il suo Governo.
La notizia non è certo una novità ma questa esperienza politico – parlamentare non può che invitare a prendere in considerazione certi aspetti dell’evento in sé.
Il percorso della nascita del nuovo Governo ha mostrato, in certi momenti, una vera e propria situazione di impossibilità a giungere a delle effettive soluzioni.
Tanti i veti e le condizioni che, alla fine, si trasformavano solo in una sorta di spettacolo per i cittadini attoniti di fronte a quello che sembrava essere un “grande Fratello” della comunicazione, avente a protagonisti proprio i leader della politica italiana e, in certi momenti, anche estera.
Ma, sottolineiamo, non il Grande Fratello di George Orwell bensì, il decisamente diverso “GF” della televisione che, dal 2001, rallegra, annoia e tormenta le serate dei telespettatori.
Sì, dei telespettatori che guardano i Reality Show e che guardano i Talk Show dove, tra litigi in diretta e insulti misti a pseudo riflessioni, confondono lo spettatore al punto di vedere impostato un linguaggio unico in due strutture televisive.
Spettacolo e politica seguono allora il medesimo percorso ed è quello della continua e costante contrapposizione.
Il tutto, se riteniamo che la televisione abbia anche una funzione educativa, diviene strumento di convincimento ed allontanamento, di pressione, e di disillusione, di convinzione e di abbandono.
Non c’è più limite alla ricerca del successo numerico: non c’è nel consenso politico che deve essere a prescindere, deve essere nel contesto televisivo mediatico dove il numero alto è potenziale pubblicitario.
La campagna elettorale diviene continua e costante, in Italia come ovunque nei contesti democratici e allora subentra l’elemento “preventivo”.
Se analizziamo le esperienze precedenti in cui la formazione di nuovi Governi caratterizzava l’attenzione, vediamo come la definizione preventiva diviene un elemento che assume una progressiva importanza.
Era il 2011 quando alla caduta del Governo Berlusconi era sufficiente descrivere il Loden di Mario Monti per avere delle aspettative di un sicuro miglioramento della situazione economica e finanziaria italiana.
Fu forse l’inizio di una sorta di attenzione ai particolari insignificanti per avviare un percorso di lettura del futuro istituzionale. Un cappotto come i disegni nel braciere della maga pronti per essere letti ed interpretati.
E così, quando arrivò Matteo Renzi, la valutazione preventiva interpretava le stelle segnando una via di sicuro successo e capacità politica per una struttura di Governo giovane e nuova. Ma i risultati poi si sono visti e basta valutare cosa è rimasto del PD per capire bene che, forse, il giudizio preventivo, richiederebbe maggiore attenzione.
Adesso siamo al punto di partenza ma, questa volta, forse per non ripetere gli errori entusiastici del passato, assistiamo ad un giudizio preventivo del tutto opposto: solo una catastrofe è posta alla fine del cammino del nuovo Governo Conte!
Fare un elenco di disastri possibili renderà un successo un piccolo risultato. E così la battaglia politica preventiva rischia di divenire un vero e proprio aiuto per chi, alla fine, lascia il gioco della comunicazione agli altri.
Se ne sentono di tutti i tipi, quasi una ricerca scientifica del problema e del difetto ma, nei fatti, quelli specifici, poco o niente.
Allora quel Reality Show rischia di diventare costruito, finto, fasullo in tutte le sue espressioni e il cittadino – spettatore – elettore da un disorientamento iniziale comincia a scuotere la testa ed uscire dal torpore. Entra in scena Orwell, con il suo Grande Fratello, quello vero, con un’analisi oggettiva del metodo di comunicazione politica che porta l’incosciente a divenire cosciente e poi, proprio perché cosciente, indotto a ritornare nell’incoscienza.
Ma questa volta la convinzione, e solo quella, che tutto sia giusto, preventivamente o non preventivamente, c’è.
NOTA: l’immagine in questo post è tratta da www. Wikipedia. it.