Aljoša Zerial: “Un viaggio nel passato, già da tempo vissuto e finito”.

Presentazione del regista Alessio – Aljoša Zerial in occasione della proiezione dei suoi film sugli artisti del Carso nella Sala Millo di Muggia (Trieste).

(di Davorin Devetak)
ALJOŠA ZERIAL V MILJAH / ALJOŠA ZERIAL A MUGGIA / 9 NOV. 2022

Un caloroso saluto a tutti i convenuti e in particolare al Comune di Muggia, all’Amministrazione e all’Ufficio cultura del Comune, nelle persone di Massimo Premuda e Francesco Fait, alla Fondazione CRTrieste rappresentata da Ilaria Romanzin e anche a Marco Favetta che ci ha guidati nell’itinerario di immagini pittoriche proposto all’insegna de Il mio Carso di Scipio Slataper. »Pozdrav tudi v imenu Društva Slovencev miljske občine Kiljan Ferluga, ki se veseli gostovanja uglednega gosta in vaše udeležbe«. Un saluto anche dalla Associazione sloveni del comune di Muggia Kiljan Ferluga che si felicita per la presenza dell’autorevole ospite e della vostra partecipazione ai due eventi.
Ringrazio i due Enti per aver voluto far propria l’idea di metter insieme le immagini in movimento di quella che una volta si chiamava settima arte e quelle »statiche« impresse su tela o carta. Il regista Aljoša o Alessio Zerial è noto per la sua ricca produzione ufficialmente cineamatoriale ma profondamente artistica. Nella vita professionale si è dedicato con impegno e successo all’attività di agente marittimo, ma ogni scampolo di tempo libero e i suoi bellissimi viaggi in terre lontane li ha destinati alle riprese cinematografiche e alla creazione di film che hanno ottenuto riconoscimenti, oltre 200, dappertutto. La prima cinepresa che ha avuto in mano era del leggendario cineoperatore e fotografo triestino Edi Šelhaus che aveva ripreso i primi cinegiornali jugoslavi sul dopoguerra a Trieste, poi riparato in Jugoslavia, al quale Zerial ha dedicato un documentario. Altro nome leggendario che mi viene in mente per far capire il ruolo estetico e di documentazione di Zerial è quello del fotografo del Primorski dnevnik Mario Magajna che è uno degli “occhi” che hanno visto e documentato per molti decenni Trieste. Ma su questo tornerò.
Aljoša è nato nel 1928 in una famiglia slovena di Servola, in trattoria, quindi sin da piccolo ha capito come gira la vita. La prima cinepresa a 8 mm Bolex Paillard la comprò a rate, per il valore di 4 mesi di paga, e quando chiese alla mamma dei soldi per comprarsi un ombrello la risposta fu di coprirsi la testa con la cinepresa. La seconda camera aveva tre obiettivi, tra i quali un grandangolo Swittar “che ghe rompi el cul al passero in volo”, come descriveva la messa a fuoco un suo amico. Poi arrivò lo zoom e nel 1980 la prima super 8 per le Olimpiadi di Mosca. E infine la videocamera digitale, secondo Aljoša “pratica, leggera e fa tutto da sola”, e poi le cassette mini DV, chiamate da lui ancor sempre bobine. Aljoša è rimasto fedele al montaggio all’antica, “in analogico”, usando una coppia di lettori digitali. Non si è mai abituato al computer e consiglia, nel montaggio, di guardare i film escludendo il sonoro: “Solo così puoi concentrati sulle immagini e notare i tagli”.
Martina Kafol che ha raccolto queste testimonianze nel 2003, in occasione del conferimento da parte del Kinoatelje di Gorizia del “Premio Darko Bratina – Omaggio a una visione”, ha scritto: “Zerial non è mai un osservatore esterno, non mostra cartoline, e nei suoi film non sono predominanti i palazzi o le rovine antiche, né i paesaggi soli. In primo piano è sempre l’uomo e la sua quotidianità.”
Il critico sloveno Miha Brun che conosce come pochi il cinema di qua e oltre il confine ha scritto, sempre in occasione del “Premio Bratina” ad Aljoša, che la sua opera rappresenta “un viaggio nel passato, già da tempo vissuto e finito, che viene conservato dalla verità della pellicola e dai ricordi che illuminano, come la luce intermittente di un faro sperduto, prima chiara, vivida e riconoscibile, poi annebbiata e infine appena sensibile, immagini che sono già oltre e sopra la realtà”. E parla di “magia del suo cinema, anche se amatoriale o a Super 8 mm … che rimane un’esperienza irripetibile e insuperata, che congela e sospende il tempo nostro e quello di Zerial, per parafrasare un saggio di Andrej Tarkovskij”.
Vi risparmio quello che avete già trovato nella mail di invito che equivale al tradizionale “programma di sala” su carta di una volta. Qui trovate tra i siti web quello del Club cinematografico triestino, del quale Aljoša è socio storico. Se cliccate i nomi del Club e del regista vi appare la sezione video degli associati dove ci sono ben 42 film di Zerial visionabili su YouTube! Tra questi anche tre dei film che vedremo: Gianni Brumatti – Sul pastino più alto del 1992, Marino Sormani – Pittore del 1996 e Livio Rosignano – Pittore del 1997. Gli altri due film di oggi sono Luigi Spacal – Il colore dei ricordi del 1993 e Ugo Carà alle Generali del 2000. Aljoša è molto bravo ed efficace nel presentare i suoi film, con il suo humour brillante, la saggezza semplice e el dialeto triestin. Unica nota: state attenti agli interventi ripresi dei grandi intellettuali, amanti del Carso e dei pittori, come Carolus Cergoly, Claudio Magris e Giulio Montenero e Mara Debeljuh, fedele autrice dei commenti sonori dei film di Aljoša. E attenti alla musica usata: i grandi sinfonici russi sovietici e gli altri da lui prediletti. Ma di questo vi parlerà lui.
Scorrendo le foto del libro “IL CINEMA DI ALESSIO ZERIAL, Dall’8 millimetri al digitale”, curato da Massimiliano Fabris nel 2012, si vede la ricchezza visiva dei quasi 80 cortometraggi realizzati a partire dal primo, Carnevale a Servola nel 1954, fino all’ultimo, per ora, Stazione Topolò del 2020. L’opera di Aljoša Zerial segue diversi filoni: i più famosi sono i reportage dai suoi molteplici viaggi, dai monasteri tibetani alle statue inquietanti dell’Isola di Pasqua, dai ritratti collettivi di Parigi, Praga a quelli di Bosnia, Russia, Iran, Uzbekistan, Vietnam, Equador, Patagonia, ecc. ecc. Ci sono poi i documentari sociali, culturali e sportivi sulla comunità slovena locale e anche preziosi documenti storici come quello sulla Risiera, La libertà è terapeutica sull’esperienza di Basaglia, sulle Saline – Porticciolo, lo Scalo Legnami e le Portatrici di pane di Servola, il Carso e l’Istria antica. Per usare ancora le parole di Miha Brun: “Il tesoro nazional-documentario raccolto da questo ladro d’immagini per oltre mezzo secolo, è senza dubbio la sua cosa più nobile. L’autore può anche non doverlo sapere, ma sarebbe una tragedia, se non lo sapesse l’ambiente triestino, e quello sloveno in senso lato”. Il film su Spacal è in riproduzione presso la Galleria a lui dedicata a Štanjel, quello sulla Risiera è custodito nei musei dell’Olocausto in Israele e a New York, sarebbe il caso che lo fosse anche nella Risiera di San Sabba.
Non ultimi sono i ritratti cinematografici degli artisti triestini, che celebriamo oggi e anche Avgust Černigoj, Klavdij Palčič, Sergio Stocca, Marcello Mascherini, Mario Scarpati, Deziderij Švara, il lubianese Jože Ciuha, l’architetto triestino-viennese Boris Podrecca. Recentemente sono stato a trovare Aljoša nella bella casa che condivide con la moglie Marjeva, un vero tripudio di quadri che echeggiano il Carso, la Città, i paesaggi istriani, dalmati, balcanici ed esotici dello spirito, l’amato Černigoj, Brumatti, Spacal, Ciuha, Palčič, la statuetta di Mascherini vinta al concorso per il film sul sentiero Rilke, Sormani… E’ questa la galleria ideale di Aljoša, e i suoi libri, di viaggio, sulla rivoluzione in Messico, le Memorie di Adriano della Yourcenar, stanno tutti a indicare il suo mondo creativo e sensibile, poetico ma impegnato dalla parte dei deboli, in sostanza libero. Il che viene bene fuori anche dai suoi film “artistici” e sperimentali, per lo più della giovinezza, Martina, L’Aquilone, Iniziò così, il film fantastico in costume The Troglodites…
Io lo conobbi meglio nel 1995, quando curai per il 10° Film Video Monitor una selezione dei suoi film per la sezione della “Quinta Slovenia”, vale a dire le produzioni cinetelevisive slovene all’estero, in Italia, Usa e Argentina, riconoscendo e affermando il suo status pieno di autore cinematografico. Nel 2003 è arrivata la consacrazione definitiva con il “Premio Darko Bratina” e il Kinoatelje di Gorizia, nel 2018, ha celebrato il novantesimo compleanno del regista con ben tre iniziative. A maggio la gran festa per il suo compleanno al Museo dell’attore cinematografico sloveno di Divača. A luglio la partecipazione di Aljoša al laboratorio “Visioni di scarto. Omaggio Zerial” alla Stazione di Topolò e a ottobre la retrospettiva dei suoi film alla Slovenska kinoteka (Cineteca slovena) di Ljubljana, nell’ambito del Festival “Omaggio a una Visione”. Nello stesso anno il regista ha deciso di donare il suo archivio cinematografico, il materiale montato e non, nei vari formati, al Kinoatelje, il che rappresenta una preziosa acquisizione per il patrimonio audiovisivo in Regione. Da ultimo è da citare il massimo riconoscimento per meriti culturali assegnatoli delle organizzazioni slovene in Italia SKGZ e SSO lo scorso febbraio.
Un’ultima nota quasi personale: la vera conoscenza con Aljoša l’ho fatta a tavola, alla trattoria Città di Londra, gestita squisitamente da Ezio Rossa: cucina casalinga e rifugium peccatorum di buongustai e tante anime libere e allegre triestine. L’ho fatto in compagnia del mio e suo amico di gioventù Giovanni (Ivanček) Corva, triestino emigrato a Milano ma che ritornava quasi mensilmente nella città amata. Con lui e Aljoša ci s’incontrava da Ezio, a mangiare una buona »barcolana« e a discutere di tutto, arte, politica, ricordi di gioventù, di cose belle, di Cankar e Joyce. Gianni, figlio dell’artista triestino Urbano, oltre ad essere rispettato dirigente d’industria, era anche fine caricaturista che aveva pubblicato le sue vignette witz con il nome d’arte VACORI in settimanali e periodici di mezza Europa. Con Aljoša progettavano di fare un film. Uno sceneggiatore e l’altro regista. Non ce l’hanno fatta, ma Aljoša nel 2018 ha realizzato il film 1918-2018 che riecheggia il loro spirito di amicizia e utopia e che vedremo stasera come fuori programma.

NOTA: l’immagine in questo post è stata fornita dal Signor Davorin Devetak  la quale è stata a lui inviata  dall’Ufficio Cultura del Comune di Muggia. L’immagine  rappresenta un Paesaggio carsico, opera di Gianni Brumatti del 1953.

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