L’Italia verso il referendum (parte 5): logiche comunicative.

(di Biagio Mannino – Giornalista  – iscritto all’ODG FVG – esperto di politica internazionale e analisi della comunicazione).
Ormai è chiaro! Nessuno capisce niente del referendum! Neanche i protagonisti dei talk show televisivi!
Non c’è altra risposta al nulla che emerge dai pochi dibattiti che il sistema mass mediatico dedica all’avvenimento.
Se i portatori del “NO” hanno qualche cosa in più, quelli del “SI” si trovano a ripetere in coro sempre le stesse (poche) cose puntando esclusivamente sugli aspetti economici e, in particolare, sul risparmio che deriverebbe dalla riduzione dei componenti del Senato.
E’ vero che, in un’epoca in cui i soldi sono pochi, parlare di risparmio piace agli italiani.
In particolare piace quando, quel risparmio, lo si fa nelle tasche dei politici, i quali, a loro volta, sono l’immagine della politica, la quale, a sua volta, non gode assolutamente di alcuna stima e rispetto, appunto, in questa epoca, a causa proprio… dei politici.
L’idea di ridurre il numero di questi emerge sempre come una sorta di soluzione semplice e veloce quando un sistema entra in crisi.
“A cosa servono tutti questi parlamentari” e poi “ E tutti questi partiti?”. Espressioni spontanee che derivano da legittimi malumori derivanti dalla gestione, per così dire, “allegra”, della cosa pubblica.
La domanda allora è legittima: A cosa servono i Parlamentari?.
Il percorso di democratizzazione della società inizia  da quella “separazione dei poteri” quando il sovrano deteneva nelle sue mani tutto. Infatti la concezione dello Stato era vista come una proprietà del monarca e i cittadini erano i suoi sudditi.
Con la nascita delle Costituzioni e dei sistemi parlamentari, è il concetto di Assemblea ad assumere la posizione di centralità e il popolo diviene sovrano incaricando una parte di sé stesso a rappresentarlo.
L’Assemblea legifera ed autorizza il Governo ad eseguire il proprio lavoro.
Se i Senatori calano di numero, la rappresentanza dei cittadini cala a sua volta. Di conseguenza, passando da 315 a 100 il numero di questi ultimi, le aree geografiche del territorio italiano avranno una rappresentatività inferiore di ben 2/3 rispetto a prima.
E così, essendo il nuovo Senato investito dell’incarico di occuparsi della materia “Unione Europea”, la rappresentatività di alcune aree del Paese sarà decisamente inferiore ed andrà a colpire, in particolare,  le aree di confine, che più delle altre, necessitano di relazioni internazionali.
Il percorso di comprensione di un sistema complesso, come quello di una riforma costituzionale, passa per un altrettanto sistema complesso che vede l’unione di elementi giuridici, economici, finanziari, sociali, comunicativi e che, per semplificare, possiamo far rientrare in un unico contenitore chiamato “politica”.
Nelle logiche comunicative, di tipo politico, il sistema per convincere il proprio “cliente”, ovvero l’elettore, segue gli stessi principi della pubblicità commerciale, dove, per vendere il prodotto, che esso sia un barattolo di pomodori o un telefono, se ne esalta la presunta qualità ma, soprattutto, il prezzo.
E qui il percorso ci mostra una vera e propria celebrazione, altrettanto presunta della qualità, senza però scendere nei particolari, dandola per scontata, mettendo al centro di tutto il prezzo conveniente, ovvero il risparmio derivante dal numero decisamente inferiore dei Senatori. Questo è causa però, di minor rappresentatività del cittadino e di riduzione della sua sovranità, poiché, al momento, i Senatori non saranno eletti ma delegati dalle Regioni.
Torniamo al punto di partenza: cari partecipanti ai dibattiti televisivi, potreste, per favore, spiegare qualche cosa della riforma costituzionale?
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