(di Biagio Mannino)
Nell’epoca del Corona Virus si preparano le armi.
Per combattere la malattia? No, per le guerre future.
Tutto è cambiato. Tutto si è modificato. Semplicemente, tutto è saltato.
Gli schemi, le valutazioni, i progetti, i programmi e, di conseguenza, le analisi degli assetti geopolitici.
Con il Corona virus il mondo si è mostrato per quello che effettivamente è: fragile.
Così fragile da porre tutti contro tutti, dove, anziché vedere l’umanità andare verso una collaborazione volta a affrontare, in modo comune, la pandemia, si assiste passivamente alla spinta, così dei grandi come dei piccoli, a fronteggiarsi, cogliendo la presunta occasione per regolare conti, posizionarsi per acquisire forza, aspirare a collocarsi come potenze emergenti, consolidarsi nello scacchiere internazionale, rischiando di cadere nelle terribili trappole chiamate guerre.
Insomma, si assiste come siano in molti ad impegnarsi a far sì che l’umanità, oltre al virus, debba anche preoccuparsi di altre cose potenzialmente peggiori.
La Turchia segue la politica di Recep Tayyip Erdogan che, ha detta di molti, sogna nostalgicamente i fasti del vecchio Impero Ottomano.
La Turchia si impone nel drammatico conflitto interno della Siria, appoggia la Tripolitania nel caos libico, appoggia l’Azerbajan nella spinosa contrapposizione con l’Armenia sul Nagorno Karabakh.
Ed è solo una parte della politica turca perché, a quanto citato, deve aggiungersi la questione del Mediterraneo orientale e la presenza, sul piano delle trattative interne, in Palestina, oltre alle relazioni con l’Iran in merito alla questione Kurda.
Nel frattempo, dall’altra parte del mondo, la lontana Australia, vede approvare dal suo Governo un aumento delle spese militari del 40% nei prossimi dieci anni, ipotizzando di dotarsi di missili a lunga gittata.
Anche il Giappone aumenta lo stanziamento delle spese militari come Taiwan.
Ma quel 10% di aumento delle spese militari sono ritenuti insufficienti dagli USA che invitano Taipei a fare di più.
Contemporaneamente gli USA prendono accordi militari con il Marocco, con l’Algeria, con Malta e con la Tunisia per mantenere e rafforzare la propria presenza nel bollente catino del Mediterraneo.
In India monta un sentimento anti cinese e lo scontro tra gli eserciti indiano e cinese di pochi mesi fa produce 72 vittime. In nome dell’indignazione dell’opinione pubblica indiana, il Governo decide, anche qui, di aumentare le spese militari.
Se a maggio l’Assemblea del Popolo Cinese iniziava i suoi lavori con al centro la legge sulla sicurezza nazionale, a margine Xi Jinping, nel suo discorso all’esercito, lo invitava a tenersi pronto a combattere per difendere la Cina dai nemici interni ed esterni al Paese. Anche in questo caso, le spese militari sono state aumentate.
Sono solo alcuni esempi perché a quegli aspetti bellici devono essere unite le altre “armi” fatte di acquisizioni, di blocchi commerciali, di dighe. Sì, di dighe che porteranno l’acqua a divenire un vero e proprio oro blu per chi la gestirà e per chi non l’avrà o, non l’avrà più.
Così l’Egitto che identifica la propria politica nella paura della mancanza di acqua,che rischia di veder impoverito il proprio bacino idrografico dalla costituenda, immensa, diga in Etiopia e che promette altre durissime contrapposizioni in un futuro forse non troppo lontano.
Questo pazzo mondo, che lotta per guarire dal virus, si troverà di fronte quella malattia provocata solo e soltanto dall’uomo, dalle conseguenze delle proprie scelte che, inevitabilmente, lo porteranno di nuovo a quell’eterno cammino faticoso ed inutile chiamato guerra.
NOTA: l’immagine in questo post è opera di Biagio Mannino.