Effetto Brexit (parte 2): stordimento e confusione post referendum.

(di Biagio Mannino – Giornalista  – iscritto all’ODG FVG – esperto di politica internazionale e analisi della comunicazione).
A pochi giorni dal referendum lo sconcerto non riguarda più il risultato quanto la reazione allo stesso.
Mentre la UE sembra determinata a prendere atto della volontà espressa dagli elettori britannici, la componente dirigenziale del Regno Unito non ha espresso alcun piano ed emerge una sostanziale confusione e impreparazione ad affrontare il risultato.
L’impressione è quella di una sostanziale sorpresa non solo da parte di chi non era favorevole all’uscita dall’Unione Europea ma anche da parte di chi quell’uscita la desiderava.
Ebbene la realizzazione di quel desiderio ha sconvolto anche i vincitori che adesso sono storditi dagli eventi e dalle conseguenze.
Per incominciare… l’uscita dalla UE potrebbe comportare una sorta di implosione del Regno poiché la Scozia, a questo punto, vista la sua propensione a rimanere nell’Unione, esige un altro referendum.
Ma questo referendum riguarderebbe un eventuale distacco e separazione per poi riavviare le pratiche chiedendo di entrare in… Europa!
Uno scenario alquanto originale poiché qualcuno è arrivato a dire che anche Londra, visti i suoi quasi dieci milioni di abitanti e visto il risultato di rimanere nella UE espresso dalla stragrande maggioranza dei suoi abitanti, dovrebbe divenire una sorta di città Stato per poi entrare di nuovo nella… UE.
Nel frattempo tre milioni di persone hanno firmato, in due giorni, affinché il referendum sia fatto nuovamente. Ipotesi questa estremamente difficile da attuarsi ma che evidenzia come, da parte del popolo britannico, vi sia una presa di coscienza che quel voto produrrà effetti indesiderati.
Se a favore dell’uscita si è espressa la maggioranza degli over 65 anni, per “rimanere” sono stati i giovani a prevalere. Si apre così un conflitto generazionale dove gli anziani, più legati al passato e meno interessati alle prospettive si scontrano con i giovani dalle esigenze completamente differenti.
Il fatto è che la Gran Bretagna diverrà un paese extra comunitario in un contesto globale che richiede unione e non separazione.
Oltre alla perdita di valore della sterlina, del calo di tutte le borse mondiali, all’orizzonte si intravede il trasferimento delle sedi di molte società proprio in Europa.
Ma gli effetti colpiscono anche la quotidianità delle persone, di tutti coloro che, stranieri, lavorano sull’isola ormai fuori dalla UE e per tutti quegli che, cittadini britannici, si trovano stranieri in Europa.
Vero è che quel desiderio di una mitizzata grandezza, più legata alla storia che alla realtà, rischi di trasformare il Regno Unito in uno strano fenomeno di nuova balcanizzazione strutturale e sociale, sì pacifica, ma pur sempre con una divisione che non può portare ad un effettivo benessere.
Il contesto globale, come detto, non dà spazio ai “piccoli”.
E’ altrettanto vero che, in questo momento storico, paradossalmente, il desiderio va nella direzione separatista.
Ma è, a sua volta, espressione di un malessere sociale.
E’ una grande e grave responsabilità quella che si prendono quei politici che invogliano ad uscire dall’Europa. Una responsabilità che può produrre effetti imprevisti così come stiamo assistendo in questi giorni.
Sono solo gli inizi di quella che appare sempre di più come una scelta portata dalla superficialità e dalle promesse di una politica che appare sempre di più confusa e inconsapevole.
Forse un esempio su cui meditare?
Nota: l’immaginee di questo post è tratta da www. wikipedia. it.
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